kingdom – agrupacion Señor serrano

Estamos bien!

Pablo Rosal prende il microfono, appoggiandosi ad una grande tavola. Lui e gli altri quattro uomini in scena, tutti dall’aria poco seria, a stento trattengono il riso. Sembrano trovarsi sotto ai riflettori quasi per caso, colti alla sprovvista. Eppure durante l’ingresso del pubblico in sala, quegli stralunati individui erano tranquillamente seduti sullo stesso tavolo, a proprio agio come nel salotto di casa, mentre osservavano la gente cercare il proprio posto.

È questa l’immagine che si presenta agli spettatori al Teatro Astra, dove, in occasione del Festival delle Colline Torinesi, va in scena Kingdom, l’ultima creazione della compagniaAgrupacion Señor Serrano. Tre uomini in abiti estivi, un ragazzo asiatico con una tuta gialla alla Kill Bill, un uomo-banana e tre lunghe tavolate che ricordano la cucina (un po’ più disordinata) di un contest televisivo. I presupposti per immaginare la deflagrante esplosione che avverrà di lì a poco sembrano esserci, ma in qualche modo appaiono sopiti dietro ad un incipit che lascia lo spettatore a lungo nel dubbio. Il discorso cattedratico che tiene Pablo Rosal sulle condizioni del mondo e della società odierne, il suo rimprovero a chi ha una visione catastrofica della situazione, la sua espressione enigmatica e i volti intontiti dei suoi compagni di scena, continuano a confondere chi assiste senza capire se si tratti di ironia o meno. La rivelazione avviene solo a conclusione del “discorso didattico”, su quell’estamos bien che viene ripetuto da tutti con scarsa convinzione, volto sempre più inebetito e risatine crescenti.

Di qui in poi è pura festa. Le tavolate da talent show si rivelano effettivamente essere parte di una grande cucina-laboratorio su cui imperverserà la furia dei cinque uomini. La parola con cui la compagnia stessa descrive il proprio spettacolo è cocktail e probabilmente non se ne potrebbe trovare una migliore. Si assiste infatti ad un cocktail di temi, di linguaggi scenici e verbali, di strumenti tecnici e soprattutto di follia. La padronanza dei mezzi espressivi è tale da concedere l’esagerazione che sconfina oltre i limiti del politically correct, della blasfemia dissacrante e del trash, perdonati dinanzi all’innegabile bravura tecnica dei performer e in particolar modo alla perfetta coerenza di tutti gli elementi nel disegno complessivo dello spettacolo.

Kingdom è una provocazione. È una messa in scena sul capitalismo e sul consumo raccontati sotto forma di delirio stroboscopico. Una storia che vede due protagonisti indiscussi, la banana e King Kong: da una parte il frutto che cambiò il mercato del mondo occidentale nonché la sua mentalità, nel suo continuo prestarsi ad ambiguità e doppi sensi, e dall’altra il gorilla divenuto icona, simbolo della virilità e metafora del dubbio uomo macho. La presenza in scena di soli uomini si fa essa stessa elemento provocatorio: la storia della società moderna fondamentalmente come storia di testosterone e patriarcato.

L’intelligenza dello spettacolo sta nel portare la narrazione doppiamente su più livelli: quelli di significato e quelli concreti dei mezzi usati.
Dietro la volutamente malcelata maschera della festa delirante, il discorso politico che lo spettacolo porta avanti è assolutamente evidente e severo. È anzi proprio la contrapposizione tra la serietà dell’argomento affrontato e la leggerezza e l’anima pop-rock della messa in scena  a rendere Kingdom così fortemente provocatorio.
La compagnia crea una sorta di cinema in tempo reale. Grazie all’utilizzo di videocamere, modelli in scala, proiezioni video e strumenti musicali, le immagini e i suoni che portano avanti il “racconto” si dispiegano interamente sul momento, davanti agli occhi dello spettatore. L’idea di fondo è quella del collage: i vari tasselli vengono via via composti, trasformati e ricomposti e nel frattempo ripresi e proiettati su grande schermo. Il teatro si fa ospite di mezzi artistici e comunicativi provenienti da linguaggi diversi, tutti straordinariamente intrecciati e  sovrapposti.

Siamo certamente davanti ad un teatro lontano dal tradizionale e tanto combattuto e dibattuto teatro d’attore italiano. La figura dell’attore perde quasi del tutto la sua connotazione, trasformandosi a pieno titolo in quella del performer. L’attenzione si sposta sui nuovi mezzi a cui il teatro può aprirsi, contaminandosi con le altre forme espressive. Tuttavia sta proprio qui il grande merito dell’Agrupacion Señor Serrano: creare uno spettacolo decisamente popolare in cui la risata la fa da padrona, in grado di arrivare ad un pubblico vasto (naturalmente quello disposto a non indignarsi davanti alle esplicite provocazioni) e di stare al passo con i tempi in una modernità non fine a se stessa. La multimedialità in Kingdom non è puro sfoggio di competenze tecniche, come troppo spesso accade. Non si tratta di cercare la teatralità in qualcosa di estraneo al teatro, ma di usare questa estraneità a proprio vantaggio: tutto è sfida, provocazione, moltiplicazione di specchi ironici.

Il cocktail pepato è riuscitissimo: non capita tutti i giorni che il pubblico applauda con vigore, si alzi, batta i piedi per terra, fischiando e urlando entusiasta come a un concerto rock.

Ada Turco

KINGDOM

di Àlex Serrano, Pau Palacios e Ferran Dordal
regia Àlex Serrano, Pau Palacios e Ferran Dordal

creazione Àlex Serrano, Pau Palacios e Ferran Dordal
performance Diego Anido, Pablo Rosal, Wang Ping-Hsiang, David Muñiz e Nico Roig
performerRabii Brahim, Tommaso Brugiapaglia, Nicholas Burello, Nicolò Caloiero, Alessandro Castagneri, Andrea Cerrato, Gianluca Gentiluomo, Michele Prudente, Jacopo Siccardi
musica
 Nico Roig
programmazione video David Muñiz
creazione video Vicenç Viaplana
spazio e modelli in scala Àlex Serrano e Silvia Delagneau
costumi Silvia Delagneau
design delle luci Cube.bz
coreografia Diego Anido
spazio sonoro Roger Costa Vendrell
supporto tecnico Sergio Roca
assistente alla regia Martín García Guirado
capo produzione Barbara Bloin
produttrice esecutiva Paula Sáenz de Viteri
distribuzione in Italia Ilaria Mancia
management Art Republic

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