DIARIO DI UN DOLORE – FRANCESCO ALBERICI

“Nessuno mi aveva mai detto che il dolore assomiglia tanto alla paura. Non che io abbia paura: la somiglianza è fisica.                     Gli stessi sobbalzi nello stomaco, la stessa irrequietezza, gli sbadigli. Inghiotto in continuazione”

Lo spettacolo Diario di un dolore, che ha debuttato nel 2020 al Romaeuropa Festival, è stato messo in scena, in occasione del Festival delle Colline Torinesi, venerdì 21 e sabato 22 ottobre all’Off topic. Francesco Alberici e Astrid Casali accolgono gli spettatori con vino e grissini che, nel corso dello spettacolo, si capirà essere stati offerti anche dopo il funerale del padre dell’attrice, morto di tumore quando lei aveva diciassette anni. 

In sala i due attori chiacchierano con il pubblico, riempiendo ancora i bicchieri a chi volesse e all’improvviso richiamano l’attenzione, spostandosi verso il centro del palco ancora con i bicchieri in mano. Iniziano a parlare di come vada scritto un inizio di spettacolo perché risulti efficace.                                                                                                                              Le luci di sala rimangono accese quasi per tutto il tempo, spegnendosi solo nella scena finale. Contribuiscono così a creare un’atmosfera di intima confidenza, nella quale gli attori intrattengono con il pubblico quella che apparentemente è una semplice conversazione. 

L’ispirazione per il progetto Diario di un dolore, come dice Alberici stesso nello spettacolo,  è l’omonimo libro di C.S. Lewis. L’autore perde la moglie per un tumore poco tempo dopo il loro matrimonio e nelle settimane successive alla sua morte annota e descrive il proprio dolore su quattro quaderni vuoti, che aveva in casa, nei quali ragiona sull’evoluzione del lutto, che passa attraverso quattro stadi: dolore, rabbia, rassegnazione e presa di coscienza. Proprio come il libro, anche questo spettacolo è suddiviso in quattro parti, in ognuna delle quali è presente una diversa rappresentazione del dolore.

In scena non ci sono personaggi. Il dolore rappresentato è autobiografico, eppure ci troviamo di fronte al grande paradosso del teatro: le parole degli attori e il loro dolore, sebbene abbiano un’origine autentica, sono controllati dal regista e provati molte volte prima di andare in scena, diventando un mero gioco di finzione.          Gli attori in scena ci mostrano i trucchi del mestiere: Astrid, in seguito a una richiesta di Alberici, imita il pianto disperato di un bambino e confessa di aver sempre finto anche quando era piccola, perfino davanti ai medici che la visitavano. O ancora, in seguito, finge più volte di battere la testa su un tavolo di legno presente in scena, mostrandoci una reazione sempre diversa a fronte del dolore provato. 

Il primo quaderno inizia accompagnato dalle note di Disorder dei Joy Division (Joy era proprio il nome della moglie defunta di Lewis).  Francesco Alberici spiega la presenza dell’immagine sullo sfondo: è l’autoritratto di Franz Ecke, uno dei fondatori di Frigidaire, una rivista degli anni 70. Nel suo volto coperto di bende, Alberici rivede se stesso e il suo dolore. Questa stampa è forse l’unico elemento biografico che l’attore/regista inserisce nello spettacolo, dominato, invece, dalla narrazione della storia di Casali perché, afferma chiaramente: “Non ho una storia all’altezza del mio dolore”.

La storia dell’autoritratto e della morte del padre di lei si intrecciano nel corso dello spettacolo.                                                                                                  Casali racconta di essere nata nel mondo del teatro: entrambi i suoi genitori erano attori e suo padre aveva deciso che il suo funerale si sarebbe dovuto tenere in quel luogo e che sarebbe stata per tutti una grande festa: non era concesso piangere.                                                               Non sappiamo quanto ci sia di vero in questa storia, ma, come dice Alberici, “È una bella storia e sono molto contento che me l’abbiano raccontata”.             

                                                                                         

Citando le Tre sorelle di Cechov, l’attrice suggerisce al pubblico una riflessione: Perché ricordare un lutto?                                                                          Astrid ripercorre il suo dolore e lo rivive sul palco ad ogni replica, condividendolo, mettendolo in scena per esorcizzarlo, tentando di fare come C.S. Lewis con il suo diario.                                                                                    Prova, dunque, a fare sulla scena ciò che non è riuscita a fare dodici anni prima: prendersi del tempo per sé, per rielaborare il lutto e analizzare il proprio dolore, rivivendo il momento in cui le hanno comunicato la morte del padre.

È su questa scena che si conclude lo spettacolo. L’attrice dà il via al regista, le luci di sala si spengono e un faretto illumina il suo volto piangente e poi esce di scena. 

Francesca Paolazzo

Un progetto di Francesco Alberici                                                                                      Con la collaborazione di Astrid Casali, Ettore Iurilli, Enrico Baraldi Interpreti Astrid Casali, Francesco Alberici                                                    Produzione Gli Scarti / TPE- Teatro Piemonte Europa

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