“No, non conobbi mai l’invidia, mai! Di me chi avrebbe mai potuto dire che ero uno spregevole invidioso, un verme che si schiaccia sotto i piedi, un’impotente serpe che si ciba di polvere e di sabbia? Nessuno! Ed ora – lo confesso – invidio”. In queste parole, tratte dal breve dramma Mozart e Salieri di Puškin ed enunciate da uno dei personaggi, si racchiude probabilmente l’essenza di Livore, portato in scena alla Lavanderia a Vapore di Collegno dalla compagnia VicoQuartoMazzini. Lo spettacolo prende infatti spunto dall’ormai celebre rivalità fittizia tra i due compositori e, trasponendola ai giorni nostri, la utilizza come punto di partenza per esplorare il tema dell’invidia nel mondo contemporaneo. Non più quindi Mozart e Salieri, ma Amedeo e Antonio, due attori, uno di teatro sperimentale dai forti princìpi, l’altro già ampiamente inserito nella macchina della fiction e con una carriera in ascesa, anche grazie all’aiuto del suo agente e fidanzato Rosario. I due, entrambi coinvolti nella realizzazione di una serie tv su Mozart, si confrontano a casa di Antonio, nelle ore che precedono un’importante cena organizzata per lanciare definitivamente la carriera di quest’ultimo.
La scena è scarna, un perimetro bianco occupato solo da una pedana di legno al centro e pochi altri oggetti con cui i personaggi interagiscono, in particolare un coltello e due sacchetti di barbabietole, che nei momenti clou della rappresentazione fungono da mezzi per scandire la tensione crescente che si respira nell’aria, venendo fatte a pezzi e tingendo di rosso le mani degli attori. Amedeo si presenta a casa di Antonio senza preavviso, sotto la pioggia, vestito completamente di nero e con il volto coperto, proprio come la figura misteriosa che nel dramma di Puškin commissiona il requiem a Mozart. Lo stesso requiem gioca un ruolo importante nella rappresentazione, scandendo lo scorrere degli eventi con i protagonisti che, a turno, si posizionano sulla pedana al centro della scena e cantano passaggi della composizione per mezzo di un microfono che modifica loro la voce, forse a simboleggiare i cambiamenti che avvengono in loro.
L’elemento principale dello spettacolo, però, è sicuramente il rapporto tra i tre personaggi, e in questo si notano i punti meno riusciti della messa in scena, non tanto per la scrittura drammaturgica, quanto per il modo in cui gli attori hanno deciso di dare vita ai loro ruoli; per tutta la durata dell’opera i personaggi tendono a rimanere forse troppo uguali a sé stessi, quasi monotoni, con un Antonio sempre in preda al nervosismo dall’inizio alla fine e un Amedeo che rasenta la macchietta dell’artista enigmatico e tormentato. In tutto questo, probabilmente il personaggio più riuscito è quello di Rosario, l’unico di cui si riesce a percepire l’evoluzione che avviene nel corso della storia. La perplessità non riguarda le capacità attoriali degli interpreti, piuttosto la scelta di rappresentare così dei personaggi che sulla carta appaiono molto più complessi di quello che risultano allo spettatore in teatro.
Per quanto riguarda il tema centrale dell’invidia rappresentata da Mozart e Salieri, resta al termine l’ambiguità, probabilmente voluta, di chi rappresenti chi in questo gioco di rimandi, e soprattutto di chi sia il vero “Salieri” della situazione. È Amedeo, che osserva un collega meno bravo di lui ottenere il successo mentre la sua situazione è sempre più precaria? Molti elementi lascerebbero pensare che sia così, dalla sua entrata in scena che ricorda l’uomo misterioso di Puškin al più evidente fatto che il suo ruolo nella serie su Mozart sia proprio quello del compositore invidioso. Ma potrebbe anche darsi che sia Antonio, l’uomo di successo che vuole tenersi vicino il rivale per poterlo vedere più in basso di lui, ad essere il vero Salieri della storia. Lo spettacolo non dà risposte chiare e definitive, ma è proprio quello il punto. Forse c’è un po’ di Mozart e un po’ di Salieri in entrambi, così come in ogni artista.
Edoardo Perna
Uno spettacolo di VicoQuartoMazzini con Michele Altamura, Francesco d’Amore, Gabriele Paolocà drammaturgia Francesco d’Amore regia Michele Altamura, Gabriele Paolocà scene Enrico Corona, Alessandro Ratti luci Daniele Passeri tecnica Stefano Rolla management e distribuzione Theatron 2.0 ufficio stampa Maddalena Peluso produzione VicoQuartoMazzini, Gli scarti, Festival delle Colline Torinesi con il sostegno di Armunia eTeatri Associati di Napoli/ C.Re.A.Re Campania