Mercoledì 29 gennaio 2020 la Lavanderia a Vapore di Collegno ha ospitato lo spettacolo Gonzago’s Rosedella compagnia Tardito/Rendina; uno spettacolo prodotto per la prima volta nel 1999 da Federica Tardito e Aldo Rendina che affronta il tema “dell’amore-non amore”, portato in scena quest’anno per i ragazzi delle superiori.
Sulle musiche di Bregovich, Prokofiev, Paolo Conte, Gino D’Auri, Lola Beltran e Mina siamo trascinati all’interno della vita di coppia di Gonzago e Rosalia. La storia fa intendere al pubblico che i due personaggi sono una coppia che vive insieme da parecchio tempo coltivando rose; ma poi ci rendiamo conto di essere all’interno di una storia di violenza.
Gonzago è lo stereotipo dell’uomo siciliano, il quale vede la donna come “Femme au Foyer”, colei che deve stare a casa, prendersi cura di tutto e amare il marito. Rosalia, invece, da un lato sembra accecata dall’amore arrivando al punto di perdonare le costanti violenze fisiche e psichiche che subisce dal compagno: “Ho sognato che mi facevi male”. Rosalia rispecchia l’immagine della donna fiore:
“I fiori sono deboli. Sono ingenui. Si rassicurano come possono”
Il Piccolo Principe, Cap. 7
Vediamo da entrambe le parti la paura di perdere l’altro, e, questo timore, porta a due atteggiamenti opposti: lui è un uomo insicuro, che per mostrare di essere forte, “Macho”, si comporta come un bruto con la moglie; Rose, per paura di stare sola, crede di non valere niente e di aver bisogno del marito, come la rosa ha bisogno della campana di vetro per difendersi dalle tigri.
Il teatrodanza porta in scena parole e gesti che ci fanno capire il rapporto tra i due personaggi: Rosalia vede il marito come un “squalo bello e snello”; Gonzago arriva al punto di usare sua moglie come tavola da surf; Rose si lascia trattare come una bambola nelle mani del suo burattinaio; o ancora, Gonzago è spesso seduto sulla sedia e inchioda la sua compagna al suolo, usandola come poggia-piedi e trascinandola in giro come se fosse un cagnolino.
Tardito/Rendina coinvolge il pubblico a dialogare con gli attori, rompendo il muro che separa palcoscenico e platea. In particolare il pubblico femminile diventa il motivo di gelosia di Rosalia: Gonzago la lascia sul placo come una statua adorna di fiori e scende per invitare alcune ragazze a seguirlo. La donna capisce che in fondo non ha più bisogno di lui e che può e deve farcela da sola. Quando Gonzago non la trova commenta “Rosalia torna! Mo’ torna, tanto torna sempre.” Rimasto solo, sente la necessità di trovare qualcun altro e lo cerca tra il pubblico chiudendo la scena con una danza.
Uno spettacolo che alterna momenti di comicità a momenti drammatici, dove il pubblico non è solo spettatore, ma anche partecipe della vicenda, e in base alle sue reazioni porterà gli attori a reagire in maniera diversa.
Interessante è stato il dibattito che è nato dopo lo spettacolo: il pubblico di ragazzi cercava di trovare una spiegazione per l’accaduto.
C’era chi ha incolpato Rosalia, dicendo che era lei a pretendere troppo: portarla al mare; farle massaggi; farle ombra; farle aria…. E Gonzago, giustamente, si è stancato dei suoi atteggiamenti e ha reagito di conseguenza, a volte esagerando.
Altri insistevano sul fatto che lei era alla continua ricerca di rassicurazioni e Gonzago gliele dava affinché lei continuasse a fidarsi di lui. Il bisogno di Rosalia era quello di vivere di nuovo la sensazione di “Luna di Miele”, ovvero il momento dell’innamoramento, quando si “sentono le farfalle allo stomaco” e tutto sembra magico; ma è un’illusione di pochi attimi e poi tutto crolla nuovamente nella violenza psicologica e fisica quotidiana.
Affascinante anche il racconto che mi è stato fornito dalla stessa Federica Tardito: lei e Aldo Rendina avevano in mente due spettacoli diversi; lei era più propensa per una storia puramente romantica, mentre lui aveva in mente tutt’altro. La tematica della violenza sulla donna non era parte del progetto originale, è nata nella fase di produzione mentre i due artisti cercavano di mettere in scena lo spettacolo.
Federica mi ha raccontato che nei vent’anni di collaborazione i personaggi si sono evoluti: Rosalia inizialmente era molto più succube nei confronti di Gonzago e spesso, mi ha detto: “Uscivo dalla scena con i lividi sulle braccia e mi arrabbiavo con Aldo dicendogli che doveva fare più piano.” Ma come abbiamo visto oggi, non è più così. Rosalia a volte fatica a non insultare e a non ribellarsi a Gonzago, ed è diventata più decisa nei suoi atteggiamenti contro il suo oppressore; mentre lui è meno violento. È come se in questi vent’anni di collaborazione i due interpreti avessero veramente vissuto la storia di Gonzago e Rosalia: piano piano lei sembra essersi emancipata dalla prigione in cui era rinchiusa e lui sembra aver capito di dover cambiare sé stesso per non perderla.
Un altro cambiamento che c’è stato negli anni, ha detto Federica, è la reazione del pubblico alla scena finale, quando Gonzago invita delle ragazze a salire sul palco, dopo che Rosalia lo ha lasciato: “Succedeva che spesso diverse donne salissero sul palco a ballare con lui, dimenticando quello che era successo fino a due minuti prima”. Oggi invece le persone non salgono sul palco con Gonzago, un po’ per imbarazzo, ma soprattutto perché si è più coscienti riguardo al tema della violenza sulle donne.
Il progetto per le scuole è iniziato da poco, prima era uno spettacolo per adulti, ma ora i due interpreti col loro lavoro cercano di rendere coscienti i ragazzi di quali siano i problemi della nostra società e come sia facile ritrovarsi in situazioni di violenza dove possiamo essere sia le vittime che i carnefici.
Creazione e interpretazione Federica Tardito e Aldo Rendina Musiche Bregovich, Prokofiev, Paolo Conte, Gino D’Auri, Lola Beltran e Mina Luci Sandro Carnino