È la sera del 28 aprile 2023. Sotto le fronde degli alberi, che adornano a tratti le strade che si stagliano tra gli spazi dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, capannelli di spettatori attendono di poter accedere allo Spazio Tre Navate. In programma la prima siciliana di Lazarus Serial Version Indoor edition, il lavoro firmato dal coreografo Giulio De Leo e facente parte del ricco calendario del Festival Conformazioni 2023. I convenevoli tra gli astanti in attesa si susseguono, fin quando le porte del teatro non si aprono.
Lo spazio tre Navate si rivela in tutta la sua nudità: nessuna quinta è presente, anche il fondale è mancante. A circoscrivere la scena soltanto le pareti inframmezzate da qualche elemento architettonico. L’area dove agiranno le danzatrici, per l’intera performance, è ricoperta da un tappeto nero. Su di esso sono disposti sette ampi tavolati lignei dal colore scuro. Uno si trova in posizione centrale mentre gli altri sei lo attorniano formando un confine romboidale.
Sui tavoli, sdraiate supine, danzatrici vestite con abiti di lino. Al centro Erika Guastamacchia, interprete principale. Attorno a lei sei danzatrici palermitane dalla variegata formazione artistica: Alice Caruso, Chiara Chiavetta, Costanza Hardouin, Rossella Letizia, Manuela Tuzzolino e Simona Virga. Le differenti gradazioni di tanno dei costumi, sotto le fredde luci che di taglio illuminano la scena, donano alla composizione un effetto cangiante. I corpi delle danzatrici sono immobili, come catturati da un sonno apparente. Le gambe sono rilassate. Le braccia, adagiate lungo i fianchi, sono prive di ogni tensione muscolare. Le palpebre sono chiuse.
Dopo poco si vedono i toraci delle performers gonfiarsi in respiri cadenzati e sempre più ampi. Il movimento diaframmatico di ognuna produce una risonanza che, istante dopo istante, si trasferisce lungo i corpi distesi. Insieme alla partitura sonora dal flebile ritmo, un ronzio proveniente dalla cima della gradinata: un drone si sta levando in volo. L’apparecchio raggiunge la scena sorvolando prima gli spettatori. Lo spostamento d’aria prodotto dal roteare delle eliche lambisce i corpi dei presenti. Raggiunta la scena, il drone incomincia a seguire i piccoli movimenti delle danzatrici e mediante una telecamera li cattura. In contemporanea sulla parete di fondo, caratterizzata da un bugnato rustico, le immagini riprese vengono proiettate.
Si accede ad una doppia prospettiva: lo spettatore, pur mantenendo una formale frontalità, si immerge nella scena. L’occhio entra in un loop; l’attenzione rimbalza continuamente dalla proiezione delle immagini ai corpi fisici. Si crea una dicotomia della visione, una lotta in continuum tra sguardo e cecità. Le danzatrici gradualmente compiono movimenti più ampi staccandosi dai tavoli. Le schiene si inarcano, le braccia si contraggono e si distendono in rapida successione, le gambe si sollevano, i bacini sconfiggono la gravità che li àncora sulle pedane. Come se stessero riemergendo da profondità marine, le membra riacquistano vitalità.
Ogni gesto che compiono modifica l’andamento del corpo. Il drone, idealmente entità trascendente, col suo ronzio agisce sui corpi riportandoli in vita. Il volteggiare dell’apparecchio si fa danza. Immediato il rimando all’episodio evangelico della risurrezione di Lazzaro, in cui il lavoro affonda le sue radici. Una dopo l’altra le performers abbandonano i tavoli per poggiare i piedi in terra. La musica va sfumando quando si dispongono frontalmente rispetto al pubblico, ognuna restando accanto al proprio tavolato ligneo. Il drone si ferma davanti al volto di Erika Guastamacchia, sul fondo la proiezione delle sue palpebre che lentamente si dischiudono. A piccoli passi e ad occhi aperti, ormai ridestate dal sonno, le sette procedono verso la platea. Fermandosi a pochi centimetri da questa la scrutano, attraverso le pupille sfiorano ogni presente per poi rapidamente uscire di scena.
Lazarus serial version indoor edition è l’ultimo tassello di un’ampia progettualità che vede i suoi albori nel 2020, in pieno periodo pandemico. Ad ospitare i natali del lavoro il Museo Del Libro – Casa della Cultura del paese di Ruvo di Puglia. È su un tavolo del museo sopracitato che Giulio De Leo lavora alla creazione di Lazarus in stretta collaborazione con Erika Guastamacchia, storica danzatrice della compagnia Menhir. I due compiono una primaria esplorazione partendo dagli elementi fondamentali che stanno alle basi del movimento. Lazarus riflette sulle capacità rigenerative che il movimento è capace di attuare sul corpo.
La necessità di ragionare su questo non scaturisce soltanto dalle immagini ricorrenti durante la pandemia di corpi adagiati su letti d’ospedale, ma anche da un evento che ha riguardato da vicino l’interprete principale. Infatti, Erika Guastamacchia a seguito di un infortunio è stata costretta ad allontanarsi dalle sue consuete attività. La costrizione dovuta al riposo forzato non ha spento il suo costante bisogno di movimento. Per lei la danza, agita attraverso movimenti fondamentali, è divenuta in quel momento pratica di cura e rinascita. Questo è il substrato da cui Lazarus trae la sua linfa vitale.
Il cammino di Lazarus è stato caratterizzato da evoluzioni e da molteplici attraversamenti da parte di pubblici e interpreti differenti. Il lavoro, originariamente era in forma di solo e per spazi esterni o non convenzionali, come gallerie e musei. In occasione dell Hangartfest 2022 di Pesaro ha assunto una nuova struttura modulare. Ad oggi la serial Version ha un numero di interpreti variabile in base alle comunità con cui entra in contatto. I danzatori, professionisti o amatori che siano, vengono portati in scena dopo un intenso laboratorio che si sviluppa in quattro giorni. Ciò è avvenuto anche a Palermo in occasione di Conformazioni. La performance crea attorno a sé una comunità di performers che prendono parte in maniera diretta all’azione, ma anche una comunità di pubblico che si stringe a vegliare sulla scena. Lazarus porta con sé una fitta memoria di corpi, esperienze, movimenti e sensazioni che attraversandolo lo hanno arricchito. Nella versione indoor, sperimentata per la prima volta al Teatro Sociale di Fossano, il progetto si concentra in maniera approfondita sul concetto del rinascere. I corpi entrano in stretto contatto con la luce e con l’alterità rappresentata dal drone.
Michele Pecorino
Progetto e coreografia Giulio De Leo
interpretazione e collaborazione artistica Erika Guastamacchia
con Alice Caruso, Chiara Chiavetta, Costanza Hardouin, Rossella Letizia, Manuela Tuzzolino, Simona Virga
musiche Moby
direzione tecnica e light design Antonio Longo
tecnico drone Paolo Napoletano
produzione esecutiva Associazione Culturale Menhir
coproduzione versione outdoor HangartFest 2022 di Pesaro
coproduzione versione indoor Teatro Pubblico Pugliese nell’ambito del progetto “Hermes – Heritage Rehabilitation as Multiplier cultural Empowerment with in Social contest” Programma Interreg V-A Greece Italy 2014 – 2020
durata 30’