Travolgente,
inatteso, ardente di passione come gli amori extraconiugali (il mio matrimonio,
celebrato e consumato, era con il cinema), l’amore per il teatro.
Ed ecco quindi che, dopo una serie di serate memorabili della stagione del Teatro Stabile di Torino non ancora conclusasi (Arlecchino! Novecento…! La scorticata…! Così è (se vi pare), ma anche L’Abisso, Pueblo, i recenti Amleto e Petronia!), il 7 maggio, a mezzogiorno sono al Carignano per la conferenza stampa in cui si annuncia la stagione 2019-2020, goloso come una golosa di Gozzano, che pur mentre inghiotte, / già pensa al dopo, al poi; / e domina i vassoi / con le pupille ghiotte. Ad aprire la stagione, Valerio Binasco come regista e attore (evviva!), al Carignano con Rumori fuori scena, spettacolo ormai cult del teatro contemporaneo in cui una scalcagnata compagnia tenta di mettere in piedi uno spettacolo (passare non può senza menzione nel cast il nome di Margherita Palli, scenografa che vanta collaborazioni con Luca Ronconi; quest’anno ci ha lasciati senza fiato con le sue architetture sceniche di Se questo è uomo, con la regia di Valter Malosti che apprezzeremo anche nella stagione ventura: è infatti una delle tre riprese in cartellone). Sempre Binasco firma la regia di Uno sguardo dal ponte, altro classico contemporaneo che chiuderà le danze della stagione.
Dai primi titoli
è già lampante che si tratta una stagione con i piedi ben piantati per terra e
uno sguardo – velato di malinconia – sul mondo: a confermarcelo, la bambina
pugile sul manifesto all’ingresso che ha sostituito quella della scorsa
stagione che aveva occhi sgranati di meraviglia. Pugilato e teatro. Un’arte e
uno sport che hanno a che fare col corpo e non hanno paura della sporcizia
umana. L’attore e il pugile devono affrontare un avversario. La differenza:
l’attore è solo contro una moltitudine. Sono pugni malinconici quelli che ci prenderemo
dalla stagione prossima, assestati con dolcezza. Non a caso l’immagine richiama,
come ben ricorda Binasco, una raccolta poetica molto amata: La bambina
pugile di Livia Candiani. Ha proprio ragione: la bambina pugile è la nostra
anima, l’anima del teatro, «quella di tutti gli artisti e di chi ama l’arte». Il titolo completo
della raccolta è La bambina pugile ovvero
la precisione dell’amore, e a me sembra che tutto torni perché la stagione
si chiama Fair Play. Ora, se oltrepassiamo la comune traduzione di “buone
maniere” come ci chiede di fare Binasco, scopriamo che significa anche “gioco
leale, corretto” e tutto questo ha a che fare
con la precisione, con la precisione dell’amore.
Dunque, sul ring,
tra i 74 titoli in programma – 17 produzioni
TST (9 nuove produzioni esecutive, 5
nuove coproduzioni e 3 riprese), a combattere lealmente saranno tante
donne. Per Elena Serra addirittura il ring non
sarà a fine gennaio tra le mura teatrali, ma all’interno di una delle più note
gallerie torinesi, la Franco Noero, accanto al Carignano: a lei dobbiamo Scene
di violenza coniugale / Atto finale co-prodotto con il Teatro Nazionale di
Dioniso. Una doppietta di Serena Sinigaglia: a novembre
dirigerà una riscrittura goldoniana operata da Trevisan, La Bancarotta,alle fonderie
Limone, a marzo Macbeth, al
Carignano, entrambi prodotti dal dallo Stabile di Bolzano. Da non
perdere il ritorno, con un produzione del Teatro Stabile di Torino, di Kriszta
Szèkely dal teatro Katona di Budapest. Sua sarà la regia di Zio Vanja con la partecipazione di
Pierobon e Marescotti. Laura Curino (che tra pochi giorni salirà sul
palco del Gobetti) tornerà anche durante Fair
Play in compagnia di Lucia Vasini con L’anello forte, spettacolo tratto dall’omonimo testo di Nuto
Revelli, «una gigantesca Spoon
River contadina», come scrisse Stajano di questi racconti di donne povere.
