Intervista a Silvia Battaglio su Orlando. Le primavere
di Virginia Woolf,
Teatro Gobetti di Torino, 3 e 4 gennaio 2017.
Intervista e montaggio a cura di Linda Borello
Intervista a Silvia Battaglio su Orlando. Le primavere
di Virginia Woolf,
Teatro Gobetti di Torino, 3 e 4 gennaio 2017.
Intervista e montaggio a cura di Linda Borello
Misura per misura è un testo che William Shakespeare scrive nel 1603, ambientato in una Vienna totalmente immaginata dall’autore ma mai realmente visitata. In questa fredda città si svolge una storia che parla di giustizia, di perdono, della deriva malsana a cui conduce il potere se si piega nella direzione sbagliata, ma ci mostra anche una vena inaspettatamente comica che il regista e attore Juri Ferrini riesce a esprimere. La scena si apre su un fondale spoglio e pieno di scritte, dove alcuni ragazzi chiacchierano vestiti in modo moderno e un po’ kitsch. “Un omaggio a San Salvario” come dice il regista, quartiere di Torino variopinto e popolato dalle più diverse nazionalità ma allo stesso tempo luogo di problemi sociali e degrado. Le musiche sono pop come i colori degli abiti che contrastano con lo scuro fondale. Quasi subito viene rivelato l’origine dell’intreccio. Claudio, capo di questa banda di ragazzi di strada viene arrestato per aver messo incinta Giulietta e corre a contattare l’amico Lucio perché possa aiutarlo. Questa volta non potrà fare conto sull’indulgenza del vecchio duca Vincenzo, che si allontana da Vienna per negoziare in Polonia e mette al suo posto Angelo. Quest’ultimo accusa Claudio del misfatto commesso e per questo lo condanna a morte.
Lucio per poter scarcerare l’amico chiede aiuto alla sorella di Claudio, Isabella, la quale è in convento come novizia.. La ragazza accetta di testimoniare in favore del fratello e inscena una sorta di processo contro Angelo dove i due mettono sul banco le loro carte. Da una parte abbiamo la giustizia rappresentata da Angelo che “punisce solo ciò che vede”, ma che non guarda in faccia nessuno. Per questo motivo Claudio non è la vittima ma il capro espiatorio, e la sua accusa diventa un esempio per quelli che verranno dopo di lui. Dall’altra parte vi è invece il perdono impersonato da Isabella, la constatazione che “il potere è soggetto ad errori”, e che il concetto di perdono può essere più forte della pura razionalità. Angelo, l’avvocato, sedotto dalla virtù e dalla spiritualità di Isabella, subisce il crollo delle sue certezze, i suoi sforzi, la sua carriera, gli sembrano ormai lontani ed esplodono in lui le contraddizioni più nascoste e animalesche. Infatti chiederà alla donna di avere un rapporto sessuale con lui in cambio della scarcerazione di Claudio. La ragazza non accetta e Angelo la minaccia dicendo che nessuno ascolterà lei al suo confronto “Il mio falso pesa più del tuo vero”. A questo punto sorge una domanda: “L’ipocrisia cattura anche l’anima più nobile?”.
Probabilmente si, dopo tutto Angelo prima di incontrare Isabella non faceva altro che seguire la legge scrupolosamente, quindi non si può nemmeno dire che sia un personaggio cattivo. Piuttosto ridicolo, se lo vediamo al giorno d’oggi, ipotesi che sembra trasmetterci anche il regista. Probabilmente Angelo oggigiorno non sarebbe l’illustre avvocato immaginato da Shakespeare a suo tempo, ma piuttosto un impiegato meticoloso, relegato ai margini proprio perchè ligio al dovere. L’attualità che i testi di Shakespeare continuano ad avere dopo secoli viene affrontata bene in scena da Ferrini che infatti mescola il testo originale con elementi comici e battute che ci toccano da vicino.
Ovviamente la piece è anche una commedia, come abbiamo detto e di risate se ne fanno molte. Imperdibile il dialogo tra il Gomito e Mastro Schiuma, molto riuscito ed autoironico anche Angelo Tronca che porta in scena una sua personale e divertentissima versione del personaggio di Lucio. Juri Ferrini invece è il duca Vincenzo che si traveste da frate, “un frate in missione speciale”, per scoprire sotto questo aspetto mascherato il peccato realizzato da Angelo in sua assenza. Lo spettacolo riesce bene, seppur forse troppo lungo, poiché si poteva evitare qualche allungamento dovuto alla trama che il regista ha voluto mantenere nella versione integrale. Per questo motivo il pubblico rischia a volte di perdere l’attenzione e il pathos provocato dalle vicende. Ho apprezzato molto invece la semplicità della scena che non nascondendo le capacità dell’attore, obbliga il pubblico ad essere attento e apprezzare ogni movimento dell’interprete e il modo in cui riempie lo spazio.
