Zio Vanja di Leonardo Lidi è il secondo appuntamento della trilogia dedicata dal regista a Čechov, che si è aperta l’anno scorso con Il Gabbiano e si concluderà con Il Giardino dei Ciliegi.
In abiti anni Sessanta, tra camicie a quadri e grandi parrucche troviamo Zio Vanja (magistralmente interpretato da Massimiliano Speziani) che è amministratore della tenuta di famiglia, a cui sacrifica le proprie aspirazioni, il cognato Serebriakov, un rinomato professore, che dopo la pensione ha sposato la giovane Elena (Ilaria Falini) che si ritrova ad annoiarsi della sua nuova vita lontana dalla città. Sonja, (Giuliana Vigogna), figlia paziente e laboriosa del professore, è da lungo innamorata del dottor Astrov (Mario Pirrello).
La scenografia è scarna: una parete di sei metri di legno di betulla è tutto ciò di cui la scena è composta per le quasi due ore di spettacolo. I personaggi si alternano seduti su di una panchina, anch’essa di legno di betulla, e chi non appare in scena è dietro a una parete, continuando ad essere di fatto presente sul palcoscenico. Il pubblico sente le conversazioni anche dei personaggi che non sono in scena, rendendo immediata l’idea che tutti stiano convivendo nello stesso ambiente, la casa in campagna.
Spesso simultaneamente assistiamo alle conversazioni davanti alla parete per poi venire a conoscenza di quelle avvenute dietro. La scena, sulla quale non si può che stare stretti e seduti, contribuisce a dare una sensazione di immobilità che la regia ironica di Lidi avrebbe rischiato di far passare in secondo piano ma che è nevralgica nell’opera di Čechov.
Questo Zio Vanja è infatti estremamente pungente e scherzoso e i momenti di maggiore intensità sono forse quelli di Sonja, che lo stesso Lidi indica come uno dei centri dello spettacolo: “Non ci pensiamo mai ai titoli, ma se la commedia si chiama Zio Vanja e non solo Vanja, è per lei”
Due novità di questo lavoro sono la predisposizione del Dottor Astrov per l’ecologia, interessante specchio dei giorni nostri, e l’introduzione di un nuovo personaggio, un anziano che sta in silenzio ed appare a volte durante i monologhi di Vanja come una proiezione di sé con cui poter dialogare.
La menzione d’onore è per il cagnolino nero, che è stato pazientemente accoccolato in scena durante l’intero spettacolo.
Chiara Papera Ungaretti
di Anton Čechov
con Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani
Giuliana Vigogna
regia Leonardo Lidi
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti
suono Franco Visioli
Teatro Stabile dell’Umbria
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Spoleto Festival dei Due Mondi