Palermo, 5 marzo 2022. Quando arriviamo nel capoluogo siciliano, il cielo è pulito, anche se qualche nuvola tenta, senza tuttavia riuscirvi, di guastarlo.
Dopo un breve pellegrinaggio ad almeno due degli oratori del Serpotta: quello di Santa Cita e del Rosario di san Domenico e a un paio di pasticcerie (Ruvolo e Antico Caffè Spinnato), ci dirigiamo verso il Teatro Biondo. Assisteremo alla penultima replica palermitana di Favola Personale, spettacolo di Giuliano Scarpinato. Lo spettacolo la prossima settimana giungerà a Napoli, al Teatro San Ferdinando con repliche da martedì, 8 marzo fino a domenica, 13 marzo 2022. Vi invitiamo dunque ad assistervi e a discuterne attraverso i nostri canali social (Facebook e Instagram).
Di che si tratta? Foglio di sala alla mano, leggiamo titolo e sottotitolo. Favola personale. Trittico per un mondo alla rovescia ispirato al cinema di Yorgos Lanthimos. Tre atti dunque: Morir es Mejor que amar – Favola personale – Hotel Ovidio, ciascuno ispirato a tre film del cineasta greco, rispettivamente Kinetta, Alps e The Lobster.
Doveroso soffermarci per dare brevissimi (e insufficienti) cenni sulla poetica di Lantimhos. Il suo è un cinema figlio di due grandi eredità: la tragedia della Grecia Antica e Stanley Kubrick. Mette in scena, infatti, situazioni limite che non hanno soluzione, in cui gli uomini sono sottoposti al fato, i figli ereditano le colpe dei padri, il tutto con grande rigore e perfezione, ponendo un’attenzione speciale alla musica. Come Kubrick, attinge dalla musica classica o contemporanea, facendo in modo però, che non sia soltanto un tappeto sonoro, ma essa stessa motore e personaggio: la musica in Kubrick e Lanthimos agisce.
Giuliano Scarpinato studia ormai da molti anni il cinema di Lanthimos, per altro molto vicino ai temi che gli sono cari: amori difficili, paura, solitudine (ricordiamo il suo ormai noto Fa’afafine, che affrontava la fluidità di genere e l’incomunicabilità, oppure il più recente A+A, nei teatri proprio in questi mesi, dove si indaga il rapporto con la sessualità degli adolescenti in un lavoro dichiaratamente ispirato a Comizi d’amore). Ne nasce allora questo trittico, una vera e propria Gesamtkunstwerk in cui vi si alternano mixandosi, la danza, il canto, la recitazione pura, la stand-up comedy. Performer di astrazione diversa si prestano a discipline loro estranee (Giselda Ranieri e Isacco Venturini vengono dalla danza e si trovano a recitare e a cantare, per esempio). Semmai esista un “teatro d’attore” – espressione massimamente stupida: il teatro o è d’attore oppure non è – è proprio questo a cui ci troviamo di fronte.
Morir es Mejor que amar: lo spettacolo si apre con un breve pezzo di teatrodanza molto intenso e commovente. A palcoscenico vuoto quasi buio, a terra un uomo seminudo (Isacco Venturini) giace su un fianco, parla a stento. Il monologo verte su un articolo di giornale: studiando il comportamento dei corvi un esperto si accorge di un comportamento bizzarro. Quando muore un corvo, gli altri si riuniscono in gruppo come in un funerale; non sono infrequenti però episodi di necrofilia. E qui comincia una danza macabra carica di desiderio ed erotismo che però non trovano sfogo e forse in questo avvicendarsi di amore e morte è la seconda ad averla vinta.