Ma il mondo umano è un continuo scambio tra
maschile e femminile, in questa lotta meravigliosa quotidiana e infinita di
equilibri mai raggiunti. Il teatro è il luogo per eccezione dove questo accade:
non è un caso che un fiore all’occhiello della stagione sarà Macbettu. (E badate, chi come il
sottoscritto ha avuto la fortuna di vederlo alla scorsa edizione del Festival delle Colline Torinesi non può
essere imparziale: è il cuore che parla!). Tre uomini nei panni delle streghe,
pietre terra sangue e maschere, questi gli ingredienti con cui Alessandro Serra
ci racconta in sardo la tragedia inglese; mai potrei mancare dal 19 al 24
novembre alle Fonderie Limone. Il talentuoso regista sardo, che affonda le
radici del suo percorso artistico nel teatro di ricerca, ci regalerà anche la
regia del primo dei due titoli di
Ibsen nel cartellone della bambina pugile: Il costruttore Solness, capolavoro della maturità nel quale
colui che ha messo a nudo l’anima borghese di fine Ottocento racconta della
lotta a perdere di uomo contro il tempo che passa. Lo spettacolo vedrà in scena
Umberto Orsini, che peraltro – eh, tante volte mi fa l’occhiolino questa Fair Play – sarà impegnato nel titolo Il nipote di Wittgenstein, tratto da
un testo di Bernhard, autore da me molto ammirato. L’altro titolo del norvegese
messo in scena è Nemico del popolo,
Popolizio alla regia. Tra gli altri must
della storia del teatro: ritornano Arlecchino
servitore di due padroni, diretto da Binasco, e la regia buñueliana del Così è (se vi pare), a oggi il successo della stagione in corso,
portato a casa da Filippo Dini (al lavoro anche
per la regia di un’altra produzione dello Stabile:
il kinghiano Misery), poi Mistero
Buffo, produzione TST e regia di Eugenio Allegri
(il suo posto in Novecento lo
prenderà Alessandro Baricco con un reading
del suo testo al Carignano). Chicca: Allegri, con il placet di Dario Fo,
aggiunge misteri inediti ai tanti irriverenti del premio Nobel scomparso nel
2016. Ancora: I Giganti della montagna
con Gabriele Lavia regista e attore; e infine in questa rassegna di
classici, Tartufo, regia del
maestro del teatro internazionale Koršunovas.
Dalle numerose sere di Wonderland posso confermare le parole del presidente Lamberto
Vallarino Gancia, quando alla conferenza sottolinea
che il rischio culturale è il comun denominatore di molti spettacoli dello Stabile,
continuo è infatti lo sguardo al nuovo e alla
contaminazione di linguaggi: nella stagione sono presenti spettacoli come L’arte di morire ridendo o Lodka che guardano al mondo dei
clown. Come dimenticare, inoltre, la presenza del maestro del teatro di ricerca
Peter Brook con il suo Why? in
scena alle Fonderie Limone a maggio? Nemmeno i
frequentatori degli spettacoli di danza resteranno a bocca asciutta: sempre
viva è infatti la collaborazione con il Festival Torinodanza.
Nell’attesa che si spengano le luci delle
sale del Teatro Stabile di Torino, che si riconferma un’eccellenza nazionale
riconosciuta anche a livello europeo.
Concludiamo
con le parole del direttore Filippo Fonsatti: «La bambina che indossa i guantoni da pugilato, pronta a difendere
lealmente una nobile causa, ci ricorda Greta Thunberg e Il mondo salvato dai ragazzini di Elsa
Morante: un inno all’adolescenza, alla sua energia e alla sua bellezza come
visione politica per cambiare il mondo. Oggi più che mai, per gestire questo
cambiamento senza scontri astiosi abbiamo bisogno di fair play nelle dinamiche socio-economiche e nella convivenza
civile, nelle relazioni umane e nelle scelte politiche, recuperando il valore
assoluto dell’etica comportamentale, della lealtà, del rispetto per chi la
pensa diversamente».
Ci vediamo in sala!
Giuseppe Rabita