SCIARA GENESI – SALVATORE ROMANIA & LAURA ODIERNA; ROSSO – DANILO SMEDILE
«Pure, durante le belle notti d’estate, le stelle splendevano lucenti anche sulla sciàra, e la campagna circostante era nera anch’essa, come la lava» Giovanni Verga, Rosso Malpelo, Tutte le novelle, Torino, Einaudi, 2015
Gli spirti umidi e frizzanti di una primavera ancora agli albori hanno avvolto la serata finale della settima edizione del Festival Conformazioni che quest’anno ha ammaliato Palermo dal 21 al 30 aprile 2023. A concludere la Kermesse di danza contemporanea, diretta dal Coreografo e danzatore Giuseppe Muscarello, due lavori imperniati su un rapporto intimo con il territorio di provenienza: la Sicilia. A fare da sfondo è lo Spazio Franco presso i Cantieri Culturali alla Zisa.
Il primo spettacolo in programma è Sciara (Genesi), della compagnia Petranuradanza con le coreografie di Salvatore Romania e Laura Odierna. La versione presentata nella cornice Palermitana è un quadro ridotto del ben più articolato e completo Sciara. In scena, oltre allo stesso autore (Salvatore Romania), il danzatore Francesco Bax. I due indossano delle maschere monocromatiche dalle sfumature terrigne. Le gote rugose delle bautte si protendono verso pronunciate orecchie a punta. Le cavità oculari sono dei profondi incavi neri. La mimica facciale confluisce nell’unica parte del volto non celata: La bocca. Le labbra vengono serrate, si distaccano, si muovono fino a comporre risi sardonici. L’impressione è quella di trovarsi di fronte a due esseri grotteschi e demoniaci. Le maschere, di manifattura artigianale, sono opera dello stesso Salvatore Romania, che per la realizzazione ha preso spunto da quelle utilizzate durante i riti della Settimana Santa in un comune del Messinese.
I due personaggi avanzano a passi brevi e concitati lungo una diagonale immaginaria che percorre la scena dall’angolo destro di fondo a quello sinistro di proscenio. Sotto un disegno luci che dona un elaborato contrasto, gattonano, strisciano, a scatti e con le schiene curve si protendono in avanti. In contemporanea all’evolversi del movimento rattrappito e pesante, i performers srotolano parole in rapida sequenza formando delle frasi di senso compiuto:
“I topi arrivano dal mare, con il coltello in bocca. Rubano, stuprano, ammazzano, ci tolgono il lavoro. Sono piccoli, sporchi, brutti e cattivi. … Ne arrivano in tanti, il mare ne è colmo, e li rigurgita sui nostri porti. I porti! Sì ecco, chiudiamo i nostri porti, non li facciamo entrare. Bisogna organizzarsi, Controlli! Leggi! Trappole! Sì, trappole per topi! Ecco cosa ci vorrebbe”
I fonemi sono graffianti, pesanti, le bocche dei danzatori si socchiudono in afflati ghignanti. Le massime sono un esplicito rimando a quelle che sovente venivano pronunciate nei confronti degli emigranti italiani che sbarcavano a Ellis Island in cerca di una vita più giusta e fortunata. Non manca però il collegamento con il contemporaneo, con ciò che oggi avviene sulle coste del meridione italiano. I due canticchiano l’inno americano fin quando non abbandonano le maschere sulla scena . I volti al naturale, come ripuliti dal fango da cui erano ricoperti, appaiono per quello che sono realmente. Un brevissimo momento di stasi precede le ultime parole che Salvatore Romania pronuncia: “ […] Qui, ora, io, reclamo la mia libertà”.
I corpi, lentamente si liberano in una danza mutevole. Gli interpreti, spogliandosi della drammatica pesantezza di cui erano vestiti, si immergono in una terra arida e inospitale. A circondarli il nero, metafora della sciara, (accumuli rocciosi di origine vulcanica). I loro corpi, ora in coppia, ora in singolo reclamano, in mezzo ad un terreno sterile, una profonda libertà. Le sfumature cangianti del movimento accelerano, rallentano, si fondono incontrandosi armonicamente. Salvatore Romania e Francesco Bax si concedono un’ebbrezza istintiva che li porta ad esplorare lo spazio. Emergono dalle viscere profonde per scoprirsi complici di fronte ad un manifestarsi poetico e misterioso. Le loro presenze, parte di un flusso magmatico, sconfiggono ogni vincolo spazio-temporale. La scrittura coreografica di Romania e Odierna, nel suo essere estremamente evocativa e delicata, conduce gli spettatori in un viaggio che dalla nuda terra li porta a riemergere in superficie.