Linda Borello
di William Shakespeare
con Jurij Ferrini, Elena Aimone, Matteo Alì, Lorenzo Bartoli, Gennaro Di Colandrea, Sara Drago, Francesco Gargiulo, Raffaele Musella, Rebecca Rossetti, Michele Schiano di Cola, Marcello Spinetta, Angelo Tronca
regia Jurij Ferrini
scene Carlo De Marino
costumi Alessio Rosati
luci Lamberto Pirrone
suono Gianandrea Francescutti
regista Assistente Marco Lorenzi
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
“Signorina Felicita, è il tuo giorno!
A quest’ora che fai? Tosti il caffè?
E il buon aroma si diffonde intorno?
O cuci i lini e canti e pensi a me,
all’avvocato che non fa ritorno?
E l’avvocato è qui: che pensa a te.”
Guido Gozzano I colloqui
Lo spettacolo teatrale di Lorena Senestro ispirato a La signorina Felicita ovvero la Felicità opera del poeta Guido Gozzano è un’interessate rielaborazione della storia che conosciamo. Il protagonista della vicenda, il poeta-avvocato immerso nella vita cittadina e frenetica incontra Felicita, una donna semplice con occhi “di un azzurro stoviglia” e che proprio grazie a queste qualità autentiche pone le basi della sua strana e sottile seduzione che raggiunge il cuore del protagonista. L’infatuazione però durerà poco. L’avvocato sarà costretto a tornare in città abbandonando la ragazza e rendendosi conto di avere egli stesso recitato una parte pensando di migliorare la sua vita insieme a lei. Il personaggio di Felicita ci affascina e conquista Gozzano che si immedesima nella figura dell’avvocato e nell’ammirazione di questa ragazzina impaurita che diventa musa ispiratrice dell’autore “tu non fai versi, Tagli le camicie per tuo padre…”.
Il sipario si apre mostrando una Felicita sola insieme al fantasma del padre che le racconta le favole e canta con lei. Rinchiusa in una casa in cui gli oggetti diventano giganteschi, forse allusione a quel mondo “alto” di feste e cerimonie che tanto ha desiderato, ma mai ottenuto riservandosi la parte di mera osservatrice. In mezzo a questi oggetti si muove come una moderna Alice nel paese delle meraviglie cercando di trovare un senso a tali simboli che caratterizzano così tanto il suo passato. Sedie altissime e sottili che alludono forse anche alle forme allucinate di Dalì accentuando il contrasto tra robustezza e fragilità che è poi il binomio presente nell’animo di questa donna forte e ambiziosa ma non abbastanza coraggiosa da prendere in mano la sua vita.
Felicita non è più la ragazza ingenua e debole che ci saremmo aspettati in una versione più tradizionale e vicina al punto di vista di Gozzano, ma nella versione della Senestro una donna moderna che ha capito di essere stata intrappolata in un mondo che non le appartiene. Come se il messaggio stesso del testo di Gozzano, si ribellasse a quello dell’autore dicendo: ecco qui la donna moderna, consapevole e indipendente.
La recitazione di Lorena Senestro alterna momenti di follia a momenti di lucidità dove l’essenza vera del personaggio si manifesta per esempio quando vediamo la donna arrampicarsi su una gigantesca sedia e perdersi nel ricordo del primo e unico bacio dato di nascosto al suo Guido. Momento che mi ha emozionato molto nella descrizione così puntuale delle sensazioni spirituali e fisiche che si provano a baciare qualcuno.
Nel complesso uno spettacolo ben recitato dall’ attrice protagonista, affiancata in alcuni brani da Andrea Gattico che offre allo spettacolo un interessante scambio di suggestioni musicali, canore e teatrali. La presenza quasi solitaria della Senestro inizialmente mi ha fatto pensare che potesse risultare ripetitivo per il pubblico. Ma la Senestro supera la prova mostrandoci i frutti del lavoro attoriale di un’interprete che ha studiato da auto-didatta e che dunque merita lode nel risultare più vera di alcune attrici che possiamo vedere a teatro, uscite dalle migliori scuole ma che poi risultano fredde in scena.
Man mano che lo spettacolo entra nel suo culmine lo spettatore viene ipnotizzato dall’inafferrabilità di questo personaggio seppur di animo così semplice.
Quella che ci viene rappresentata è la triste storia di una donna che ha perso le sue ambizioni e si sente chiusa in un mondo preconcetto dove ogni cosa è un rituale da ripetersi e ci affascina perchè dopotutto ci riguarda da vicino, nella nostra corsa contro il tempo a cercare una risposta che forse non arriverà, sempre in bilico per citare le parole dette dalla Senestro: “Tra la morte e la felicità!”.
Linda Borello
La signorina Felicita ovvero la Felicità
18-30 ottobre 2016
uno spettacolo di Lorena Senestro
con Lorena Senestro e Andrea Gattico (pianoforte)
progetto scenografico Massimo Betti Merlin, Francesco dell’Elba
luci Francesco dell’Elba
regia Massimo Betti Merlin
Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale
Teatro della Caduta