“Il teatro è una cosa dello spirito e un culto dello spirito”, così Louis Jouvet pensando al perché si fa teatro e che cosa spinge un attore a entrare in questo mondo misterioso e affascinante.
Brigitte Jacques traendo spunto dal saggio di Jouvet Molière et la comedie classique (1965, Gallimard), scrive questa pièce teatrale che si concentra su sette lezioni che l’artista francese fece stenografare tra il 1939 e il 1940. Toni Servillo dirige e interpreta l’apologo del mestiere dell’attore, entrando nella tecnica e nel pensiero di Jouvet.
In queste lezioni, che si svolsero tra il 14 febbraio e il 21 settembre 1940, Jouvet fa preparare a una giovane attrice, Claudia, l’ultima scena del personaggio di Elvira nel Don Giovanni di Molière. Un’avventura a due, maestro e allieva che si prendono per mano addentrandosi in un territorio oscuro, quello del personaggio. Un territorio da indagare fino in fondo per poter comprendere e dialogare con il personaggio, che va costruito passo passo, così che lo spettatore in scena al posto dell’attore veda il personaggio. Per giungere a questo il percorso è arduo, estenuante, ma necessario. Per Jouvet è dovere di una grande attrice arrivare a quell’emozione del personaggio.
In questa ultima scena Elvira è cambiata: non è più rancorosa a causa del tradimento di Don Giovanni. È come in estasi, in pace con se stessa. Va incontro a Don Giovanni, all’uomo che ha creduto di poter amare, come un angelo che scende lentamente con gli occhi pieni di luce ad annunciare qualcosa. E’ dunque una scena di annunciazione per Jouvet, in cui Elvira si accosta a Don Giovanni per supplicarlo di cambiare vita, altrimenti l’unico posto che lo accoglierà sarà l’Inferno. Tutto questo è detto pacatamente, quasi vergognandosi dei suoi momenti di ira precedenti. Torna da lui perché in fondo lo ama ancora, vuole salvarlo. Sarà l’ultima volta che si vedranno. Così la storia di Elvira e Don Giovanni si intreccia con la storia vera, di un maestro e un’allieva che per sette mesi hanno condiviso lavoro e passione, lezioni di vita e rimproveri reciproci, per poi perdersi e non incontrarsi mai più a causa della guerra e dell’occupazione nazista di Parigi.
Toni Servillo, nelle vesti di Jouvet, accentua la figura di un maestro le cui parole sono cariche di passione, emotività e tenerezza. È uno spettacolo fatto di sguardi e di silenzi, degli sguardi e dai silenzi da cui nasce la creazione. Può sembrare a prima vista uno spettacolo semplice, ma la grandezza sta nel rendere vive queste lezioni. Lezioni di recitazione, ma ancor più lezioni di vita. Sul palcoscenico accade la finzione, ma sul palcoscenico della vita ci aspetta quotidianamente e anche qui l’entrata e i movimenti devo essere quelli giusti.
Abbiamo la possibilità di vedere l’uomo, l’artista nel momento di più alto sforzo e tenerezza, il momento della creazione. Un momento grandioso e allo stesso tempo tenero, ma qui non si tratta di creare un oggetto, un materiale, ma creare il personaggio attraverso il corpo e le parole di un’attrice. Per arrivare al punto più alto, le paure e l’orgoglio vanno messi da parte, è necessario liberarsi mentalmente. Così storia umana e recitazione si intrecciano in un apologo del mestiere dell’attore che è anche una lezione di vita.
Emanuele Biganzoli
Di Brigitte Jaques
Da Molière e la commedia classica di Louis Jouvet
Traduzione: Giuseppe Monetsano
Regia: Toni Servillo
Interpreti: Toni Servillo (Louis Jouvet), Petra Valentini (Claudia/Elvira) Francesco Marino (Octave / Don Giovanni), Davide Cirri (Leon /Sganarello)
Costumi: Ortensia De Francesco
Luci: Pasquale Mari
Suono: Daghi Rondanini
Aiuto regia: Costanza Boccardi
Produzione: Teatro Milano- Teatro D’Europa, Teatri Uniti