La serata, dopo un rapido momento di pausa, ha trovato la sua prosecuzione ancora all’interno dello Spazio Franco con Rosso di e con Danilo Smedile. Il lavoro, nato nel 2022 per un contesto urbano e soltanto per l’occasione siciliana eseguito all’interno di un teatro, si ispira alla novella Rosso Malpelo di Giovanni Verga. Anche il giovane e promettente autore con il suo spettacolo percorre il solco tracciato dalla cultura di provenienza. In contemporanea si discosta da questa rifuggendo da ogni intento meramente narrativo. La sua intenzione, infatti, non è quella di raccontare la vicenda verghiana ma di tradurre, attraverso il movimento, una riemersione: il suo personale riemergere. Mediante dei minimali ed estremamente significativi elementi, Danilo Smedile rende sulle tavole del palco il distacco, la dispersione, il fastidio del suo Rosso.
La scena è completamente spoglia: un involucro interamente nero in cui un fascio di luce taglia diagonalmente la scena. A terra il performer, vestito con abiti dalle calde tonalità rosso Baltimora, protende il braccio sinistro in direzione della fonte luminosa. Le dita della mano si allargano, si distendono verso il raggio mentre sul suo volto si insinua l’ombra frastagliata dell’arto. La lama di luce cela in sé una dicotomia: nello stesso momento rappresenta speranza e fastidio. I movimenti si iscrivono in uno spazio sonoro avvolto dalle sperimentali percussioni di Work for a Percussion di John Cage. Il ritmo e i movimenti acquistano dinamicità. Il senso di inadeguatezza e la sensazione di restrizione crescono fino a saturare la sala. Le luci mutano gradualmente muovendo la visione dello spettatore verso spazi altri. Immediatamente un istinto di sopravvivenza conduce il performer attraverso una fuga confusa. Una lotta intestina attanaglia il suo corpo. Questo si dibatte cercando di uscire dallo spazio angusto e spossante in cui è immerso. Delle luci poste su entrambi i lati del palco illuminano la scena di taglio. L’interprete, mai pienamente in luce, si veste così di una plasticità caravaggesca. Il suo Malpelo sembrerebbe scavare tra la rena rossa alla ricerca di qualcosa che lo possa salvare dai circoli viziosi in cui si sente affogare. Vaga in un labirinto che pian piano si spegne fino a scomparire. Rosso si distacca emotivamente da ciò che ha vissuto e assume una distanza critica e consapevole nei confronti di quello che ha affrontato. Immerso in uno stato di immobilità, l’autore guarda a se stesso come al prodotto di innumerevoli contaminazioni e si apre ad un cambiamento ancora una volta aperto ad incorporazioni. Ebbene in Rosso Danilo Smedile riesce nell’intento di mostrare come avvenga il suo personale processo di liberazione.
Michele Pecorino
“Sciara (genesi)”
compagnia Petranuradanza
coreografie e regia Salvatore Romania e Laura Odierna
danzatori Salvatore Romania e Francesco Bax
musiche Paddy Fields di Amand Amar, Georgine Kormuluk
oggetti di scena Salvatore Romania
produzione Megakles Ballet
con il sostegno del Ministero della Cultura e dell’Assessorato Turismo, Sport e Spettacolo della Regione Sicilia
durata 30’
“Rosso”
liberamente ispirato a Rosso Malpelo di Giovanni Verga
di e con Danilo Smedile.
musiche John Cage, Zoltán Kocsis, Amadinda Percussion Group
luci in collaborazione con Antonio Rinaldi
consulenza illuminotecnica Marco Guidi
contributo alla creazione Federica Iurato
produzione Vento di Scirocco
coproduzione Art Garage
con il supporto di InCastro Festival, Art Container, XL Dance Company e Network Anticorpi XL
durata 20’