Si è concluso domenica 22 ottobre il concorso teatrale “Mal di palco 2017” svoltosi presso il Tangram Teatro.
Il piccolo palcoscenico ha visto protagoniste le ultime due attrici finaliste : Sarah Nicolucci con Il predicatore e Marzia Gallo con Polvere.
Sarah, 30 anni, attende il suo pubblico camminando avanti e indietro sul palcoscenico e marcando il passo sul pavimento, quasi come se avesse dovuto da lì a poco “mangiare” lo spettatore, ed è quello che metaforicamente avviene.
L’attrice interpreta un ruolo molto distante dalla sua personalità. Qui è una predicatrice, che con fare a tratti virulento e a tratti seducente evoca l’importanza di Dio già dalla tenera età. Il suo sottolineare questa importanza è un crescendo quasi diabolico, la sua intensità penetra nei cervelli delle persone più fragili, perché è lì che i predicatori possono creare il loro nido.
Il testo, propostole dall’autore Giacomo Sette, entusiasma subito Sarah che da sempre si definisce agnostica e vede questa opportunità come una grossa sfida per se stessa che vince straordinariamente e che porta con tutta la sua energia in scena: “Un testo del genere ha rappresentato per me la legge del contrappasso” dice sorridendo Sarah, che già da piccola nutriva forti dubbi concernenti l’esistenza di un Dio “Con – Il predicatore- ho esplorato alcuni aspetti da me sempre rinnegati.”
Ma quella che Sarah mette in scena è una sorta di degenerazione religiosa. Parla della fede evangelica, che gode nel mondo e in particolar modo negli Stati Uniti di un enorme potere, specialmente a livello politico, ed è da questi dati di fatto che l’attrice costruisce un personaggio simile ad un sergente delle SS nella postura e nell’intonazione. Il suo predicatore ha una personalità forte che colpisce il cuore degli uomini come con una freccia e subito dopo li accarezza con un canto simile a quello di una sirena, è dolce, culla le anime per poi esplodere in un urlo prolungato che viene pronunciato al microfono, per farlo penetrare acutamente nei corpi sgombri. Insomma, un canto che provoca e che restituisce l’unica risposta in grado di stare in piedi : Dio. Con queste oscillazioni la giovane attrice offre una performance degna di nota. Ogni muscolo in scena è contratto mentre diffonde il suo messaggio e persino lo spettatore in ultima fila può scorgere le vene in ebollizione. Il predicatore ha svolto il suo compito decorosamente ed esce di scena pronunciando due parole, forse non previste dallo spettacolo : “Sono stanca.”
Polvere di Marzia Gallo e Giacomo Segreto è uno spettacolo toccante che soffia sull’anima. Il monologo è tratto dal romanzo di Beatrice Masini Se è una bambina e illustra la drammatica separazione tra una madre e sua figlia.
Marzia, con questo testo, torna indietro nel passato e rivive una seconda infanzia:” Ci sono degli elementi che mi legano a questa bambina, anche se abbiamo vissuto esperienze completamente diverse. Ci sono cose in cui mi sono riconosciuta ma a posteriori”. Così l’attrice racconta il lungo lavoro dedicato alla creazione di questo personaggio semplice ma con un’anima articolata, l’anima di chi ha sofferto e cerca di non pesare questa sofferenza.
Lo spettacolo vede pochi oggetti di scena che vengono riutilizzati più volte. Al centro, in proscenio, un mucchio di gessetti rotti sottotitolano la scena : la polvere che creano è molto simile alla polvere che quel maledetto giorno ha portato via la madre alla bambina, un boato, mura che crollano e crolla anche la l’interiorità stabile della piccola che da quel giorno si ritroverà con un vuoto irreparabile.
Tra il pubblico, molti sono gli occhi lucidi, alcuni timidamente cercano di soffiarsi il naso senza rompere quella magica energia che fluttuava tra una sedia e l’altra. A commuovere è sicuramente il testo ricco di drammatica verità, ma è anche la capacità di Marzia di tenere i presenti con il fiato sospeso. Lei, con l’aria di una vera bambina, a tratti vivace e a tratti malinconica è riuscita con la sua trasparenza ad emozionarsi e emozionare : “ Questo è uno spettacolo dove abbiamo messo il cuore, cercavamo una storia semplice e universale che arrivasse all’anima”.
E con questa spontanea dolcezza l’attrice ha regalato alla platea una sensazione morbida ma allo stesso tempo profonda, ci ha raccontato una storia, la storia che da tempo sognava di portare sul palcoscenico, e l’ha fatto con una naturalezza coinvolgente.
Fiorella Carpino