PEACHUM. UN’OPERA DA TRE SOLDI – FAUSTO PARAVIDINO

Prosegue la tournée di Peachum. Un’opera da tre soldi, andato in scena dal 23 novembre al 5 dicembre 2021 presso il teatro Carignano di Torino. L’ultimo degli spettacoli scritti e diretti da Fausto Paravidino, in collaborazione con il Teatro stabile di Bolzano, che vede in scena Rocco Papaleo insieme ad attori provenienti da diverse scuole di recitazione d’Italia. L’obiettivo è rileggere in chiave moderna uno dei capolavori del secolo passato: L’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht, con musiche di Kurt Weill.

L’adattamento di un’opera è sempre un compito rischioso: tale operazione richiede una notevole capacità di comprensione e rielaborazione del testo di partenza. Tante sono le sfide che si presentano a chi decide di confrontarsi con un altro testo. L’originale sarà sempre utilizzato come un metro di paragone difficile da eguagliare e ancor più arduo da superare. In altre parole, approcciarsi a un’impresa del genere dimostra un coraggio ammirevole, misto a un po’ di sano masochismo. Eppure, a volte funziona.

Per Brecht è stato così. Il capolavoro del 1928 ha origine ben due secoli prima, quando nel 1728 Jhon Gay scrive The Beggar’s Opera: una delle primissime commedie musicali di tutti i tempi. Il lavoro di Brecht e Weill, dunque, è una rielaborazione della ballad opera di Gay, un tentativo ben riuscito di criticare la società a loro contemporanea sfruttando proprio i gusti discutibili del pubblico: quello che Brecht è solito chiamare “teatro gastronomico”. L’idea funziona, è pervasiva. Tanto che persino nel 2021 non è difficile imbattersi nella musica di Mack the Knife guardando un film su Netflix e a distanza di quasi cento anni si è sentita l’esigenza non solo di riallestire l’opera, ma di crearne una versione nuova in grado di stimolare una rinnovata critica alla società. Una società profondamente cambiata da un secolo lungo, tanto ricco di novità tecniche quanto di conflitti disastrosi, ma che in fondo è sempre la stessa.

Nasce così Peachum. Un’opera da tre soldi, che forse più che un adattamento in senso stretto, potrebbe essere un omaggio. Non solo a Brecht, ma a tutte quelle opere che trattano di conflitti umani senza tempo: tra nuove e vecchie generazioni, tra ricchi e poveri, tra poveri e poveri. Lotte di chi desidera il potere e di chi lo possiede e vuole mantenerlo. Storie di chi lotta per difendere l’amore o per distruggerlo. Perché le mode passano, ma certi temi non smettono mai di essere attuali. Così lo spettatore si reca a teatro, magari richiamato da un nome noto come quello di Rocco Papaleo nei panni del protagonista o dall’opera di Brecht, e si ritrova ad assistere allo sviluppo dell’amore improbabile tra il neo-nazista Mickey e l’ingenua Polly, figlia del re dei mercanti Peachum, nomi di chiara citazione brechtiana, ma che potrebbero essere tranquillamente sostituiti con Romeo e Giulietta. Una coppia di amanti avversati dalle stelle, vittime e carnefici di una rete di fraintendimenti e tradimenti in cui riecheggiano tanto la storia di Amleto quanto la trama di una comune fiaba popolare.

Poco importa che i nomi dei personaggi siano simili a quelli dell’opera del 1928. I cambiamenti sono tanti e profondi. Mackie Messer, il criminale dongiovanni che governa la scena nell’opera di Brecht diventa Mickey: un neo-nazista dal cuore tenero. Il nuovo protagonista è Peachum, disposto persino a commissionare l’uccisione di qualcuno pur di difendere i propri guadagni e il controllo sulla propria figlia. Non c’è spazio per l’umanità: a contare sono le apparenze e la produttività, più che i sentimenti. Inizia così una caccia all’uomo dal ritmo sostenuto, in cui i pensieri e la filosofia di vita dei personaggi vengono resi noti al pubblico con un’onestà tagliente e provocatoria, che lascia sbigottito lo spettatore di teatro colto.

Rimossi i veli dell’ipocrisia, vengono eliminati anche gli inganni scenici. I cambi dei personaggi con le varie maschere utilizzate sono a vista, così come visibili sono i mutamenti della scenografia e lo spostamento dei microfoni. Elementi che, assieme alle situazioni paradossali create e all’ilarità crescente dello spettacolo, mettono in pausa l’incanto narrativo, garantendo con delicatezza il distacco emotivo e critico degli spettatori, a suo tempo auspicato dallo stesso Brecht. Perché il potere in ultima istanza è del pubblico, il quale ha il compito di decidere chi merita il perdono e chi no.

Se classico è l’insieme dei temi trattati, non lo è invece l’uso della musica diegetica ed extra-diegetica. In questo spettacolo non si canta, se non per qualche nota accennata, la musica si parla. La musica punk-rock, spesso suonata dal vivo dagli stessi attori, si unisce alle parole urlate al microfono. L’insieme è una sorta di filastrocca moderna, che unisce il recitativo della commedia musicale d’origine con le forme dei comizi politici contemporanei. Interessante l’uso delle aste dei microfoni, grazie a cui gli attori assumono atteggiamenti tipici del front-man di una band, immagine ben diversa da quella degli interpreti delle musiche di Kurt Weill.

Altra novità rispetto all’opera di Brecht sono sicuramente i richiami alla cultura cinematografica e ai mezzi multimediali utilizzati nella messa in scena. Esempio questo, di quanto il teatro sia cambiato nel corso dell’ultimo secolo. Viene da chiedersi se l’utilizzo di questi linguaggi multiformi, di recente molto utilizzati anche dal teatro di ricerca, in realtà più che essere la nuova frontiera dell’innovazione non siano una nuova forma del teatro gastronomico criticato Brecht.

Peachum. Un’opera da tre soldi certamente non supererà il successo dell’opera di Brecht e Weill e non verrà ricordata come uno dei massimi capolavori del teatro contemporaneo, d’altronde non è neanche il motivo per cui questo adattamento è stato creato. Tuttavia, resta un buon punto di partenza per riflettere sull’attuale statuto del teatro e sui possibili sviluppi dello stesso, in un mondo dove l’intermedialità la fa da padrone.

Erica Marchese

Con Rocco Papaleo, Fausto Paravidino, Marianna Folli,  Romina Colbasso, Daniele Natali, Davide Lorino, Iris Fusetti,
Testo e regia Fausto Paravidino
Scene Laura Benzi
Costumi Sandra Cardini
Maschere Stefano Ciammitti, Arianna Ferrazin
Musiche Enrico Melozzi
Luci Gerardo Buzzanca
Video Opificio Ciclope                                                                                      

 Teatro Stabile di Bolzano / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

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