Sono le declinazioni del movimento e della postura, gli elementi su cui Giuseppe Muscarello vuole indagare nel suo lavoro “I PUPI – Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori…”
È andato in scena domenica 9 ottobre alla Lavanderia a Vapore di Collegno, nell’ambito del Festival Incanti, rassegna internazionale di teatro di figura. Il lavoro è stato seguito da un breve momento di confronto col pubblico. Muscarello, in questa sua coreografia, partendo dalla grammatica dei pupi siciliani di scuola palermitana, esplora il movimento in relazione al codice dello spazio. Il confine tra cavalleria e passione, tra il lottare e l’amare, sono il fulcro su cui si dipanano i dinamici quadri costruiti dai quattro performer presenti in scena.
Il progetto è nato attraverso un’osservazione di quello che è l’ampio universo dell’epica cavalleresca. Salpando dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, è giunto ad una scrittura più ironica, qual è quella di Ludovico Ariosto nell’opera Orlando Furioso. E ciò appare chiaro sin dai primi minuti dello spettacolo. Una voce fuoricampo inizia pian piano a recitare i versi dell’Ariosto, per essere poi seguita da un’altra voce. Si viene così a creare una struttura contrappuntistica, dove i gesti si fanno più sostenuti, rimanendo all’interno di un movimento sobrio, contenuto. Un crescendo graduale, che rievoca sempre più l’immaginario dell’opera dei pupi. La voce graffiata del puparo che guida, attraverso la narrazione, l’azione. Questo processo viene messo in atto, soprattutto, dai costumi.
I quattro danzatori indossano dei pantaloni e delle magliette, entrambi gli indumenti di colore nero. Ognuno di essi è però corredato da piumaggi di differenti gradazioni. Dal rosso delle piume di Orlando al verde di quelle di Rinaldo, ciascuno, attraverso quest’inserimento, percorre in maniera più ampia un cammino verso un approccio alla struttura e al modo di essere del pupo. Muscarello non fa che iniziare da un processo di disantropomorfizzazione del corpo, volto a continuare, una volta perso quel carattere umano, nella direzione di una “pupo-morfizzazione”. Acquisire quei movimenti caratteristici e fondanti del pupo siciliano. Naturalmente il concetto di pupo, a cui si accosta l’ideatore della performance, è relativamente ricco e complesso, lontano da un modello di tecnica pre-costruita. Ogni danzatore-performer viene posto davanti all’esigenza di creare un proprio pupo, mettere in risalto una determinata caratteristica del proprio personaggio. Tutto questo si fonda su di una base d’appoggio ben più articolata, che vede lo spazio e la relazione come due elementi fondanti oltre che fondamentali. Il pupo ha bisogno, per muoversi, per stare in equilibrio, di conoscere il rapporto tra sospensione e scarico del peso. La staticità dei corpi si trasforma in un intricato dinamismo che un puparo possiede come elemento propulsore, anche se non lo vediamo in scena, ma lo possiamo solamente immaginare.
L’iniziale dimensione narrativa lascia il passo alla ricerca del personaggio, attraverso proprie tracce ideali. Il lavoro di abbandono delle caratteristiche umane si veste sempre più degli elementi basilari che permettono i movimenti al pupo. I danzatori entrano in scena con una completa e acquisita coscienza di essere pupi. I movimenti che attuano sono permessi da un supporto invisibile che li sorregge dal capo. Proprio come avviene nei pupi siciliani che vengono sorretti da un’asta metallica agganciata alla testa del pupo. Lavorare sul corpo significa, per l’ideatore, esplorare ogni capacità creativa ed espressiva dei performer. Il corpo come scrigno da cui far emergere un metalinguaggio che metta in relazione artista, danzatore e pubblico. Un rapporto empatico e complice che permette di entrare in stretta relazione con un percorso che sviluppa profonde relazioni con l’altro.
I danzatori-pupi entrano, man mano che l’azione cresce, all’interno dello scontro. Un legame di lotta tra rivali, esaltato da una scansione prodotta da delle canne-spade che, mosse dai performer, lavorano su di un ritmo costante e controllato. Il battito sembrerebbe rievocare lo zoccolo che indossa il puparo durante le rappresentazioni e che serve a dare il tempo alla scena. L’azione, nel suo momento di apice drammaturgico, si intarsia di un elemento riconducibile alla cultura pop. Un tappeto luminoso è proiettato sul palco, si scorgono, attraverso la lenta dissolvenza in apertura, le ripetute scritte “Angelica + Medoro” racchiuse all’interno di cuori. Si amplifica così, attraverso un climax dinamico, la disperazione di Orlando. Sembra anche prendere coscienza della sua condizione di pupo. La pazzia di Orlando si espleta nella nudità del danzatore, nella sua completa perdita del costume. Rimane solo il copricapo a ricordare la sua condizione di pupo-performer.
Lo spettacolo si conclude con una contemplazione delle maschere da parte dei danzatori. Ognuno, deposto a terra il proprio piumaggio identificativo e la canna-spada, si allontana, riappropriandosi di quella gestualità antropomorfa che aveva abbandonato per essere pupo. Sul fondale fa la sua lenta comparsa una luna con un occhio accecato da un’ampolla da cui cadono delle gocce. L’immagine vuole ancora una volta riferirsi ad un modello culturale pop, ovvero la luna di Giorges Melies nel film Le voyage dans la Lune, 1902. Quest’ultima immagine lascia intendere un’incognita, che lo spettatore si porterà fuori dalla sala: “Riuscirà Orlando a riacquisire il senno? Ci sarà un Astolfo che, a cavallo di un ippogrifo, recupererà il suo senno perso?”
Ebbene, questo lavoro racconta molto di quello che è Giuseppe Muscarello, delle sue radici palermitane, del suo rapporto con i pupi, ma non solo. Esprime la sua volontà di ricerca del movimento e di come questo si sviluppi dialetticamente in relazione allo spazio e al gesto.
Un ironico e fresco sguardo sul corpo. Una riflessione profonda che parte da una matrice culturale fortemente identificativa. Un lavoro che apre spazi, che suscita e crea immagini che necessitavano di essere esplorate.
Michele Pecorino
ideazione, regia e coreografia Giuseppe Muscarello
con Marina Bertoni, Daniele Bianco, Mara Capirci, Michael Incarbone
musiche originali Pino Basile
disegno luci Danila Blasi
costumi Dora Argento
consulenza drammaturgica Valeria Vannucci
produzione Pindoc
coproduzione Muxarte, Rosa Shocking/Festival Tendance, Museo Internazionale Delle Marionette Antonio Pasqualino
con il sostegno di MiC Ministero della Cultura | Regione Sicilia
in collaborazione con Piemonte dal Vivo – Lavanderia a Vapore, Festival Fabbrica Europa, Teatri di Vetro