Portato in scena per la prima volta a Londra nel 1955, il Moby Dick di Orson Welles si rivelò essere molto più di una semplice riduzione per le scene del celebre romanzo di Melville. Il sottotitolo “Rehearsed” lasciava intendere fin da subito la sua natura espressamente teatrale: quello che il pubblico si trovava davanti all’aprirsi del sipario non era esattamente Moby Dick, ma una compagnia di attori che discute su come sia possibile mettere in scena un romanzo di tale portata nello spazio ristretto di un palcoscenico, e seguita a tentare nell’impresa. “È l’ultima pura gioia che il teatro mi abbia dato” ebbe a dire Welles dello spettacolo più avanti.
Da sempre interessato al testo, e incalzato ancor di più dalla sua recente pubblicazione in italiano, Elio De Capitani porta per la prima volta il Moby Dick alla prova (questa l’azzeccata traduzione del titolo originale) nei teatri del nostro paese, riprendendo il ruolo di regista e attore che fu di Welles.
L’approccio dello spettacolo è volutamente brechtiano: la scena è scarna, un palcoscenico vuoto con pochi oggetti di scena, tra cui spiccano una sedia da barbiere (che al principio dello spettacolo dovrebbe essere il trono di Re Lear e che più avanti fungerà da trono per il capitano Achab) e tre scale che, riposizionate nel corso della rappresentazione, saranno gli alberi della baleniera Pequod. La sfida che la compagnia si propone di affrontare non è semplice, ma incredibilmente stimolante: riuscire a far vedere la grande balena bianca al pubblico, anche se a conti fatti la balena non c’è. La messa in scena gioca volentieri sulle limitazioni imposte dalla scena spoglia, e all’inizio dello spettacolo il capocomico (interpretato dallo stesso De Capitani, che veste anche i panni di padre Mapple e di Achab) si rivolge al pubblico, chiedendo di rimediare alle mancanze dello spettacolo con la propria immaginazione. Nonostante questa premessa, di mancanze non se ne avverte quasi, e forse questa è la riprova che gli attori da soli, aiutati da un musicista in scena e da alcuni efficaci giochi di luce, sono perfettamente in grado di portare sulle tavole del palcoscenico l’oceano con tanto di navi e tempeste, facendo respirare al pubblico la stessa atmosfera marinaresca che si può respirare leggendo le pagine di Melville.
Non si tratta però solo di far rivivere una storia del passato. Per De Capitani, Moby Dick è un soggetto estremamente attuale: “Questo testo parla di noi, oggi” scrive nel programma di sala. Nell’incontro per Retroscena avvenuto il 9 febbraio al teatro Gobetti di Torino, il regista ha parlato di come il romanzo di Melville abbia un taglio fortemente ecologista, tant’è che l’attrice Cristina Crippa ha insistito per inserire nello spettacolo un brano, non presente nel testo di Welles, in cui l’autore del romanzo descrive accuratamente il comportamento umano dei capodogli a cui aveva assistito di persona nei suoi viaggi in mare. Oltre alla tematica ambientalista, si parla poi anche del potere pericoloso del carisma, incarnato nella figura di Achab, terrificante e patetica, inseguita dalle sue ossessioni, che nello spettacolo fa rivivere il meglio e il peggio delle grandi figure della storia, da Lincoln a Hitler, facendo leva sulla natura umana a spingersi sempre oltre, per quanti pericoli mortali quell’oltre possa portare con sé. “Altro che trenta uomini, siamo una cosa sola”- dice Ishmael, il narratore (interpretato da Angelo di Genio) – “tutti a rincorrere ciò che potrebbe distruggerci”. Per De Capitani non c’è dubbio, Welles, attraverso Melville, ci parla, ci avverte del pericolo che corre ogni essere umano: venire trascinato dalla propria volontà verso il suo sicuro annientamento.
Dietro le parole degli attori, la balena si vede eccome.
Edoardo Perna
di Orson Welles
Adattato – prevalentemente in versi sciolti – dal romanzo di Herman Melville
traduzione Cristina Viti
uno spettacolo di Elio De Capitani
con Ferdinando Bruni
maschere Marco Bonadei
musiche dal vivo Mario Arcari e Francesca Breschi
luci Michele Ceglia, suono Gianfranco Turco
con Elio De Capitani
Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Viana, Vincenzo Zampa
assistente regia Alessandro Frigerio
assistente scene Roberta Monopoli
assistente costumi Elena Rossi
una coproduzione Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale