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torinodanza festival 2021
LA CONFERENZA STAMPA
Continua la lettura di torinodanza festival 2021MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE
Ritornare a teatro dopo un anno e mezzo è una grandissima emozione. Farlo per uno spettacolo come questo di Jurij Ferrini, poi, rende tutto ancora più bello.
Alle Fonderie Limone di Moncalieri, all’interno della stagione del Teatro Stabile di Torino 2020/2021, sta andando in scena Morte di un commesso viaggiatore, opera in due atti del drammaturgo Arthur Miller.
Continua la lettura di MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORELa Vita Davanti a Sé
Momò, dieci anni e molta vita davanti, vive a pensione da Madame Rosa, ex prostituta ebrea «con più chiappe e seni di chiunque altro» che ora sbarca il lunario prendendosi cura degli “incidenti sul lavoro” delle colleghe più giovani. Intorno a lui la variopinta, vitalissima e a volte disperata sarabanda del quartiere di Belleville, tra spazzini mangiafuoco e transessuali campioni di boxe, ruffiani cardiopatici e traslocatori di anziani moribondi, esorcismi tribali, vite che vanno alla rovescia e un’improbabile storia d’amore toccata dalla grazia.
L’ambientazione dello spettacolo è una Parigi romantica, che viene restituita da una scenografia ben architettata, a cui si accompagna la colonna sonora creata da Simone Campa ricca e suggestiva che richiama perfettamente sensazioni, sentimenti e situazioni che Momò, il giovane protagonista, vive e racconta. Insieme al suo Belleville Quartet, un ensemble multietnico con musicisti da Senegal, Marocco, Francia e Italia, lo spettatore viene di volta in volta accompagnato in scene musicali di terre lontane e riti voodoo, con percussioni e voci africane; passeggiate sotto la Tour Eiffel, con valzer e chansonnes francesi; echi di medioriente con musiche e ritmi arabi. Irrefrenabili ed entusiasmanti i momenti di malinconica gioiosità della musica yiddish e klezmer, tipica degli ebrei dell’Europa orientale. Molto suggestivi inoltre i commenti sonori e le didascalie rumoristiche, tra cui musiche di circo e di carillon sospesi nel tempo, effetti sonori per la sala di doppiaggio di un vecchio cinematografo.
Il tono dello spettacolo è tragicomico e se da un lato nelle parti drammatiche Silvio Orlando appassiona e coinvolge il pubblico, al contrario quando si tratta del momento comico e della battuta l’attore sembra faticare ad inserirlo nei tempi giusti. L’ironia quindi spesso non viene colta e accolta da chi ascolta, finendo così “ soffocata”, impedisce allo spettatore di concedersi quella risata liberatoria come virgola necessaria in un testo che non vuole essere per sua natura solo tragico.
Nel complesso si tratta di un testo piacevole da ascoltare e facile da seguire. Forse un po’ meno convincente il finale, una sorta di mini concerto dai toni festosi che vede coinvolto anche lo stesso Orlando come suonatore di flauto traverso, insieme all’ensemble musicale. Sarebbe stato forse più coerente chiudere il sipario prima, lasciando un po’ di amaro nella bocca dello spettatore, più in linea con la chiusura drammatica del racconto.
Irene Merendelli
Tratto dal testo La vie devant soi di Romain Gary (Èmile Ajar) ridotto e diretto da Silvio Orlando. Lo spettacolo è interpretato dallo stesso Silvio Orlando, con i musicisti diretti da Simone Campa: Cheikh Fall (kora, djembe), Roby Avena (fisarmonica), Gianni Denitto (clarinetto, sax), Simone Campa (chitarra battente). Le scene sono di Roberto Crea, il disegno luci di Valerio Peroni, costumi Anita Medici, assistente alla regia Maria Laura Rondanini.
Lo spettacolo, prodotto da Cardellino srl, sarà replicato al Carignano, per la Stagione del Teatro Stabile di Torino, fino a domenica 13 giugno.
Voci dall’Universo, installazione di Davide Livermore e Gep Cucco, inaugura Uni-Verso – Un osservatorio permanente sulla contemporaneità
18 Maggio. Sono le 14,30 di un pomeriggio assolato e l’aula magna della Cavallerizza è costellata da occhi brillanti, i volti, spezzati dalle mascherine nascondono sorrisi: è palpabile la gioia di rincontrarsi in presenza in questi tempi così incerti.
L’occasione? Un’istallazione multimediale co-firmata da Davide Livermore, cantante lirico oltre che regista d’opera e di prosa di fama internazionale e Paolo Gep Cucco, musicista, direttore creativo entertainment designer. Entrambi torinesi, costituiscono un sodalizio artistico che colleziona spettacoli di successo da ormai dieci anni. Se Livermore, con la sua attenzione alla parte musicale dell’opera, è l’orecchio, Gep Cucco che si occupa maggiormente della parte visiva è più l’occhio. L’uno legato al mondo del teatro musicale e della musica classica, ma di vedute ampie ed eclettiche, l’altro che invece affonda le sue radici nella musica pop.
L’istallazione multimediale, dal titolo “Voci dall’universo”, che sarà visibile nel cortile del Rettorato dell’Università di Torino, in via Giuseppe Verdi 8, s’inserisce e inaugura la rassegna indetta proprio dall’Università , UniVerso. Si tratta di una serie di iniziative (dibattiti, reading, performance, interviste) che hanno come obiettivi: offrire spunti di riflessione sulla contemporaneità con uno sguardo multidisciplinare in cui scienze umanistiche e cosiddette scienze dure si trovano a dialogare, rinsaldare i legami tra luoghi di studio e territorio, e far sì che i muri accademici diventino di nuovo osmotici, permeabili.
Facciamo uno zoom sull’opera, Voci dall’universo, dunque. Entrando nel cortile del Rettorato ci troviamo davanti a un totem digitale: uno schermo rettangolare che si estende verso l’alto. Alle estremità troviamo un QRcode. Smartphone alla mano e inquadriamolo, sul telefono ci apparirà la schermata di un citofono e la domanda “In che anno fu formulata la teoria della relavità?.” Intanto sul grande led vediamo la terra dallo spazio. Selezionando la risposta esatta, il globo lascia spazio ai giovani attori della scuola di recitazione “Mariangela Melato” di Genova che leggono testi selezionati dagli studenti dell’Università. Parole di grandi scrittori – drammaturghi e musicisti, (da Alda Merini a Domenico Modugno). La lettura è disturbata da interferenze, solo se quattro fruitori interagiscono contemporaneamente, le interferenze spariscono. Questo ha un forte significato simbolico, spiegano gli stessi artisti, infatti la comunicazione funzione solo stando assieme. Anche la scelta di fare leggere giovani attori è fortemente voluta: l’opera infatti è fatta per far parlare gli studenti.
Nell’occasione di quest’inaugurazione, Livermore e Gep Cucco hanno poi tenuto una lectio in cui hanno brevemente ripercorso le tappe principali della loro collaborazione. Numerosi e stimolanti i temi trattati: fra tutti il rinnovamento del linguaggio teatrale grazie all’uso delle tecnologie sulla scena. Va ricordato infatti, che il duo ha firmato ben tre prime alla Scala: Attila nel 2018, Tosca nel 2019, e A riveder le stelle, lo spettacolo che a causa del covid ha aperto la stagione scaligera del 2020. Tre spettacoli fortemente innovativi.
Ai due va il merito di aver reso cinematografica e televisiva l’opera teatrale. Come ben spiegano, quando l’opera va in tv non può essere ripresa con camera fissa, sarebbe troppo noioso. Dice Livermore: “utilizzo il palco scenico come se fosse una macchina da presa, sposto i punti di vista. Utilizzo i led, non in modo didascalico, ma in modo narrativo.” Questo è lampante in una sua recente Aida in cui durante l’aria di Radames Celeste Aida, anziché rivedere apparire il tenore sul led vediamo proprio Aida, evocata dall’amato che sogna, in un deserto che strizza l’occhio a Sergio Leone. Teatro e cinema nei lavori di Livermore e Gep Cucco si fondono e si nutrono a vicenda, l’approccio multidisciplinare è fondativo.
