DUE PUNTI DI VISTA SU UNO STESSO SPETTACOLO
We are nomads è una coreografia di Fernando Anuang’a. La performance esplora i temi della migrazione, del nomadismo e dell’identità attraverso il movimento e la musica.
Fernando si muove in modo fluido e dinamico, creando immagini evocative. La coreografia è ricca di contrasti, con momenti di grande energia alternati a momenti di quiete e introspezione, con la musica originale di Arvo Pärt che crea un’atmosfera eterea e spirituale perfettamente adatta ai temi della coreografia. I suoni delicati e melanconici evocano un senso di nostalgia e di perdita, mentre i ritmi più sostenuti sottolineano l’energia e la vitalità del nomadismo.
Le scene minimaliste e i costumi essenziali lasciano spazio al movimento e all’espressività dei danzatori. L’illuminazione crea un’atmosfera suggestiva e onirica, che rende ancora più coinvolgente la performance.
Seppure la complessità del concetto e la ricchezza di simbolismi potrebbero rendere la comprensione non immediata per tutti gli spettatori, We are nomads è un invito a riflettere sulla nostra identità, sulle nostre radici e sul nostro rapporto con il mondo.
Roozbeh Ranjbarian
Preceduto da un’ombra longilinea, Fernando Anuang’a avanza in controluce verso la platea. La lenta camminata fa da cassa di risonanza a una voce registrata in inglese che introduce i Masai, popolo nilotico di allevatori nomadi.
Un brusio di suoni e rumori richiama la vita della comunità africana. Progressivamente il vociare prende forma di canto e anima il corpo del performer che intraprende una danza della tradizione Masai.
Il moto ondulatorio della sua colonna vertebrale accompagna tutta la partitura fisica, ricordando il perpetuo oscillare di una canna al vento. Si assiste al procedere pacato di un rito, la cui calma viene sporadicamente interrotta da improvvise scosse di energia, alti salti verticali tipici di questa cultura.
Anuang’a pian piano si alza in piedi, tiene le braccia unite dietro la schiena, esplora le direzioni e le possibilità di gioco delle proprie gambe. Il suo agire evolve movimento dopo movimento. Rievoca la crescita dell’essere umano, la presa di consapevolezza e la scoperta di sé.
La ricerca dell’artista è caratterizzata da una forte intimità, raramente egli offre lo sguardo agli spettatori che talvolta potrebbero desiderare una maggior interazione.
L’interprete si àncora a terra a piedi scalzi, indossa una collana Masai sul busto nudo e veste un inaspettato paio di bermuda arancioni. Le lunghe gambe sono dipinte di chiaro. Disegni di venature risalgono lungo la sua pelle simili a rampicanti, come fossero radici che lo connettono al terreno. Sembrano essere simbolo dell’indagine sul legame primordiale tra l’uomo e la madre terra, culla della vita.
I gesti proposti risultano studiatamente contenuti e calibrati, Anuang’a li esegue con cura e precisione stimolando l’immaginario dei presenti. Muta la propria essenza. Fluisce come acqua, scoppietta come fuoco, picchietta come pioggia, lotta contro il vento per poi diventare parte di esso. Una continua dialettica tra adattamento e libertà, sintonia e contrasto con la natura.
I canti masai non si interrompono mai. Il ballerino volge gli occhi al cielo in segno di ringraziamento. Appare perplesso, forse il rammarico per la perdita del contatto con le origini nell’uomo contemporaneo.
Anuang’a si contorce e si dimena sprigionando tutta l’energia in un breve momento di sfogo. Così il nomade conclude il tratto di viaggio percorso nello spazio di Lavanderia a Vapore.
Ariel Ciravegna Thedy
Uno spettacolo di Fernando Anuang’a
In collaborazione con Lavanderia a Vapore, centro di residenza per la danza
Tour realizzato con il sostegno di Live Arts Management srl