Risale al 1809 l’opera Agnese, rappresentata questo marzo al Teatro Regio “in prima assoluta in epoca moderna”. Composto da Ferdinando Paër su libretto di Luigi Buonavoglia il melodramma semiserio riscosse da subito un successo non indifferente, incontrando l’approvazione di Berlioz e Chopin. Grazie a equilibrio drammaturgico e forte espressività musicale, quest’opera esercitò una profonda influenza sulla generazione successiva.
In seguito alla fuga d’amore con l’infedele Ernesto, Agnese, rea di aver portato il padre Uberto alla follia, cerca di farlo rinsavire assistita dal Dottor Pasquale e dagli infermieri del manicomio. Nonostante il ritorno del giovane pentito e l’acuta insania del genitore, sarà il canto di una melodia d’infanzia («Come la nebbia al vento») a sciogliere il dramma, portandolo ad un lieto fine ameno ma prevedibile.
A colpire lo spettatore moderno è senz’altro la trattazione del tema della follia, protagonista dell’ambiguo universo semiserio; in grado di farci sorridere dinanzi ai vaneggiamenti di Uberto, è la presenza della stessa ad inasprire il dramma che rende un padre incapace di riconoscere la figlia. Quello che forse ci lascia spiazzati è l’abbinamento tra questo tema e il rallentamento del ritmo drammaturgico, che lascia spazio a un copioso susseguirsi di pezzi chiusi dove l’azione non trova sviluppo. Dobbiamo dunque pensare di ascoltare un’opera che si discosta decisamente dalla sintesi verdiana (protagonista indiscussa di questa Stagione), per lasciare spazio al trionfo del cantante virtuoso: dopo aver assistito alla rappresentazione, possiamo facilmente immaginare il cast originario dell’Agnese nell’atto di chiedere a Paër quell’aria in più, necessaria a mettere in mostra le proprie capacità tecniche vocali.
A tal proposito non mancano le occasioni dove i protagonisti danno sfogo di notevole perizia vocale: nelle arie di Agnese il soprano Rey-Joly mostra sfumature emotive e sorprendente padronanza dei gorgheggi virtuosistici; il tenore uruguayano non manca di dimostrare abilità tecnica e intendimento del personaggio nei numerosi brani che lo vedono protagonista; infine, i bassi caratteristi Filippo Morace e Markus Werba – rispettivamente Don Pasquale e Uberto – presentano interpretazioni degne di nota (in particolar modo il personaggio di Don Pasquale, che durante l’intero svolgersi della vicenda diventa il protagonista indiscusso della componente comica).
Diego Fasolis dirige Orchestra e Coro del Teatro Regio; interpretano i ruoli principali, precedentemente citati, María Rey-Joly (Agnese), Markus Werba (Uberto), Filippo Morace (Don Pasquale) e Edgardo Rocha (Ernesto), mentre la regia è affidata a Leo Muscato. Un plauso speciale va sicuramente riservato all’allestimento di Federica Parolini, che spicca per bellezza e funzionalità: sul palcoscenico troneggiano grandi blocchi a immagine di contenitori di medicinali – alcuni recanti il nome del compositore stesso – all’interno dei quali si rivelano le stanze personaggi, ben curate nei dettagli. Oltre a spiccare nell’aspetto estetico, i blocchi, grazie alla pratica mobilità, permettono all’opera di mostrare in modo fluido nuovi ambienti ad ogni cambio di scena.
– Francesca Slaviero e Alessandro Petrillo