Non poteva mancare l’annosa questione degli allestimenti contemporanei, più o meno fedeli alle ambientazione dei libretti. È lo studio approfondito che permette di fare uno spettacolo contemporaneo. Verdi regge di più le dislocazioni, perché il compositore usava luoghi e tempi come pretesti per parlare della sua contemporaneità e per aggirare la censura. Puccini invece non andrebbe mai rimaneggiato, perché è la musica stessa a indicare le scelte registiche. “Puccini,” afferma Livermore “ha inventato il cinema – in partitura si sentono porte che si aprono, la chiave che gira nella serratura. È un grandissimo narratore. La grande differenza con Verdi? Verdi usa una storia per dire altro, Puccini vuole raccontare proprio una storia ben precisa. La bohème non può essere spostata da Parigi.”
La lezione è accesa, nei due si avverte il grande amore per la cultura e la voglia di divertirsi di essere irriverenti. L’arte infatti dev’essere sempre rischiosa. Se non si assume il rischio di parlare e incidere nella contemporaneità perde il senso di esistere. Insomma Livermore e Gep Cucco sono due che non la mandano a dire, e scherzando tra di loro, passando dal pop alla musica classica si sente che la cultura non è parte delle loro vite: è la loro vita. A noi studenti lanciano il compito di far sì che, come diceva Gustave Mahler, tradizione sia custodire il fuoco, non adorare le ceneri.
INTERVISTA A GERARDA VENTURA
Gerarda Ventura, direttrice artistica di Anghiari Dance Hub , inizia il suo percorso lavorativo ed artistico come danzatrice classica negli anni Ottanta lavorando con molti coreografi , tra cui Vittorio Biagi.
A partire dagli anni Novanta decide di interrompere la carriera di danzatrice e inizia a collaborare con piccole rassegne di danza contemporanea fino al 2014 quando viene invitata da Luca Ricci, Andrea Merendelli e Maurizio Settembri ad unirsi ad Anghiari Dance Hub.
” Come sta agendo Anghiari Dance Hub a fronte della pandemia?”
Fortunatamente – dichiara Gerarda- non hanno impedito lo svolgimento delle attività senza pubblico quindi (con tutte le precauzioni: sanificazioni, test molecolari,…) le prove e le residenze non hanno subito variazioni, diverse saranno invece le restituzioni perché non avverranno come al solito con il pubblico, i giornalisti e gli ospiti ma in streaming.
“Secondo lei quali scenari si apriranno per le arti performative?”
Sicuramente – sostiene Gerarda- le residenze digitali sono un campo d’indagine nuovo di come gli artisti possano usare le tecnologie per realizzare prodotti diversi dallo spettacolo dal vivo o dalla ripresa streaming. Un esempio è il centro di residenza regionale della Toscana, lanciato nella primavera scorsa da Armunia e Kilowatt a cui si sono accodati Anghiari Dance Hub, il circuito AMAT delle Marche e il circuito ATCL del Lazio.
Infine, vi segnalo le restituzioni dei danzatori che saranno online il 4 e 5 dicembre con l’acquisto di un biglietto nel sito di Anghiari Dance Hub ( https://anghiaridancehub.eu/ ).
Qui in basso il link all’intervista completa:
https://www.youtube.com/watch?v=T8LPluWIUWY&ab_channel=TeatrodamsTorino
9 modi per amare la danza in streaming
Teatri chiusi, cinema chiusi, strade deserte e maratone di serie tv. Sembra un copione già scritto, ed effettivamente è proprio così: la differenza sta solo nel fatto che fuori fa più freddo.
Questo è un anno difficile per il mondo dell’arte, e per chi – come noi – ne scrive. Ballerini, attori, cantanti, tecnici sono rimasti a casa, disoccupati, eppure l’opinione pubblica trascura queste categorie di lavoratori perché i loro impieghi sono ancora – tristemente – considerati marginali, di poca importanza. Perciò abbiamo deciso di contribuire anche noi a sfatare questo mito, venendo incontro alle abitudini che tutti – noi, blogger, e voi, lettori – abbiamo adottato in questo periodo di lockdown forzato.
