ASHES – MUTA IMAGO

Uno spettacolo ad occhi chiusi

Le orecchie umane sono spesso ricoperte da cuffie, causando così l’isolamento. Diventiamo soggetti privi di noi stessi creando una nostra storia mentale. Ma se evitassimo tutto ciò cosa accadrebbe? Ashes, della compagnia Muta Imago, ci mostra questa realtà ormai dimenticata, quei suoni che si sono dissolti, diventati cenere.

I quattro attori presenti in sala, Marco Cavalcoli, Ivan Graziano, Monica Piseddu, Arianna Pozzoli, rimangono statici in scena e la corporeità cede il posto alla voce, utilizzata in tutta la sua espressività. Essa viene accompagnata dalla musica dal vivo di Lorenzo Tomio che amplia la condizione emotiva e provvede a sostenere la vocalità degli attori, generando una condizione di estraniamento dalla realtà e guidandoci verso un percorso del tutto particolare.

Lo spettacolo inizia con un risveglio e il pubblico può decidere di prendere il posto di quel sonno appena concluso e lasciarsi trascinare da un ascolto che crea un immaginario.

Il viaggio che viene fatto intraprendere coinvolge il quotidiano di tutti noi: il dubbio della vita, la nascita, la morte, paure ed esperienze. L’espressività vocale viene curata seguendo uno schema: si inizia con il piacere, bei ricordi; successivamente tutto trasla verso la confusione attraverso mondi esotici e animaleschi che prendono delle pieghe inquietanti  perché assumono una somiglianza, poi certa, umana per poi tornare nuovamente all’inizio del ciclo con la spensieratezza. La sequenza viene presentata attraverso la polifonia di dialoghi e pensieri e nel momento in cui essa si fa molto marcata lo spettatore è “costretto” a rincorrere una o più voci, fino a quando si torna ad una monodia.

La ciclicità non riguarda solo le emozioni ma anche la vita: alla morte viene contrapposta l’esistenza, individuale o universale, tramite i vagiti di un neonato o il ricordo di una persona defunta. Il tempo, invece, non ha una struttura ma viene percorso con molti salti temporali tra passato, presente e futuro di un famiglia, di una società che si evolve o che teme il futuro. Il dubbio crea delle pause in questi momenti di grande frenesia; inoltre esso viene modellato mediante un monologo individuale nel quale vengono posti i grandi dilemmi esistenziali: Che cos’é la vita? Perché sono qui?. Le stesse domande sono riproposte alla conclusione della messa in scena dopo un rapido riepilogo di ciò che é accaduto durante lo spettacolo.

Il pubblico non riveste un ruolo, non può osservare le vicende con occhio emico o etico dato che esse riguardano principi ordinari della vita. Si è coinvolti nell’ascolto di frammenti personali e che non ci riguardano direttamente, come se fossimo gli angeli del Cielo sopra Berlino di Wim Wenders, con la differenza che qui si può solo empatizzare ma senza intervenire perché si tratta di una realtà troppo vicina a noi e alla quale siamo partecipi da sempre. 

Usciti da questo spettacolo potremmo imparare ad ascoltarci e ad ascoltare,  avvicinarci a vissuti non nostri per trarne degli insegnamenti, non facendo prevalere la nostra soggettività isolandoci. 

È certo che una una soluzione ai problemi esistenziali non la si può trovare ma in qualche modo vivendo vicende non nostre possiamo migliorare noi stessi e l’approccio con gli altri. Sarebbe interessante aprirci alle sfaccettature della vita partendo proprio da questo spettacolo.

Chiara Jadore Cacciari

Drammaturgia e regia Riccardo Fazi

Interpretazione Marco Cavalcoli, Ivan Graziano, Monica Piseddu, Arianna Pozzoli

Musiche originali eseguite dal vivo Lorenzo Tomio

Occhio esterno Claudia Sorace

Luci Maria Elena Fusacchia

Amministrazione, organizzazione e produzione Grazia Sgueglia, Silvia Parlani, Valentina Bertolino

Produzione Index Muta Imago

con il supporto di Mibact

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