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LA LUZ DE UN LAGO – EL CONDE DE TORREFIEL


Presentato con Piemonte dal Vivo in condivisione con Torinodanza

Il 12 e 13 ottobre 2023 lo spettacolo LA LUZ DE UN LAGO della compagnia catalana EL CONDE DE TORREFIEL è andato in scena presso il Teatro Astra, in occasione della 29esima edizione del Festival delle Colline Torinesi.

El Conde De Torrefiel è una compagnia fondata a Barcellona nel 2010 da Tanya Beyeler e Pablo Gisbert. Il loro lavoro si articola attraverso varie collage di performance metafisiche tra video, pittura, suoni, luci.

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Dopo il precedente lavoro Imagen interior questo spettacolo concentra il progetto come essenza minimalista artefice di una visione narrativa concentrata sui sensi dello spettatore. 

El Conde si rifugia in una sala cinematografica. “Questo è un film” dice la voce fuori campo all’inizio del pezzo, di fronte a uno spazio vuoto scenografato da diversi pannelli bianchi che serviranno per proiettare le storie. 

La musica, i suoni, le immagini in distorsione e le didascalie fanno da catena alla piece multimediale, un esperimento sonico e visivo all’interno di un programma multidisciplinare che tocca i sensi dell’essere umano.

Si passa dalla musica underground Atrocity Exhibition dei Joy Division degli anni ’80, ad Angels dei Massime Attack per finire al Vendredì di Flavier Berger del 2015. Questo è il lasso di tempo musicale: l’educazione tragico sentimentale di diverse generazioni temporali sfocia poi con un action shit painting.

Da lì nasce la storia di due ragazzi di 23 anni a Manchester nel 1995, che dopo un concerto dei Massive Attack (Angel fa da colonna sonora alla prima storia) decidono di andare al tempio della musica del momento, il mitico New Osborne. Lì, quei giovani scopriranno il suono tecno del loro tempo. Cito da un’intervista fatta al El Conde dal giornalista Pablo Caruana Húder e pubblicata su un periodico spagnolo:

“Una musica semplice, costante e ripetitiva, senza variazioni, senza complessità. Musica che non ha testi, musica che non ti dice nulla, musica che non intellettualizza, musica che non ti inganna, musica che ti penetra e soprattutto musica con volume. Un colpo grave, ritmico, continuo che ricorda la semplicità del tempo e allo stesso tempo la complessità del tempo”. E ancora: “Una marea di persone agita i loro corpi allo stesso ritmo. Invocano la complessità del tempo e ballano volendo scomparire…” Una storia di amore, corpi e LSD. Questa prima storia ci parla di quel passato in cui una generazione si è aperta al mondo quando Margaret Thatcher disse “La società non esiste, esistono solo gli individui…” I testi e la voce femminile che narra la storia procedono a ritmo diegetico.

Da lì, verranno altre storie che proseguono sulla sottile linea tra finzione e realtà. Nella seconda un impiegato di banca che, in un cinema sperduto in una Atene d’inizio crisi del 2006, vede un film sulla gioventù anni’80 incontra ripetutamente un tizio più giovane di lui: il tutto viene commentato da una voce narrante over. Questa gay story potrebbe omaggiare il cinema di Fassbinder con un finale ardente. Nella terza storia troviamo una biologa marina trans che tornando a casa legge una lettera lasciatagli dalla nonna morta, che si conclude con “Non aver paura”. Le didascalie ci accompagnano mentre un performer con gesti lenti tinge di nero due pareti bianche, come se ci volesse dire che l’inclusività non esiste.

Infine la quarta storia, ambientata nel futuro, esattamente nel 2036 a Venezia, al teatro della Fenice, dove in mezzo ad un dramma dai contenuti social environmental, irrompono in scena degli eco-attivisti smerdando gli spettatori in sala. Una storia che è anche un epilogo di riflessione meta-artistica, nel solco dei Friday for Future.

Non c’è trucco non c’è inganno, non esiste nessuna quarta, quinta , sesta parete tra le storie. Esistono solo pochi grandi pannelli che intrattengono il pubblico; le quattro storie si aprono e chiudono con l’aiuto dei tre attori in scena che svolgono con lentezza i movimenti dei cambi scena, sotto gli occhi degli spettatori, muovendo i pannelli fino ad arrivare ad un finale simile ad una installazione da happening d’arte concettuale.

