MADRI. NELLE INSENATURE DELLA MEMORIA

Un tavolo, delle sedie, microfoni, leggii, scatoloni per terra. Forse una cucina; ma più che in un ambiente domestico ci troviamo in un luogo metafisico, un luogo dell’interiorità. Un ripostiglio zeppo di oggetti che costituiscono l’io. Un posto di pieni e soprattutto di vuoti. Potrebbe essere una stanza tratta da un film di Lynch o di Gondry, o ancora la stanza piena di tavoli e sedie di Cafè Müller. Siamo nella sala Pasolini del Teatro Gobetti, e questa è la scena in cui si  svolge Madri, scritto da Diego Pleuteri, attore e drammaturgo, che si è formato alla Paolo Grassi come drammaturgo e poi è stato allievo della scuola per attori del Teatro Stabile di Torino sotto la direzione di Leonardo Lidi.

È proprio Lidi a commissionargli Come nei giorni migliori, un testo per un allestimento che qui a Torino abbiamo molto amato, una commedia brillante, dal grande ritmo, divertente come un film di Allen, ma con una nota malinconica carveriana. Quello spettacolo ce lo ricordiamo in molti come uno dei più riusciti della stagione 2022-2023. Se Come nei giorni migliori era un lavoro molto fisico, che necessitava di ampi spazi, un lavoro intensissimo ed energico sostenuto da due attori in stato di grazia, Alfonso De Vreese e Alessandro Bandini, invece in Madri lo spazio è ristretto, chiuso, tant’è che i due attori Valentina Picello e Vito Vicino, madre e figlio sembrano quasi intrappolati negli spazi della memoria. Scritto nel 2019, Madri riceve una menzione speciale al Premio InediTo Colline di Torino 2020 e nel 2022 vince il Premio Eurodram.

La trama è molto esile, sconfina nel metafisico: un figlio va a casa di sua madre e la trova alla ricerca di una frase su un giornale o in un libro, una frase di cui la donna non ricorda il finale. Questo vuoto, questa assenza, questa frase mozza è il punto di ingresso per un flusso di pensieri e ricordi che, pian piano, tessono una rete che avvinghia i personaggi. Questo groviglio, questa ragnatela di pensieri fitti fitti, abbiamo detto incastrano i personaggi – soprattutto la madre. Eppure, sarebbe una constatazione superficiale, e forse, anche, imprecisa. A uno sguardo più attento, è una costrizione che libera; si potrebbe dire che si tratta di una costrizione terapeutica.
Ribadiamo un attimo l’intreccio. Un figlio va a casa della madre e la trova intenta alla ricerca di una frase dimenticata. Quel vuoto, quel buco è come se fosse un incidente necessario, senza quell’inciampo, la vita sarebbe continuata piena delle sue incombenze, dei suoi impegni e attività quotidiane che spesso hanno un effetto anestetico e analgesico, ma non per questo curano. Qui invece, i pensieri ossessivi sono la via per i ricordi, per il dolore, e dunque per la cura. Questo lavoro è molto interessante, perché nella sintesi propria dell’arte, conserva la complessità della vita, che, per sua natura è cangiante: in quella cucina, i personaggi stanno in bilico in un delicato equilibrio, tra commedia e tragedia. In una parola, sono personaggi grotteschi. Siamo di fronte a un lavoro macchinoso (aggettivo che però vorremmo usare in un accezione positiva): è macchinoso e ossessivo come la prosa di Thomas Bernhard. Tutti i piani narrativi sono ben sottolineati da soluzioni efficaci e coerenti. L’uso dei microfoni o la voce registrata oltre che le luci: tutto concorre a far funzionare il congegno di questo lavoro. L’unico rammarico che abbiamo è di poterlo vedere in scena così poco. Forse una decina di repliche in più non avrebbe che potuto giovargli. 

MADRI
di Diego Pleuteri
con Valentina Picello e Vito Vicino
regia Alice Sinigaglia
sound designer Federica Furlani
scenografia Alessandro Ratti
luci Luca Scotton
La Corte Ospitale
Coproduzione Gli Scarti ETS
con il contributo della Regione Emilia-Romagna
con il sostegno del MiC e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea”
Testo vincitore Eurodram 2022 – menzione al premio InediTO 2020

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *