All’interno della stagione del TPE Teatro Piemonte Europa, Eros Pagni va in scena con Minetti di Thomas Bernhard, testo classico del teatro contemporaneo. Un magistrale attore diretto da un amico, Marco Sciaccaluga; due artisti che sono riusciti a trovare una perfetta intesa e a creare una reciproca collaborazione. Lo spettacolo prodotto dal Teatro stabile di Genova è stato in scena a Torino dal 15 al 19 febbraio.
Minetti racconta la storia di un attore ormai anziano, Bernhard Minetti appunto, che viene chiamato per interpretare uno spettacolo che segnerebbe il suo ritorno sulla scena teatrale dopo trent’anni di assenza. Minetti arriva dunque all’albergo e attende il suo amico e direttore del teatro, che gli ha dato appuntamento nella hall la notte di San Silvestro. Quest’ultimo tarda però ad arrivare; durante la lunga attesa l’attore incontra vari ospiti che alloggiano all’hotel, e racconta loro in modo ossessivo la storia della sua vita. Il suo attaccamento quasi morboso al passato si manifesta fin da subito, non solo tramite le storie che racconta, spesso ridondanti e sempre uguali, ma anche nell’atteggiamento che ha nei confronti della sua valigia. Questa, dalla quale non si allontana mai, contiene infatti un oggetto estremamente prezioso: la maschera del Re Lear. Il vecchio attore racconta con passione di come la sua interpretazione del dramma shakespeariano lo abbia portato al successo, interpretazione però dalla quale non è più riuscito a separarsi, e lo capiamo dai racconti della sua vita quotidiana. Egli stesso afferma che ogni giorno, facendosi la barba o preparando la cena, ripete la parte per almeno venti minuti, e ogni domenica l’intera opera. Minetti spaccia questo comportamento come un “tener viva la memoria”, in realtà guardandolo da un punto di vista esterno sembra più un disperato tentativo di sentirsi ancora un attore vivo e presente sulla scena.
Un concetto molto potente che traspare immediatamente, fin dai primi minuti dello spettacolo, è quello di “vita come arte drammatica”. Questo potrebbe spiegare il perché delle azioni legate appunto al ripetere quotidianamente la parte: Minetti non è Re Lear soltanto sul palco, ma anche in casa sua. Nella sua visione del mondo vale la pena rappresentare soltanto i grandi classici, come i drammi shakespeariani. Minetti ritiene che non soltanto gli attori ma tutte le persone vivono un’esistenza drammatica nel senso di arte drammatica, e non solo: critica duramente la gente che ormai non si pone più domande, ma ricerca solamente piacere, vuole divertirsi. Questo divertimento è rappresentato dalle figure festaiole che irrompono nella hall di tanto in tanto, anche mentre Minetti prova a rivelarsi per quello che è realemente, senza celarsi nuovamente dietro la maschera di cui è succube.
Si confronta principalmente con due figure. La prima è una donna in vestaglia che beve un drink, sola, in attesa dell’arrivo non di qualcuno ma bensì di un’ora: la mezzanotte. Tutti gli anni infatti si ritira in quell’albergo con la speranza di non veder arrivare il nuovo anno. Dapprima Minetti prova a dialogare con lei, ma senza ottenere risposta, se non qualche risata dovuta probabilmente all’ebrezza. La situazione che si determina evidenzia la pateticità dei due individui apparentemente diversi ma che condividono la stessa triste attesa, ognuno immerso nel proprio mondo: quello di lei fatto di eccessi, di leggerezza, che nasconde un’irrimediabile solitudine, e quello di lui, altrettanto solo nel raccontare all’infinito la propria vita di attore ormai in rovina.
La seconda è una giovane ragazza in attesa del suo fidanzato. Ascolta musica jazz in antitesi con suo look Punk, forse imposto da se stessa per apparire più dura di quello che è in realtà, o forse per compiacere il ragazzo che crede di amare. Subito appare distaccata e disinteressata da quello che accade intorno a sé, ma dopo poco inizia a prestare attenzione ai racconti di Minetti, che le mostra una foto della sua grande performance del Re Lear. La ragazza si interessa sempre di più fino ad arrivare a pendere dalle sue labbra come una bambina che ascolta i racconti del nonno. Il vecchio sente di potersi aprire a tal punto con lei che, per la prima volta dall’inizio dello spettacolo, decide di svelare il contenuto della sua grossa valigia. Scopriamo che al suo interno ci sono giornali e fotografie, che immediatamente gli ricordano gli avvenimenti accaduti negli anni precedenti, e si abbandona ad un momento di rabbia e di nuova chiusura, mostrando ancora una volta che le ferite di molti anni prima sono ancora vive e presenti.
Rimasto solo e ormai consapevole che il direttore del teatro non arriverà più, si rende finalmente conto che l’opportunità di ritornare sulle scene che ha tanto desiderato non si concretizzerà mai, e che la sua ultima performance alla fine non è stata altro che un flusso di coscienza condiviso con questi strambi personaggi. Riflette veramente su chi lui sia stato e su chi è adesso, un attore arrivato alla fine. La sua passione per l’arte drammatica che ardeva come una fiamma piano piano si affievolisce, fino ad arrivare a spegnersi sotto un manto nevoso di inizio gennaio. Minetti, seduto su una panchina, solo, decide di togliersi la vita, e come ultimo gesto indossa quello che secondo lui era il suo vero volto, la machera del suo amato Re Lear.
Sono molti i punti del testo con i quali Eros Pagni, attore protagonista che interpreta Minetti, non si trova d’accordo, come ha spiegato l’attore stessi in un incontro con il pubblico. In particolar modo questo finale. Per Pagni, il suicidio non rappresenta affatto una soluzione, anzi egli dichiara appunto che, secondo la sua opinione, il testo di Bernhard pone molte domande ma non fornisce praticamente nessuna risposta. E a tal proposito Pagni dichiara ancora che per se stesso non vorrebbe mai una fine simile, ma accetterebbe il corso della sua carriera e quindi una sua fine naturale. Questa diversa visione è stata una chiave di lettura utile e interessante per far nascere un personaggio ancora più strutturato e ricco, all’altezza della carriera dell’interprete.
Secondo il nostro gusto personale, la sua interpretazione aveva però una connotazione forse troppo tragica, che ha rischiato di appesantire un testo che già di per sé chiede al pubblico di prestare attenzione e di riflettere, come ha sottolineato lo stesso Pagni. Forse una lettura più ironica nei confronti della vita del protagonista avrebbe dato un ritmo più leggero allo spettacolo, e probabilmente ci avrebbe permesso di seguire con più coinvolgimento e attenzione le tematiche e le questioni sollevate dal testo. Si è trattato in ogni caso di un’interpretazione importante, e anche molto stimolante.
Minetti, di Thomas Bernhard / versione italiana Umberto Gandiniinterpreti: Minetti, attore drammatico, Eros Pagnicon Federica Granata, Marco Avogadro, Nicolò Giacalone, Giovanni Annaloro, Mario Cangiano, Marco De Gaudio, Roxana Doran, Daniela Duchi, Michele Maccaroni, Sarah Paone, Bruno Ricci, Francesco Russo, Emanuele Vitoscene e costumi Catherine Rankl / musiche Andrea Nicolini / luci Sandro Sussi / regia Marco Sciaccaluga
Produzione TEATRO STABILE DI GENOVA
Elisa Mina
Eleonora Monticone