Anche quest’anno Incanti torna ad animare la vita teatrale torinese. “Figure in viaggio” è il titolo di questa XXVI edizione del festival internazionale del teatro di figura.
Ad aprire questi sette giorni di Incanti, che vedono coinvolte compagnie canadesi, peruviane, spagnole, francesi, oltre che italiane, sono stati i Mummenschanz, compagnia svizzera che da oltre quarant’anni eccelle in questo tipo di teatro, nel quale l’attore non agisce allo scoperto, ma di nascosto, a orchestrare materiali e oggetti per dar vita a un mondo e a personaggi immaginifici.
Lo spettacolo – ahinoi non replicato – ha riscosso un meritatissimo successo di pubblico, registrando un tutto esaurito: era infatti stracolmo e calorosissimo il Teatro Astra.
Mummenschanz: la fortuna di mascherarsi, così dice il nome, fusione di due parole, una tedesca e una francese, ma i fortunati sono quelli che vi assistono al mascheramento, You&Me, il loro ultimo lavoro è una parentesi di due ore che ci regala una gioia genuina e infantile, quasi salvifica e assolutamente rigenerante in un’epoca oberata di parole, informazioni inutili e sollecitazioni senza tregua. Nel teatro dei Mummenschanz il silenzio trova uno spazio dove risuonare perché la colonna sonora dei loro lavori non prevede musica, solo materiali poveri, di scarto che generando il loro mondo fanno dei rumori lievissimi, così lo può spettatore comporre nella sua interiorità una musica, nata dal ritmo del collage degli sketch di You&Me.
È un teatro essenziale che non si concede il superfluo per donarci la perfezione di un gioco che fa della semplicità il suo fiore all’occhiello. Su fondale nero attori di nero vestiti, volto coperto, animano personaggi d’invenzione nati dai materiali di uso comune o da oggetti ripensati: così dei tubi giganti sono uomini che perdono la testa – un’enorme palla arancione – e con quella ci fanno giocare il pubblico, che si diverte a prenderla e rilanciarla sul palco. Un violino e una viola diventano volti con occhi e naso, e ancora, delle lettere gialle giganti, saltano, rimbalzano, si capovolgono, senza cercare di formare un significato, ma solo per il puro godimento di vedere delle figure del nostro quotidiano attraverso gli occhi della fantasia che abbiamo, noi adulti, sbarrato. Al di là del puro piacere visivo, nei molti numeri che formano questo spettacolo, s’intravede un tema conduttore: la relazione con l’alterità, la possibilità o l’impossibilità di comunicare, di essere compresi. Quello dei Mummenschanz è un teatro che ci parla fondamentalmente della ricchezza e della complessità dell’incontro.
Il connubio di forme, luce – la chiave di volta del teatro dei Mummenschanz – e colori è perfettamente armonizzato: i non più bambini che vi assisteranno non faranno fatica a comprendere che quella essenzialità è frutto di una dedizione totale al teatro. I Mummenschanz giocano, ma lo fanno con tanta cura e precisione, che viene in mente Maria Lai, quando diceva: “Giocavo con grande serietà, a un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte.” E qui, siamo di fronte ad arte di grande qualità.
Giuseppe Rabita