Ecco quindi una lista di 9 proposte efficaci che il mondo della danza ha deciso di rendere disponibili online:
- Dance – Perché balliamo
Di cosa tratta: una docuserie in 5 episodi narrata dal coreografo e ballerino anglo-bangladese Akram Khan, che attraverso cinque tematiche – Identità, Storie, Anima e Corpo, Eros e Provocazione – esplora i motivi che hanno spinto l’uomo a cominciare ad esprimersi attraverso il proprio corpo. La serie esplora i più disparati stili di danza, dalla danza accademica al Tango.
Dove guardarla: Sky Arte, NowTV
2. Dance Rebels – A story of Modern Dance
Di cosa tratta: è un documentario della BBC che racconta la storia e l’evoluzione della modern dance a partire da Isadora Duncan, proseguendo con Martha Graham, Merce Cunningham, Michael Clark… fino a Boris Charmatz. 90 minuti di immagini e racconti appassionanti, che permettono uno sguardo più da vicino su una disciplina ancora poco compresa.
Dove guardarlo: Youtube, BBC IPlayer
3. Dancing Beethoven
Di cosa tratta: è un documentario che ripercorre il lavoro di Maurice Bèjart, ballerino e coreografo che ha reinterpretato il balletto classico – celeberrimo è il suo Bolero rappresentato da Jorge Donn -. Il lungometraggio riprende la ricreazione della coreografia che Bèjart ha creato sulla Nona Sinfonia di Beethoven nel 1960 da parte del Bejart Ballet Lausanne e del Tokyo Ballet, su musica dell’Orchestra Filarmonica d’Israele.
Dove guardarlo: Sky Arte, NowTV
4. Fuoriscena
Di cosa tratta: anteprima al Torino Film Festival 2013, il documentario mostra un intero anno nell’Accademia Teatro alla Scala, una delle accademie di danza più prestigiose al mondo. Quelle ad essere raccontate sono le storie di alcuni dei protagonisti che andranno a mettere in scena gli spettacoli della stagione 2011/2012.
Dove guardarlo: Prime Video
5. Move!
Di cosa tratta: 5 episodi, 5 storie. Sono quelle di Lil Buck e Jon Boogz, di Ohad Naharin, Kimiko Versatile, Akram Khan e Israel Galvan, protagonisti di levatura mondiale che raccontano la danza come movimento socioculturale, capace di incidere sulle vite delle persone.
Dove guardarla: Netflix
6. Lindsay Dances
Di cosa tratta: il documentario narra il percorso di vita di Lindsay Kemp, ballerino, coreografo e mimo che ha fatto dell’arte il suo mestiere. Personaggio eclettico del mondo della danza, Kemp ha collaborato con artisti del calibro di David Bowie e Marcel Marceau, diventando uno dei protagonisti più iconici del XX secolo.
Dove vederlo: RaiPlay
7. Paris is burning
Di cosa tratta: “Paris is burning” racconta la storia della comunità nera e ispanica LGBTQI+ ad Harlem, New York, precisamente nell’ambiente delle ballrooms e del vogueing degli anni ’80 – stile reso famoso dall’omonimo brano di Madonna ma esistente già dagli anni ’60 -. Un must see per chi vuole comprendere meglio le radici di questo stile così eclettico e appassionante.
Dove vederlo: YouTube
8. The other side
Di cosa tratta: è una videocreazione coreografica e musicale nata durante i tempi dell’isolamento, una collaborazione che vede la compagnia Aterballetto e la Filarmonica Arturo Toscanini insieme per portare avanti un progetto nuovo, fatto su misura per l’isolamento a cui tutti siamo costretti.
Dove vederlo: RaiPlay
9. We speak dance
Di cosa tratta: la ballerina e produttrice Vandana Hart ha ideato questa docuserie che la vede in viaggio per il globo, esplorando i legami che la danza crea fra le persone in Paesi come l’Indonesia, il Libano, la Francia, svelando anche quel lato sacrale e primitivo del movimento.
