Il 19 giugno al Teatro Astra di Torino l’associazione culturale Lab 121 ha presentato al Festival delle Colline torinesi, al quale partecipa per la seconda volta, uno spettacolo tratto da L’inquilino del terzo piano, romanzo di Rolan Topor che nel ’76 è diventato il thriller psicologico del regista Roman Polanski. Nei primi anni ’60 Roland Topor insieme a Fernando Arrabal e Alejandro Jodorowsky fondarono il movimento-non movimento “Panico”, definito dai tre fondatori burla suprema ai danni della cultura e al lato troppo serio dell’arte, provocazione post-surrealista finalizzata, attraverso eventi teatrali e cinematografici scioccanti e violenti, a sconvolgere tutto, seminare il panico, liberare le energie distruttive in cerca di pace e bellezza. Si ispirava al Teatro della Crudeltà di Antonin Artaud, che in un suo saggio del 1938 scrive:
“La civiltà è cultura applicata, capace di guidare anche le nostre azioni più sottili, è spirito presente nelle cose. … Un uomo è considerato civile in base al suo comportamento, ed egli pensa come si comporta”
Questa breve citazione potrebbe essere lo scrigno nel quale racchiudere il senso de l’INQUILINO.
Il signor Trelkowski è in cerca di un appartamento a Parigi e ne trova uno abitato fino a pochi giorni prima da una ragazza, Simonetta Choule, che ha tentato il suicidio gettandosi dalla finestra di casa e si trova in ospedale fasciata dalla testa ai piedi. Trelkowski si reca a trovarla e la donna nel vederlo ha una sorta di crisi isterica. Con il decesso della donna in ospedale Trelkowski entra in possesso dell’appartamento e inizia ad essere oggetto di cattiverie da parte degli inquilini dello stabile.
Sul palcoscenico l’attore Michele Di Giacomo, nei panni dello sfortunato Trelkowski, arriverà nelle scene finali a urlare più volte vestito da donna, con tanto di tacchi e parrucca riccia: “Io non sono Simonetta Choule!”. Gli inquilini dello stabile avevano iniziato a trattarlo come se fosse appunto Simonetta Choule, finendo per cucirgli inspiegabilmente addosso l’identità della donna morta. Qui a farne le spese è solo Trelkowski, che accusato inoltre a torto dai singolari e anziani inquilini di fare baccano fino a tardi, viene condotto, tra menzogne e raggiri, alla pazzia.
Rispetto alla versione cinematografica, lo spettacolo si apre nel segno dell’ironia, sopratutto quando Trelkowski dibatte con il proprietario dell’appartamento, interpretato da Giacomo Ferraù, circa l’affitto. Ma all’ironia iniziale si unisce presto la tensione creata dal suono di piatti vibranti e al ticchettìo di un orologio, che fa presagire sin dall’inizio che qualcosa andrà storto.
Le scene sono curate e ricche di dettagli. Le luci passano da calde a fredde in relazione all’effetto emozionale che si vuole comunicare. L’utilizzo di maschere raffiguranti animali (un suino, un ratto, un rapace) creano un’atmosfera surreale e orrorifica. Il sound di Fabio Cinicola è efficace e contribuisce, con gli altri elementi, alla riuscita dello spettacolo. Memorabile è la scena in cui gli inquilini con indosso le maschere degli animali, fanno volteggiare il letto su cui è sdraiato Trelkowski, ormai in preda alla follia, e lo sospingono da una parte all’altra del palcoscenico come nel rituale di una danza diabolica. L’unica che sembra capire la situazione è Stella, amica dell’ex inquilina, che offre il suo aiuto al protagonista ospitandolo per un po’ in casa sua. Trelkowski però arriva a dubitare anche di Stella, quando nel finale si rivolge a lui con il nome dell’amica morta.
Si assiste così al tentativo di suicidio che ricalca quello dell’inquilina precedente, e al naufragio di una mente fragile vittima delle ingiustificate angherie degli altri. Non sembra esserci scampo per i deboli, questa mi è sembrata l’amara conclusione dello spettacolo.
Alessandra Pisconti
19 giugno 2017, Teatro Astra, Torino
di Roland Topor
regia Claudio Autelli
dal romanzo L’inquilino del terzo piano di Roland Topor
adattamento Claudio Autelli
con Alice Conti, Giacomo Ferraù, Michele Di Giacomo, Marcello Mocchi
scene e costumi Maria Paola Di Francesco
luci Giuliano Bottacin
suono Fabio Cinicola
produzione Lab121
coproduzione Fondazione Campania dei Festival
presentato in collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo