A Torino, più precisamente alle Fonderie Limone di Moncalieri, Amleto a Gerusalemme, Palestinian kids want to see the sea è stato presentato in prima assoluta dal 29 marzo fino al 10 aprile 2016, uno spettacolo di Gabriele Vacis e Marco Paolini con la regia di Gabriele Vacis.
Fin dal titolo si percepisce qualcosa che cattura l’attenzione perché pare strano sapere che il più famoso principe di Danimarca della storia del teatro abbia a che fare con la città santa, però non bisogna dimenticare che l’Amleto di Shakespeare è il testo della verità scomoda, una verità che non piace e che non vogliamo sentire, proprio come le storie che ci raccontano i protagonisti di questo spettacolo. Sul palco troviamo cinque ragazzi palestinesi, Alaa, Bahaa, Mohammad, Ivan e Nidal che nella loro lingua raccontano a un turista, impersonato da Marco Paolini, le loro storie comuni che sono accadute per davvero, portando loro stessi sul palco e di fronte al pubblico. Tra i protagonisti sentiamo di chi è arrabbiato con la propria famiglia perché vivevano negli USA e per la madre sono tornati nel loro paese e adesso, il figlio più piccolo non può neanche andare al mare perché è nato lì e non ha il passaporto americano; c’è chi racconta che la madre beveva da una fonte dove l’acqua era cristallina, ma il figlio le mostra che di quello che raccontava della sua infanzia non c’è nulla e dove una volta c’era l’acqua ora c’è una fogna, e oggi l’acqua la possono bere solo in bottiglia. Bottiglie, la scenografia è costituita solo da bottiglie di plastica, che prima sono pioggia, ma una pioggia che distrugge, che fa male. Poi diventano mattoni per costruire la città e catapultarci nella Gerusalemme odierna dove non c’è più la spensieratezza di un tempo, dove si sente un pregare continuo e una puzza quasi nauseabonda di frittelle e dove si sbatte in continuazione addosso a negozietti che vendono gadget religiosi.
Questi racconti di vita quotidiana, che a noi sembra quasi incredibile, sono intervallate dalle parole di Amleto che si legano alla perfezione con i sentimenti provati dai ragazzi.
Il testo è sapientemente costruito, tanto che non capiamo dove sia il confine del personaggio Amleto e quello di Ivan, non capiamo se sia per esprimere i concetti dell’Amleto o se sia per farci comprendere meglio i loro stati d’animo grazie alle parole di Amleto.
Questo incredibile e coinvolgente risultato è stato possibile grazie a un lungo lavoro iniziato nel 2008, quando Gabriele Vacis si è recato in Palestina per creare una scuola di teatro a Gerusalemme est. Qui capisce fin da subito che i ragazzi sono disposti a morire e a passare nelle fogne per fare un provino, cosa che un ragazzo francese o canadese o americano non si sognerebbe mai di dover fare.
Fin da subito decidono di lavorare su Amleto, per raccontare che possedere la verità è pericolosissimo, chi la possiede produce dolore compreso sé stesso. Chi è investito della verità è giudice ingiudicabile. Questa è la storia di Amleto in Palestina, dove tanta gente è convinta di possedere la verità. A otto anni da quel progetto, Vacis porta in scena con cinque di quei ragazzi che hanno fatto la scuola, un lavoro che fa parte del Progetto Internazionale del Teatro Stabile di Torino. Questa rappresentazione è realizzata con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Questo non è uno spettacolo di denuncia ma semplicemente di dichiarazione dei fatti in modo puro e schietto con parole che conosciamo molto bene noi occidentali, quelle del più famoso drammaturgo, proprio nell’anno del suo quattrocentenario della morte.
Elisa Mina
Fonderie Limone, dal 29 marzo al 10 aprile 2016
Spettacolo di Gabriele Vacis e Marco Paolini
Con Marco Paolini, Alaa Abu Gharbieh, Ivan Azazian, Mohammad Basha, Giuseppe Fabris, Nidal Jouba, Anwar Odeh, Bahaa Sous, Matteo Volpengo
Regia: Gabriele Vacis
Assistente alla regia: Marianna Bianchetti
Scenografia, luminismi, stile: Roberto Tarasco