Reality: i diari di Janina Turek

Cosa darei ogni tanto per essere morta, anche solo per cinque minuti”

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Una donna e un uomo inscenano una morte, provandola e riprovandola, cercando di renderla più “realistica” possibile, badando tuttavia a dettagli plateali quali una ciocca di capelli sul volto o la posa che assume un corpo privo di vita una volta caduto a terra. Da questo studio incomincia la storia di Janina Turek, partendo proprio dalla sua morte, avvenuta all’età di 80 anni a causa di un infarto, per le strade di Cracovia.

Subito le lancette del tempo vengono spostate indietro, nel febbraio 1943, poco dopo l’arresto del marito da parte della Gestapo e la conseguente deportazione nel campo di Auschwitz-Birkenau, mentre Janina strisciava i piedi sullo zerbino della porta di casa e inseriva le chiavi nel buco della serratura.

Fu in quell’istante che decise che avrebbe trascritto ogni singolo evento, persona vista, pasto consumato, ogni singolo fatto della sua vita, nero su bianco.

Janina Turek, casalinga polacca, all’età di 22 anni iniziò la scrittura di quelli che saranno 748 quaderni, per un totale di 57 anni di vita.  Ma non ne siamo totalmente sicuri.

Nei diari le informazioni sono vaghe, ma le descrizioni dei singoli elementi chiare e dettagliate: Janina bevve davvero quella tazza di caffè nero quell’esatto giorno, guardò quel programma in televisione a quell’ora precisa nella data segnata sotto la categoria “programmi televisivi”.

Sappiamo della tazza, sappiamo del televisore, ma non sappiamo null’altro di quei momenti.

La mente umana è portata a dare un colore alle cose, a dargli un sapore caratteristico (magari una situazione completa, uno stato d’animo, un determinato pensiero che passa per la mente), ma con i diari di Janina non è possibile; gli attori in scena ce lo fanno presente, riconsiderando piano piano ogni fase della narrazione.

 

Se non ci credo io,come fanno a crederci gli altri? … sono importanti i dettagli!”

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All’improvviso, quella tazza che Janina aveva tanto inspiegabilmente quanto violentemente scagliato contro la parete, lasciando una macchia di caffè colante (scena che, descritta dagli attori in scena, pare molto reale), non è, nella testimonianza di Janina, nient’altro che una “tazza di caffè” segnata sotto la categoria “pasti”; e, ad essere sinceri, il racconto iniziale, quello secondo cui Janina pensò di iniziare la stesura dei quaderni mentre si puliva le scarpe sullo zerbino, non è del tutto vero: non siamo neanche sicuri che l’idea dei diari le sia venuta mentre inseriva le chiavi nella toppa.

 

Vivo o fingo di vivere? Se volessi tornare a me stessa, dovrei smettere di scrivere…

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La coppia Deflorian-Tagliarini rende al meglio l’interpretazione di quei quaderni pervenuti senza un minimo indizio di impressione, di soggettività umana, ma pieni di descrizioni dettagliate associate ad un numero (frutto di una meticolosa, quasi ossessiva catalogazione). Al centro del palcoscenico un gruppo di proiettori attentamente posizionati illumina di volta in volta i volti dei due attori, come delle telecamere puntate verso un soggetto, pronte a recepirne solo una parte di realtà.

Di pari passo con il racconto, appaiono sul palco gli oggetti di scena (uno zerbino, una poltrona, un tavolo, delle sedie) che altro non sono se non gli oggetti usati da Janina Turek segnati sui diari.

Usati con attenzione e posizionati a dovere, questi semplici oggetti di scena diventano i protagonisti del racconto: dalla tazza (insieme alla sua gemella rotta, che rappresenta i cocci rotti) alla poltrona dove Janina era solita sedersi per guardare la televisione, gli oggetti popolano la scena simboleggiando un “ricordo ipotetico” di quello che poteva essere vivere in casa Turek, ma la cui traccia non compare nei diari.

 

Nato dalla fortunata collaborazione avviata nel 2008 tra Daria Deflorian (Premio Ubu 2012 come miglior attrice per L’origine del mondo di Lucia Calamaro e per Reality) e Antonio Tagliarini (Premio BE di Birmingham 2014), che ha dato vita ad una serie di progetti teatrali di cui  entrambi sono autori e interpreti, “Reality” ha debuttato nel 2012 ed è il risultato di un’attenta analisi dell’omonimo reportage di Mariusz Szczygieł e dei diari di Janina Turek (concessi dalla figlia Ewa).

 

di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
regia Daria Deflorian e Antonio Tagliarini

a partire dal reportage di Mariusz Szczygieł Reality, traduzione Marzena Borejczuk, Nottetempo 2011
ideazione e performance Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
disegno luci Gianni Staropoli
consulenza per la lingua polacca Stefano Deflorian, Marzena Borejczuk e Agnieszka Kurzeya
collaborazione al progetto Marzena Borejczuk
organizzazione Anna Damiani
produzione e accompagnamento internazionale Francesca Corona

produzione A.D., Festival Inequilibrio/Armunia, ZTL-Pro con il contributo della Provincia di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali
in collaborazione con Fondazione Romaeuropa e Teatro di Roma
residenze artistiche Festival Inequilibrio/Armunia, Ruota Libera/Centrale Preneste Teatro, Dom Kultury Podgórze
con il patrocinio dell’Istituto Polacco di Roma
con il sostegno di Nottetempo, Kataklisma/Nuovo Critico, Istituto Italiano di Cultura a Cracovia, Dom Kultury Podgórze
ringraziamenti Janusz Jarecki, Iwona Wernikowska, Melania Tutak, Magdalena Ujmae Jaro Gawlik
un ringraziamento speciale a Ewa Janeczek

in scena alle Fonderie Limone di Moncalieri il 12/06

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