Le didascalie, veri e propri testi, sono asciutti e vanno a ritmo seguendo una narrazione che non è parlata, non ci sono mai dialoghi: “I personaggi che non hanno immagine e sono solo parole sono come gocce d’acqua attraversate dalla luce che le fa brillare per un istante e poi le riporta alle profondità dell’anonimato” come lo sono i tre attori sul palco. Non succede nulla in scena e allo stesso tempo tutto accade. Non è teatro in senso classico, è un modo di rappresentare il disagio di un universo giovanile e il pubblico s’interroga se vale la pena di soccombere o combattere per una società consona ai nostri ideali. 

El Conde ha voluto che fosse il pubblico a sviluppare il film durante lo spettacolo, per essere trasportato in un virtuale “Luz de Un Lago”. Sarebbe stato interessante, da un punto di vista soggettivo, dare forse più enfasi ai quattro episodi con maggiori sottolineature musicali. La fine è come uscire dalla sala cinematografica perché la Compagnia annulla il rito di  ringraziamento con gli spettatori.

Luigi Rinaldi

  • regia e drammaturgia Tanya Beyeler e Pablo Gisbert
  • scenografia La Cuarta Piel (César Fuertes, Iñigo Barrón García, Ximo Berenguer), Isaac Torres, El Conde de Torrefiel
  • performer Mireia Donat Melús, Mauro Molina, Isaac Torres
  • sculture Mireia Donat Melús
  • coordinazione e direzione tecnica Isaac Torres
  • suonoRebecca Praga, Uriel ireland
  • luci Manoly Rubio García
  • video Carlos Pardo, María Antón Cabot
  • distribuzione e produzione Alessandra Simeoni
  • una produzione CIELO DRIVE – Alessandra Simeoni
  • con il supporto di ICEC – Generalitat de Catalunya, Festival TNT, Terrassa Teatre Principal de Lloret de Mar
  • coproduzione Festival GREC – Barcelona, CC Conde Duque – Madrid, Théâtre St. Gervais – Genève, Teatro Municipal de Porto – Rivoli, Festival d’Automne – Paris, Festival delle Colline Torinesi, Teatro Metastasio di Prato, VIERNULVIER – Gent

Teatro&Arte – Una imagen interior, Ecloga XI e La trilogia delle macchine

Dalla 27° edizione del Festival delle Colline Torinesi suggestioni sui tre spettacoli che all’interno della rassegna rappresentano il filone Teatro&Arte. Un viaggio nella poetica dell’umano attraverso il disfarsi delle comunità, la solitudine del maschile e femminile per una mancata redenzione, il perturbante e assordante silenzioso logos delle macchine. Un filo che unisce l’incanto in un crescendo di disgregazione.

“Vorrei renderti visita
nei tuoi regni longinqui
o tu che sempre
fida ritorni alla mia stanza
dai cieli, luna,
e, siccom’io, sai splendere
unicamente dell’altrui speranza”

(Andrea Zanzotto – IX Ecloghe)

“La luce del fuoco toglie spazio alla notte

e concede loro un tempo addizionale.

Un tempo per l’astrazione”.

(Da Una imagen interior testo teatrale di Pablo Gisbert)

In questo “tempo per l’astrazione” i pensieri si espandono, attraversano “regni longinqui” e poi ritornano come la luna di Zanzotto o come gli amori di Venditti.

In questo tempo addizionale mi ritrovo ad abitare i luoghi geometrici dei pensieri e come la donna vestita di bianco di Una imagen interior “considero me stessa una persona molto cerebrale”, la certezza della morte attraversa anche il mio corpo, per più di un secondo, ma che rimane comunque un tempo insufficiente. 

“È impossibile pensare alla morte quando si ha fretta”.

UNA IMAGEN INTERIOR – EL CONDE DE TORREFIEL

Ipnosi tra arte, luci e parole

La sinergia “Teatro & Arte” apre la 27° edizione del Festival delle Colline Torinesi l’11 ottobre al Teatro Astra di Torino. L’immensa tela che appare distesa sul palcoscenico, a un primo sguardo di carattere avanguardistico, sarà infatti la vera protagonista dello spettacolo spagnolo, insieme all’azione ipnotica e dominante dello schermo dei sottotitoli. È grazie a quest’ultimo elemento in particolare che lo spettatore rifletterà su una quantità smisurata di temi, tra cui i binomi sogno/realtà, finto/autentico, artificio/natura, presente/passato, vita/morte.

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