Dove guardarlo: Netflix
Ramona Bustiuc
Conferenza stampa lavoratori e lavoratrici dello spettacolo del piemonte
if you could see me now / trial
La grande sfida lanciata da Interplay
Continua la lettura di if you could see me now / trialTo DA BONE/POSARE IL TEMPO
PARTE PRIMA: TO DA BONE DI (LA HORDE)
To Da bone è uno spettacolo che nasce dalla collaborazione tra (LA)HORDE e un gruppo di undici danzatori provenienti da tutto il mondo.
(LA)HORDE è un collettivo artistico fondato nel 2011. La direzione è composta da tre artisti: Marine Brutti, Jonathan Debrouwer e Arthur Harel che lavorano all’incrocio tra danza, arti visive e performance.
Lo stile di ballo di To Da bone, il “jumpstyle”, nasce agli inizi degli anni Duemila tra Belgio e Olanda ed è basato sul solo movimento delle gambe attraverso calci, rotazioni e salti. I tre giovani artisti definiscono questo nuovo genere come danza “post-internet”, poiché esiste soprattutto online.
Infatti, come ci spiega il danzatore Thomas Topa Hongre, nell’intervista svolta da Elisa Vaccarino, la danza di To Da Bone è una danza “personale” che non si insegna nelle scuole di danza ma si apprende da soli, nella propria stanza, grazie ai video tutorial su Youtube. Inoltre, è proprio grazie a Internet che Thomas è venuto in contatto con la community francese di Jumpstyle e poi le altre community nel mondo.
Interessante quindi è assistere, nonostante tutti i limiti di una fruizione dello spettacolo in streaming, a questo genere di danza proprio nella stessa piattaforma in cui è nata. Il ritmo della musica elettronica scandisce lo spettacolo e insieme a degli intermezzi di parti recitate dai ballerini, contribuisce a tenere viva l’attenzione dello spettatore che difficilmente riuscirà a distogliere lo sguardo dallo schermo.
coreografia (LA)HORDE / Marine Brutti, Jonathan Debrouwer, Arthur Harel
regia e tecnica David Goualou
musiche Aamourocean (Antoine Boule, Ulysse Klotz)
disegno luci Patrick Riou
danzatori 11 non specificati
referente audio e coach del gruppo danzatori Céline Signoret
amministrazione e produzione Clemence Sormani
PARTE SECONDA: POSARE IL TEMPO DI CLAUDIA CATARZI
Al contrario di To Da Bone, ritengo che “ Posare il tempo” di Claudia Catarzi si adatti difficilmente ad una visione online che non permette di cogliere la profondità prospettica e le diverse angolature attorno alle quali ruota lo spettacolo, che sono (a mio parere) necessarie per poter essere apprezzato al meglio.
Nonostante questo, dal breve estratto che è stato trasmesso lo scorso 22 maggio, si intuisce un lavoro interessante, basato sulla presenza dei corpi attratti al suolo dalla forza di gravità e allo stesso tempo corpi che si attraggono tra di loro. Idee sulle quali molti ballerini contemporanei stanno basando i loro lavori (un esempio è Andrea Dore con lo spettacolo “ Underground Roof”) e che ben riflettono un momento, come quello attuale , di “decentramento” dell’uomo.
coreografia Claudia Catarzi
con Claudia Caldarano, Claudia Catarzi
percussioni live Gianni Maestrucci
drammaturgia Amina Amici
musiche originali e drammaturgia sonora Bruno De Franceschi
sound design Francesco Taddei
light design Massimiliano Calvetti, Leonardo Bucalossi
produzione La Manufacture – Centre de Développement Chorégraphique National Bordeaux Nouvelle – Aquitaine
in coproduzione con La Briqueterie – Centre de Développement Chorégraphique National du Val-de-Marne, POLE-SUD – Centre de Développement Chorégraphique National / Strasbourg, Art Danse – Centre de Développement Chorégraphique National Dijon Bourgogne, Centre Chorégraphique National Malandain Ballet Biarritz, Le réseau Tremplin: Danse à tous les étages – Bretagne, L’Etoile du Nord – Paris, Le Mac Orlan – Brest, Le Triangle – Rennes, Chorège – Falaise, Centre Chorégraphique National de Nantes, CANGO – Firenze, Company Blu