Tutti gli articoli di Daniela Cauda

Un’intervista della Fondazione Mirafiore a Filippo Fonsatti

Nuovi scenari per nuovi inizi

La chiusura forzata dei teatri, dei cinema, dei musei in seguito all’emergenza sanitaria ha messo a dura prova il comparto culturale. Si sono chiusi i sipari ed è calato il silenzio, un silenzio talmente profondo che ricordava un po’ lo spettro della morte.

Tuttavia, in questa assenza qualcosa si è mosso. Esattamente come in inverno, quando tutto sembra morto e spento e invece nelle profondità delle radici qualcosa muove. Movimenti piccoli, impercettibili. Piano piano la linfa risale, pronta a far germogliare i fiori in primavera.

Così sembra sia successo in questi mesi nel teatro. Un artefice di questo movimento è stato certamente Filippo Fonsatti, direttore della Fondazione Teatro Stabile di Torino e presidente di Federvivo. Durante una diretta in streaming sabato 8 maggio 2020, Fonsatti, insieme a Paola Farinetti, coordinatrice della Fondazione Mirafiore (fondazione culturale voluta da Oscar Farinetti), ha fatto il punto sullo ‘stato dell’arte’.
Fonsatti ha illustrato le azioni concrete messe a punto in questi mesi.

In primis, a fine aprile, la presentazione al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo di un documento: “Lo spettacolo in Italia nella fase 2 – Proposte per la ripartenza delle attività e per la riapertura al pubblico”, illustrato dallo stesso Fonsatti, da Carlo Fontana, presidente AGIS, e da Francesco Giambrone, presidente ANFOLS. In quell’occasione sono intervenute figure di eccellenza della cultura italiana, quali il maestro Roberto Andò, regista cinematografico e direttore del Teatro Stabile di Napoli e il Maestro Daniele Gatti, direttore d’orchestra e direttore musicale dell’Opera di Roma.

Con questo documento sono state motivate una serie di proposte volte ad affrontare la ripartenza di tutte le attività culturali. È stato chiesto di definire un calendario di ripresa delle attività dello spettacolo dal vivo e delle proiezioni cinematografiche, differenziato per tipologia architettonica (spazi aperti o edifici chiusi) ovviamente vincolato alla situazione epidemiologica.

Inoltre è stata segnalata l’importanza che siano definite a livello nazionale delle misure in maniera uniforme. Si è rimarcata la necessità di avere poche regole e molto chiare nell’interpretazione e nell’attuazione, senza oneri aggiuntivi non sostenibili dagli operatori dello spettacolo e senza portare un aggravio delle procedure amministrative.

In seguito, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini ha avuto un’audizione con il Comitato tecnico scientifico e ha fatto presente le richieste pervenute a fine aprile. Lunedì 11 maggio si è tenuto un incontro a Roma per valutare le possibili linee guida della fase 2 del settore dello spettacolo in Italia.

Sembrerebbe – e questa posizione è fortemente connessa alla curva epidemiologica – che ci sia una possibilità di ripresa di alcune attività nelle prossime settimane. Il recentissimo Decreto del Governo, che prevede la riapertura dei teatri a metà giugno, confermerebbe l’ipotesi.

Ciò permetterebbe da un lato di offrire una speranza ai cittadini italiani, perché dal momento in cui riapriranno luoghi simbolo della socialità, come i teatri e i cinema, le comunità potranno percepire un graduale e atteso ritorno alla normalità, e, dall’altro, a tanti lavoratori, di affrontare il superamento della fase di grave difficoltà.

Come ha illustrato Fonsatti, il comparto culturale ha sofferto e soffre notevolmente per questo blocco, anche se al suo interno vanno fatte alcune distinzioni: tra coloro che sono maggiormente tutelati perché lavorano per istituzioni grandi o piccole che hanno potuto sostenere i costi del personale con le proprie risorse e fruire degli ammortizzatori sociali (destinati per la prima volta dalla seconda guerra mondiale ad oggi al settore dal vivo); e chi ha lavori più intermittenti (molti artisti, attori, danzatori, tecnici) che si trovano in una situazione molto più drammatica.

Una lunga riflessione è stata fatta sul problema del distanziamento sociale: se può essere ovviata per la platea, seppur con un grosso deficit economico, la questione diventa decisamente più problematica sul palcoscenico. L’utilizzo della mascherina per musicisti, attori e cantanti sembrerebbe inapplicabile in un contesto dello spettacolo dal vivo. L’utilizzo della mascherina durante la performance oltre a non essere possibile nel caso di un concerto con l’utilizzo di strumenti a fiato, avrebbe in altri casi un impatto sulla creazione artistica talmente forte da snaturare l’opera stessa.

Anche per quanto riguarda la platea i problemi, seppur più facilmente risolvibili, sono molti. Le proposte per ora sono di poter eseguire performance, svolte in condizioni particolari, all’aperto con la limitazione di mille persone, inclusi gli orchestrali e duecento persone al chiuso. In questo ultimo caso la ripresa si dovrebbe garantire in maniera più graduale. La limitazione di duecento persone è di complessa realizzazione, oltre che non sostenibile dal punto di vista economico, basti pensare alle Fondazioni Lirico Sinfoniche che raggiungerebbero tale soglia anche solo con orchestra, coro e tecnici impegnati nell’attività.

Tutto questo si tradurrà in minori ricavi derivanti dalla riduzione dei posti a sedere e dai maggiori costi derivanti dall’acquisto dei dispositivi di sicurezza e per garantire la salute dei lavoratori e del pubblico.

