Mercoledì 29 novembre 2017 al teatro Gobetti si è tenuto un incontro del ciclo Retroscena diverso dagli altri: ospite non era una compagnia teatrale, ma l’Università di Torino che in collaborazione con il Centro Studi del Teatro Stabile di Torino ha presentato il volume Il laboratorio di Lucio Ridenti. Cultura teatrale e mondo dell’arte in Italia attraverso “Il Dramma” (1925-1973). Erano presenti i docenti curatori del volume, cioè Federica Mazzocchi, Silvia Mei e Armando Petrini, accanto al professor Franco Perrelli e a Pietro Crivellaro, quest’ultimo per molti anni direttore del Centro Studi e figura fondamentale per la valorizzazione del patrimonio archivistico legato a Lucio Ridenti. Il volume è il risultato di un convegno promosso dall’Università e dal Centro Studi nella primavera del 2016.
L’incontro è cominciato con un intervento di Pietro Crivellaro, che ha offerto una breve, ma dettagliata analisi della figura di Lucio Ridenti, nato a Taranto e trasferitosi poi nel 1925 a Torino, dove passò gran parte della sua vita.
Pioniere della radio e della televisione, fotografo, protagonista della vita mondana, attore ma anche scrittore e giornalista. La sua carriera nasce con una serie di libri di successo negli anni venti che analizzano e descrivono il mondo teatrale, ma raggiunge l’apice con la fondazione nel 1925 del periodico “Il Dramma” con Pitigrilli. Scrive anche per la “Gazzetta del Popolo” e poi per il “Radiocoriere”; da ricordare è anche la fondazione negli anni quaranta della rivista di eleganza femminile “Bellezza”.
E’ seguito poi l’intervento di Franco Perrelli che ha cominciato a descrivere, anche attraverso ricordi ed esperienze personali, le forti differenze esistenti fra i due principali punti di vista dell’epoca di cui erano portavoce due importanti riviste “Il Dramma” e “Sipario”.
Vengono citate figure vicine agli ideali di Ridenti come Bragaglia, sostenitore dell’attore italiano che improvvisa e ha un’esperienza che non può essere diretta dalla regia, ma anche più distanti come D’Amico, che voleva invece un regista che rispettasse i testi e che fosse in grado di tenere a freno l’attore.
Armando Petrini ha analizzato la figura di Ridenti in particolare nel suo ruolo di critico, molto affascinato e interessato all’attore e alla recitazione, per un motivo anche biografico, pur non essendo mai stato un vero teorico. Viene poi sottolineato come nei suoi lavori non sia presente solamente una certa nostalgia e volontà di recuperare qualcosa che sta morendo, ma un’attenzione nei confronti della storia del grande attore e della figura dell’autore-attore e attore-direttore.
Federica Mazzocchi ha proseguito descrivendo i carteggi con Paolo Grassi, Ivo Chiesa e Vito Pandolfi, sottolineando la ricchezza dei punti di vista e la schiettezza dei rapporti che ha sempre legato questi protagonisti della vita teatrale italiana. “Il Dramma” emerge quale rivista caratterizzata da una spiccata vivacità e libertà, all’interno della quale erano presenti numerose opinioni anche contrastanti fra loro e non un pensiero unico, soprattutto per quanto riguarda il tema della regia.
L’incontro si è chiuso con l’intervento di Silvia Mei che si è concentrato sul forte legame presente fra la figura di Lucio Ridenti, la moda e le altre arti, soffermandosi sulla raffinatezza con cui Ridenti concepisce “Il Dramma” soprattutto tipograficamente e sull’importanza dell’elemento visivo. Fortemente riconoscibile è l’approccio sintetico e trasversale rispetto a tutte le discipline, ma anche un forte umanesimo, un gusto per le immagini e per la cura nell’impaginazione. Da non dimenticare è la passione di Ridenti per la fotografia, alla quale si avvicinerà ancor prima del teatro e che lo accompagnerà per tutta la vita.
di Daniela Frezzati