Favola personale: il secondo atto è il più canonico e tradizionale. Siamo in un interno, (molto efficace la soluzione scenografica di Diana Ciufo di alcune strutture in ferro – forse degli appendiabiti (?) – che diventano stanze). Una madre, interpretata da Alice Conti, osserva il figlio, Mattia, affetto da una grave disabilità fisica e intellettiva, magistralmente reso da Lorenzo Tombesi, mentre si dimena, corre per casa irrequieto. E in questo punto che lo spettacolo si apre alla tragedia mostrando senza sconti e pietismi la difficoltà relazionale, affettiva e sessuale delle persone con disabilità. Teresa pur di far felice il figlio paga una prostituta, Milgros (Alice Spisa) che deve fingere di essere Monica, la ragazza di cui Mattia è innamorato – chiaro riferimento ad Alps. Ma l’inganno presto salta fuori e pone fine al breve idillio. Teresa allora telefona al misterioso Hotel Ovidio e prenota una stanza per suo figlio.
Hotel Ovidio: eccoci dunque in questo hotel bizzarro, gestito da un ex crooner (molto ben reso da Alice Spisa en travesti) e una donna francese, Jacqueline (Giselda Ranieri), in cui è giunto Mattia e dove vi si trovano altri uomini Lucky ed Eric (Michele Schiano di Cola e Isacco Venturini) e donne, Rebecca e Selina e Teresa (Daniela Vitale Federica D’Angelo Alice Conti). Come nell’hotel omonimo di The Lobster qui si cerca l’anima gemella attraverso rituali di corteggiamento, balli e conversazioni. Tutto questo risveglierà gli scheletri nell’armadio dei vari personaggi che ostacoleranno l’appagamento amoroso, Ogni storia d’amore è una storia di fantasmi scriveva D. F. Wallace. Lucky sembra essere il più cinico e pragmatico, finisce per innamorarsi di Teresa ma sposa Rebecca. Eric tenta in tutti i modi di avere una relazione con Selina ma non vi riesce, reprimendo forse un’omosessualità non accettata. Anche Bobby nasconde un lato oscuro che non sveleremo. Pochi si salveranno nell’ Hotel Ovidio che da albergo amoroso muta in casa degli orrori, di atmosfere surreali grottesche.
Uno spettacolo riuscito, dunque? Sicuramente un lavoro da vedere. Forse patisce una natura disorganica, anche a livello stilistico. Il primo atto, seppur molto potente, non dialoga con gli altri due se non a livello tematico. Il secondo atto appare come un semplice cappello introduttivo per Mattia, che rimane la punta di diamante in questo spettacolo: è un personaggio scavato profondamente, ben sbalzato, restituito con un lavoro di estremo virtuosismo attoriale che mai è fine a stesso, anzi tutto teso a una piena adesione a un ruolo così difficile ma affrontato con grandissimo rispetto: ricorda molto Lenny Small di Of Mice and Men, ha infatti momenti di grande aggressività, ma anche Arnie Grape di What’s Eating Gilbert Grape (ce lo ricordiamo nella versione cinematografica, in cui ce lo regalò un giovanissimo Leonardo di Caprio, affiancato da un Johnny Depp capace di sedurre anche i sassi).
Anche Bobby è ben strutturato e anche lui è molto vivido, invece Eric e Lucky pur essendo interpretati da bravi attori, sembrano piatti, il loro dramma non viene fuori davvero, forse a causa di una scrittura troppo strutturata. Anche i momenti di stand-up comedy mancano di aria, troppo legnosi, rigidi.
Forse in questo spettacolo avrebbe giovato meno materiale, più compatto e lavorato più a fondo. Speriamo che Giuliano Scarpinato non smetta di lavorare su Lanthimos perché c’è del potenziale.
Giuseppe Rabita
FAVOLA PERSONALE
Morir es mejor que amar – Favola personale – Hotel Ovidio
Trittico per un mondo alla rovescia ispirato al cinema di Yorgos Lanthimos
ideazione, drammaturgia e regia Giuliano Scarpinato
con Alice Conti Federica D’Angelo, Luca Piomponi, Giselda Ranieri, Michele Schiano di Cola, Alice Spisa, Lorenzo Tombesi, Isacco Venturini, Daniela Vitale
dance dramaturg Gaia Clotilde Chernetich
scene Diana Ciufo
luci, suono Giacomo Agnifili
consulente per i costumi Dora Argento
assistente alla regia Valentina Enea
produzione Teatro Biondo Palermo