Fonsatti prevede che questo aggravio economico sarà decisamente più forte all’atto della ripresa delle attività culturali. Sottolinea come i bilanci delle fondazioni teatrali e musicali siano sempre più orientati su una quota di ricavi propri, bilanciati da una equa proporzione tra costi e ricavi. Il venir meno delle risorse, derivate dai mancati incassi di questi mesi, farà sì che il pareggio di bilancio diventi un miraggio, per cui sarà necessario un intervento a sostegno del comparto culturale.

Fonsatti mette in rilievo come nel Decreto “Cura Italia” siano stati stanziati dei contributi a sostegno del settore. In particolare il Fus, Fondo Unico per lo Spettacolo, ha previsto delle agevolazioni a sostegno di tutte quelle attività culturali che non hanno mai ricevuto finanziamenti dallo stesso e che potranno ora, con requisiti minimi, accedere a un contributo fino a 20 mila euro.

Questo stanziamento, seppure contenuto, garantirà una boccata d’ossigeno a un settore così fortemente penalizzato, e permetterà di fare una sorta di “censimento” del settore culturale in Italia e di avere, quindi, una fotografia della variegata realtà dello spettacolo dal vivo. Fonsatti sottolinea come questa opportunità permetterà di cogliere l’importanza e le ricadute sociali di soggetti piccoli e mai finanziati sul territorio e sulla sua comunità.

Il Presidente di FederVivo pone particolare attenzione al fatto che l’obiettivo primario ora non sia soltanto la convenienza economica quanto la riattivazione dell’occupazione degli artisti e dei tecnici. “Pur nella difficoltà, pur con mille incognite – sottolinea Fonsatti – occorre riproporre occasioni di lavoro, tornare ad avere un reddito dignitoso commisurato al talento e alla professionalità. Questa deve essere la finalità di ciascun operatore, dal più piccolo al più grande”.

In questo momento infatti, ai lavoratori dello spettacolo non è concesso neppur mettere piede nel proprio ufficio. Questa è una grossa limitazione perché non permette nemmeno di pianificare, di costruire, di trovare delle soluzioni per una possibile ripartenza.

Avendo quindi come bussola per questo nuovo inizio l’occupazione e il reddito degli artisti, Fonsatti delinea una serie di obiettivi primari: aprire i teatri, provare, e solo dopo queste due operazioni, incontrare il pubblico.

Alla domanda su come sarà il teatro che verrà, Fonsatti risponde che quello che è accaduto comporta la necessità di sviluppare nuove modalità di produzione. Questa emergenza ha richiesto una semplificazione e una digitalizzazione dei processi decisionali e al contempo una riflessione sul come le nuove tecnologie possano integrarsi nel processo creativo e produttivo.

Fonsatti ha anticipato alcune nuove produzioni su cui sta lavorando il direttore artistico del Teatro Stabile di Torino Valerio Binasco, cioè una serie costruita da pochi attori realizzata da un regista teatrale e un regista cinematografico. Fonsatti non ha voluto anticipare molto, tuttavia sembrerebbe che questa nuova produzione abbia un set che permetta una fruizione sia dal vivo sia su piattaforma virtuale, dando vita a una rappresentazione ibrida tra il teatro e il cinema. Una drammaturgia integrata che consentirà di essere condivisa in più modalità e che avrà al contempo una componente forte di interattività con il pubblico.

Grande spazio verrà destinato, nella nuova stagione, ai monologhi italiani. Un repertorio di qualità che troverà una dimensione di mercato molto ampia nei prossimi mesi.

Per l’autunno si auspica, inoltre, di poter recuperare le produzioni cancellate in questa stagione, nella speranza, se la normativa lo consentirà, di rimettere in scena gli allestimenti senza compromettere la forza e l’energia del loro impianto iniziale.

Questa crisi, analizzata in maniera ottimistica, può essere anche un’opportunità di riflessione, di creazione di nuove modalità e nuove soluzioni per un comparto che solo in Piemonte occupa 15mila addetti per un ricavo annuale di 52 milioni di euro. Con tutte le difficoltà della situazione, con tutte le criticità e le specificità che questo settore richiede, qualcosa ‘eppur si muove’ grazie alla determinazione e alla creatività di chi lavora in ambito culturale.

Ora staremo a vedere cosa uscirà dal confronto richiesto dagli esponenti del settore per dirimere le questioni più tecniche e poter così garantire la ripartenza dell’attività per i lavoratori, per le imprese e per il pubblico.

Daniela Cauda

TEATRI CHIUSI, TEATRI APERTI

SENZA GLI SPETTACOLI SIAMO TUTTI ORFANI. RIPARTIAMO DALLA BELLEZZA.

Guido Ceronetti, poeta, filosofo, scrittore e giornalista italiano, scriveva sul quotidiano “La stampa” del 15 dicembre 2010: “[…] Il melodramma, l’Opera lirica, ha concluso il suo arco a metà del secolo scorso; è destinata a perdersi, è ormai un puro evento d’obbligo ma di scarso significato. La musica invece è eterna, il teatro è eterno (di eternità per noi misurabili, che non valgono in aeternum) […]. Il cartellone della Scala è, sia pure bellissimo, già un animale impagliato. Anche gli altri cartelloni… Che bisogno c’è di una stagione d’Opera al Regio di Torino? […]

Continua la lettura di TEATRI CHIUSI, TEATRI APERTI