L’estetica della Violenza
Sabato 29 e domenica 30 ottobre 2022 lo spettacolo BROS di Romeo Castellucci è andato in scena presso Le Fonderie Limone di Moncalieri, in occasione della 27esima edizione del Festival delle Colline.
I protagonisti di questo spettacolo sono i civili: chiamati come figuranti a vestire i panni di un nutrito gruppo di poliziotti e ad eseguire pedestremente gli ordini ricevuti in scena tramite un auricolare.
Già dall’entrata in sala, gli spettatori si ritrovano immersi in un’atmosfera cupa, complici la scenografia dai toni scuri, la nebbia causata dal ghiaccio secco, i rumorosi macchinari in scena, che sembrano spiare e minacciare al contempo chiunque si trovi nel loro raggio d’azione, e le maschere, che consigliano caldamente di indossare dei tappi per le orecchie, visti i forti stimoli sonori a cui si viene sottoposti nel corso della rappresentazione.
Tuttavia, l’effetto degli stimoli acustici dipende molto dal teatro e dal posto in cui si è seduti. Tendenzialmente, maggiore è la vicinanza al palco e maggiore sarà il bisogno di ricorrere ai tappi, con un notevole impatto emotivo sullo spettatore. L’elemento sonoro, difatti, è probabilmente il più riuscito dello spettacolo, assordante e di grandissimo impatto. Esprime la violenza investendo lo spettatore: privandolo del senso dell’orientamento e della facoltà di pensiero, offuscando la mente con suoni assordanti e rendendo il pubblico completamente assoggettato a essi. Proprio come insegnano i meccanismi su cui si basano i film horror, tramite l’immagine sonora la violenza riesce a procurare terrore, creando alte aspettative per lo sviluppo della storia che, tuttavia, dopo i primi spari a salve non verranno mai concretizzate realmente. Il climax viene stroncato a un passo dalla vetta.
Proprio per questo motivo, ci si può chiedere quale sia il motivo della scelta di distribuire i tappi per le orecchie. Se l’intento è quello di disturbare lo spettatore per portarlo in una dimensione di fastidio, stanchezza mentale e quasi dolore fisico perché fornire una via di fuga? Per paura di scuotere troppo il pubblico o di non piacere?
Meno influenzato dalla disposizione degli spettatori, invece, è l’effetto delle scene corali a cui si assiste. I movimenti e gli spostamenti dei figuranti funzionano come un ingranaggio ad incastro, riuscendo in alcuni momenti a colpire efficacemente la sensibilità dello spettatore. Antico e moderno si mescolano in un viaggio fatto di immagini e suggestioni, che partono dalla genesi biblica fino ad arrivare ai giorni nostri. L’effetto complessivo è quello di un mondo senza tempo, composto da una curiosa pluralità linguistica, sebbene non sempre del tutto comprensibile, nonché dall’utilizzo di tableaux vivants, con riferimenti a quadri più o meno noti, foto giganti, movimenti coreografici e momenti di posa in attesa del flash di una macchina fotografica.
Immagini che però in parecchi casi rischiano di creare confusione negli spettatori. Castellucci, nell’incontro organizzato dal Festival con Sergio Ariotti, ha ribadito di essere convinto che non debba esserci una motivazione precisa o un significato nascosto per poter mettere in scena un’immagine o una scena, ma che stia poi allo spettatore capire quello che esso desidera intendere, senza una guida da parte del regista. Questo però è in contrasto con il fatto che è impossibile non comunicare e, soprattutto, che l’uomo per natura cerca di leggere dei significati in ogni segno che incontra. Per cui è impossibile che il regista non abbia idea di ciò che voglia dire, dato che nel momento in cui si comunica, si sta già compiendo una scelta, selezionando una porzione di realtà, e quindi proponendo un punto di vista.
Per esempio, la linea stilistica ed estetica dello spettacolo appare ben delineata e coerente: le immagini sono crude e fredde e lo spettatore non può che affrontarle in modo inerme, anche nei momenti più crudeli, in cui si assiste alla violenza ingiustificata e implacabile nei confronti di vittime innocenti. Proprio questo riferimento all’innocenza, associato alla purezza del colore bianco, con elementi simbolici quali il latte e l’agnello, si ricollega al legame con l’infanzia, ricorrente nei lavori di Castellucci e presente anche in questo spettacolo. Nel complesso, partecipare a questo lavoro è come sfogliare un raccoglitore di immagini e assistere impotentemente alla rappresentazione di eventi, per lo più traumatici, che non possono essere impediti o cancellati. La violenza raccontata viene solo descritta e mai commentata, sprecando così un’opportunità di usare l’arte per denunciare la barbarie politica e di far riflettere su temi sempre più urgenti per il mondo contemporaneo. La violenza rappresentata, inoltre, non si spinge mai oltre ciò a cui siamo già abituati da tempo. Ormai è nel quotidiano di tutti assistere a scene splatter o di maltrattamento, ascoltare notizie di femminicidi e di violenze di altro genere. Per questo motivo dispiace che la parte visiva proposta da Castellucci, sebbene in alcune occasioni riesca nel suo intento di colpire allo stomaco, scuotendo non poco gli animi delle persone in sala, in altre, si limiti a raccontare qualcosa in fondo di già introiettato, senza proporre il punto di vista critico che ci si auspicherebbe da uno spettacolo dalle premesse tanto alte.
Erica Marchese
Erica Argiolu
scritto e diretto da Romeo Castellucci
musica Scott Gibbons
con Valer Dellakeza
e con gli agenti Luca Nava, Sergio Scarlatella
e con uomini dalla strada
collaborazione alla drammaturgia Piersandra Di matteo
assistenti alla regia Silvano Voltolina, Filippo Ferraresi
scrittura degli stendardi Claudia Castellucci
Societas in co-produzione con Kunsten Festival des Arts Brussels,
Printemps des Comédiens Montpellier 2021, LAC Lugano Arte Cultura;
Maillon Théâtre de Strasbourg – Scène Européenne, Temporada Alta 2021,
Manège-Maubeuge Scène nationale, Le Phénix Scène nationale Pôle européen de création Valenciennes,
MC93 Maison de la Culture de Seine-Saint-Denis;
Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale,
Ruhrfestspiele Recklinghausen, holland Festival Amsterdam,
Triennale Milano Teatro, National Taichung Theater, Taiwan
Una collaborazione Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale,
TPE Teatro Piemonte Europa / Festival delle Colline Torinesi