DENTRO. UNA STORIA VERA, SE VOLETE – GIULIANA MUSSO

UNA NITIDA SPORCA VERITÀ

Squilla un telefono per qualche secondo, poi una voce registrata: «Vi siete spaventati? Pensavate fosse il vostro telefono, vero? Ecco, ricordatevi di spegnerlo» e un sorriso divertito da parte di tutto il pubblico del Teatro Astra. Inizia così lo spettacolo Dentro di cui Giuliana Musso è attrice, drammaturga e regista. Un’introduzione simpatica a un esercizio teatrale che invece vedrà uscire gli spettatori tutto fuorché alleggeriti. 
Un pugno nello stomaco. Una verità che scuote.

Il palco si tinge di rosso: le sedie, l’illuminazione, il pavimento, tutto è rosso. Rosso è il simbolo della lotta alla violenza di genere, rosso il volto della rabbia provocata dall’ingiustizia, rosso è un urlo che non si censura più, che vuole farsi sentire.

Fotografia di Federico Sigillo

Nel silenzio entrano in scena due donne in nero e si presentano. Due attrici che sembrano essere spogliate del loro stesso essere attrici: «Io non sono un personaggio teatrale, io sono Giuliana».
Se i precedenti lavori dell’autrice ci hanno abituati alla sua autoironia grottesca nell’indossare le maschere dei personaggi più disparati, qui Giuliana Musso decide di assumere tutt’altro registro e direzione. Anziché la sua caratteristica pulizia al centesimo, Dentro rivela la magnifica fragilità dell’artista nell’essere semplicemente una persona.
Spiega Musso: «In scena tratto il mio personaggio come se fossi io stessa». La drammaturga ha deciso di occuparsi di qualcosa che le è accaduto realmente, l’incontro con una donna di nome Roberta che la cercò per svelarle un segreto, una verità che si dimenava per uscire allo scoperto. Le raccontò gli abusi del marito sulla figlia, del loro rapporto incestuoso tra le mura di casa. Dal momento che l’indagine fu archiviata, il teatro divenne per la madre l’ultima possibilità. E così le chiese di rappresentare la propria storia in uno spettacolo nella speranza che potesse (e possa) servire da monito e aiutare qualcun altro. Maria Ariis si fa interprete di questa madre e il suo taglio attoriale ci fa domandare per tutto lo spettacolo se sia un’attrice o la vera Roberta. 
Le due donne, mutando solo nell’essenziale lo stare dei propri corpi, portano alla luce una ferita insanabile tramite racconti, ricordi e dialoghi, sempre in bilico tra narrazione e fedele ricostruzione. 
Giuliana Musso, sola su una sedia, varia lievemente postura e inflessione riprendendo le parole di magistrati, avvocati e vari professionisti in una metamorfosi continua del flusso narrativo. L’artista padroneggia con destrezza meccanismi recitativi invisibili ai nostri occhi, sembra quasi modificare il proprio motore interno e calarsi un vestito addosso che le calza alla perfezione. 

Fotografia di Federico Sigillo

Con profonda sensibilità la regista porta sul palcoscenico i meccanismi di occultamento della violenza intra familiare e della censura straziante da sopportare. 
Il tema centrale non è la sofferenza della vittima, ma come la società, incapace di farsene carico, si rapporta a essa. I personaggi principali sono i testimoni, le persone esterne che si relazionano alla vicenda. 
Tutti i medici, gli avvocati, i poliziotti, gli psicologi, perfino le due protagoniste non vogliono farsi coinvolgere nel dolore di questa ragazza («Io le dicevo – Me lo devi dire cosa ti ha fatto, dimmelo! – ma dentro di me pregavo – non me lo dire, non me lo dire» confessa la madre). La bambina stessa per molto tempo non parlò esplicitamente per paura di distruggere la famiglia, ma cercò di esprimere la propria disperazione con comportamenti ostili, rifiutando l’affetto in modo aggressivo e ruggendo odio contro il mondo. Un grido di aiuto a lungo incompreso e inascoltato.
Un’esperienza traumatica, difficile da ascoltare e difficile da denunciare.
Giuliana Musso ci fa notare che il tabù non è la violenza ma il dolore. È la verità che non vogliamo vedere perché ne abbiamo il terrore, un meccanismo che porta alla colpevolizzazione della vittima, tutelando più il carnefice del violato. 

La vera Roberta a un certo punto apre gli occhi e riesce a vedere: «Sono stata una madre di merda. Aveva ragione, ho sbagliato tutto», viene riferito nella pièce. Vediamo sì la sofferenza e le difficoltà di una madre, ma protagonista è anche il coraggio concreto di una persona nell’esporsi e denunciare un tema così disturbante. 
Il delicato argomento risuona con potenza nella messa in scena di Giuliana Musso che sceglie di limitarsi a esporre i fatti avvenuti, evitando qualsiasi tentativo di critica o spettacolarizzazione degli accadimenti, senza sommare alla violenza altra violenza. Una cronaca asciutta, limpida e incisiva che non si pone al di sopra di niente e nessuno, ancora più forte proprio perché diretta. È un teatro nudo e crudo che utilizza solo lo stretto necessario.
Un esercizio di verità in bilico tra testimonianza e denuncia: ‘un’indagine’ come la definisce la stessa autrice «Dentro non è teatro d’indagine, è l’indagine stessa, quando è ancora nella vita, la mia stessa vita».
Un dardo che si conficca nel petto degli spettatori.

Fotografia di Federico Sigillo

Dodici sono le sedie che delineano il confine dello spazio teatrale a inizio spettacolo e dodici sono i capitoli in cui Dentro si suddivide. ‘Dentro’ è la parola e il concetto che funge da traghetto per sviscerare ed entrare nei meandri della storia.
Le sedie, dapprima disposte in due file precisamente allineate, vengono pian piano spostate e ribaltate fino a occupare lo spazio in modo disordinato. Così anche la realtà soffocata viene smascherata col procedere della vicenda e la società impietrita viene sovvertita dal grido della verità.

Ariel Ciravegna Thedy

drammaturgia e regia Giuliana Musso
con Maria Ariis e Giuliana Musso
musiche originali Giovanna Pezzetta
consulenza musicale e arrangiamenti Leo Virgili
scene Francesco Fassone
assistenza e direzione tecnica Claudio Parrino
produzione La Corte Ospitale
coproduzione OperaEstate Festival Veneto
con il sostegno di Ministero della Cultura Regione Emilia-Romagna
ideato per Biennale Teatro 2020 Atto Quarto NASCONDI(NO)
si ringraziano Nuovo Teatro Lavaroni Artegna, Associazione Amici del Teatro, Servizi Teatrali – Casarsa della Delizia

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