CONCERTO FETIDO SU 4 ZAMPE – ALICE E DAVIDE SINIGAGLIA

Ragionare per schematizzazioni, per distinzioni in tipologie, è sempre pericoloso. Quando ad essere indagati sono i fenomeni spettacolari, lo è in modo particolare. Si rischia di semplificare e irrigidire, sul piano della riflessione teorica, qualcosa che nella sua realizzazione, nella sua vita scenica, è molto più complesso. Tuttavia, tratteggiare le caratteristiche di un “certo tipo” di spettacoli – in cui collocare un certo tipo di postura artistica – può essere utile a riconoscere, per antitesi, anche un altro tipo di proposte (qui l’alterità sta nella contraddizione di certe modalità “anestetizzanti”, quelle delle pose e degli ammiccamenti, quelle depurate dal torpiloquio, quelle guidate da un discutibile “buon senso”).

Nel temperamento di Alice e Davide Sinigaglia c’è l’eco ribelle e parodica di un tipo di artisti poco educati e poco composti – nell’accezione mortale che questi termini assumono in un contesto artistico – che hanno agito, e che agiscono, al di là della zona tiepida e rassicurante del linguaggio. 

Questa dis-educazione è acuta e intelligente proprio nella misura in cui non ha nulla di “intellettuale”. E, soprattutto, è divertente. Qualità ammirevole, che sempre più raramente si incontra sulle scene, dove aleggia come una presenza da scacciare via, nemica dell’arte “seria” e “impegnata”. Non mi riferisco qui alla preferenza di un registro comico, quanto alla riscoperta del piacere di ciò che, da artisti, si sta facendo sulla scena (piacere che, intendiamoci, si può provare anche recitando la più straziante delle tragedie. È qualcosa che ha a che fare non con il genere drammatico, né tantomeno con le “emozioni del personaggio”, ma con l’essenza autentica e costitutiva del lavoro dell’artista).

Il pubblico dei fratelli Sinigaglia è divertito (con l’inevitabile retrogusto amaro e crudele che quel tipo di risate porta con sé). Si percepisce un elemento di divertimento anche nel modo di vivere la scena da parte dei due artisti che, a quel fare tutto imbellettato e compiaciuto di certi attori fotogenici, sostituiscono una modalità beffarda e mordace: il risultato è un’esperienza pungente e piacevole al tempo stesso. Puntellato da accenti derisori e buffoneschi, provocatorio, ma non fine a se stesso, l’atteggiamento critico si dispiega attraverso un linguaggio convuslo e sferzante che non precipita nel moralismo e che, ricorrendo a un’efficace corda comica, risveglia le menti anziché ipnotizzarle (spiazzando le attese dello spettatore più abituato al tepore della poltrona di velluto).

Ciò che fanno sulla scena sfugge a qualsiasi tentativo di categorizzazione. È un dialogo interessante: tra i diversi linguaggi espressivi, tra i due artisti, tra i due artisti e il pubblico. Sgombrato il campo dai presupposti di un teatro puro (certamente un aggettivo che, specialmente in riferimento alla scena contemporanea, vuol dire ben poco. “Non tradizionale”, si potrebbe dire, cioè qualcosa che, pur richiamando una qualche dimensione attoriale, è altro rispetto all’idea di “messinscena”), i fratelli Sinigaglia abitano il palco come luogo urgente e necessario di espressione artistica. 

ph: Cosimo Trimboli

Suggeriscono un percorso verso una ritrovata bestialità – proposta non come “regressione” ma, al contrario, come liberazione, come originario impulso da riscoprire e disinibire – che diviene pretesto, più che per uno sviluppo narrativo, per condurre un’operazione di decostruzione, di corrosione, di quella retorica delle buone maniere e del decoro che ingombra la corporeità e la voce dell’artista (e, più in generale, di ciascuno di noi). La «canità del cane», direbbe Roberto Latini. Non si cerca la “rappresentazione” dell’animale (che col dire troppo finirebbe per dire niente) bensì l’abbozzo, le impressioni, delle sue proprie cratteristiche, che sono qui giocate, cantate, suonate. Un concerto di Uomini e Bestie (o Uomini-Bestie), che fa il verso alla falsità dei mezzi e degli ideali di una certa parte dell’attuale panorama artistico e sociale.

Qualsiasi artista ammetterà che non possono essere sufficienti una buona dose di trasgressione e una tempra irriverente per creare un evento scenico che possa considerarsi “riuscito”. In effetti, se ciascuno di noi salisse sul palco e iniziasse a dare sfogo alle proprie pulsioni represse, e le manifestasse con “passione” e “sincerità”, ci troveremmo di fronte, verosimilmente, a un fenomeno singolare e curioso, che non avrebbe però il carattere di un’esperienza artistica. L’urlo dei fratelli Sinigaglia è libero, a briglie sciolte, sicuramente. Ma è anche padroneggiato, studiato, calibrato in un sottile equilibrio fra tecnica e urgenza espressiva. Testimonianza di un linguaggio altro che non si esaurisce in un’azione di caotica disubbidienza, ma che muove da una consapevolezza dei codici impiegati (di una pluralità di discipline) per insinuarsi nelle crepe della scena più “istituzionale”. 

Chiara Ceresola 

di e con Alice e Davide Sinigaglia
produzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione
progetto Selezionato Powered by Ref
un progetto Romaeuropa Festival 2023
nell’ambito di ANNI LUCE_osservatorio di futuri possibili
in collaborazione con Carrozzerie | n.o.t e 369gradi srl
corealizzazione residenze Periferie Artistiche – Centro di Residenza Multidisciplinare
del Lazio

in network con ATCL – circuito multidisciplinare del Lazio per Spazio Rossellini polo culturale multidisciplinare regionale, Teatro Biblioteca Quarticciolo, Cranpi

*Spettacolo programmato in collaborazione con Piemonte dal Vivo nell’ambito del progetto Corto Circuito

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