Tutti gli articoli di Luigi Rinaldi

LA PULCE NELL’ ORECCHIO – CARMELO RIFICI

Bretelle, mutande e palati all’Hotel Feydeau

Maxime:”Che Hotel! Ci tornerò di sicuro!”

Pinglet:”Che razza di Hotel! Non ci mettertò più piede!”

Feydeau è il re del vaudeville e imperatore della follia, ha un diavolo in corpo. Con lui bisogna ridere, ridere e ancora ridere. Il suo universo sono i personaggi presi dalla realtà, in carne ed ossa, osservandone il loro carattere, gettandoli poi in situazioni grottesche con una tragedia di segno opposto, ovvero rappresentarli in commedia. Anche F. diventa folle a tal punto che viene poi ricoverato in manicomio.

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Al centro dell’esilarante vaudeville c’è una moglie che sospetta che il marito abbia un’amante. Il dubbio nasce dopo il ritrovamento di un paio di bretelle presso l’Hotel Feydeau. Per mettere alla prova la presunta infedeltà del marito, gli spedisce un’appassionata e anonima lettera d’amore, in cui dà appuntamento all’uomo in quell’albergo, dove la moglie si recherà per vedere se il coniuge cadrà nella trappola. Da qui si creano una serie di fraintendimenti che portano tutti i personaggi ad incontrarsi all’Hotel dove, tra situazioni bizzarre, inaspettati sosia e travestimenti vari, cercano di salvare le apparenze e di uscirne indenni.

La commedia è stata ripresa da Carmelo Rifici data nel novembre 2023 al Piccolo Teatro di Milano per poi proseguire in tour per tutta Italia. Il cast è notevole, composto quasi in toto da diplomati alla Scuola di Teatro del Piccolo di cui Rifici è anche il direttore. Le coppie già scoppiate, fin dalla carta scritta, sono un via vai di esilaranti caricature alla Shakespeare, Goldoni, Molière, aggiungendo un’arguta satira contemporaneità alla Achille Campanile.

Un viavai continuo di battute, controsensi e doppi sensi, scambi smisurati, sguardi ammalianti, baci passionali, bastonate e revolverate, intrighi amorosi, perdita nel lume della ragione e mai trovata, travestimenti e camuffamenti, inseguimenti, corse e rincorse alla Larry Semon (alias Ridolini) ecc… il tutto condito da una scenografia semplice formata da grossi mattoncini gommapiuma stile quelli della Lego e una colonna sonora italians-yankee. Non assistiamo soltanto alle semplici messe in scene tratte dalla Belle époque parigina ma veniamo catapultati ai giorni nostri, dove tutti i protagonisti della commedia si intrecciano cantando, suonando, recitando e trasformandosi da clown a esseri umani e viceversa. I nomi non sono scelti a caso, hanno una loro logica e soprattutto hanno un loro punto di riferimento che è il cinema. Difatti il regista Rifici con l’aiuto del drammaturgo Tindaro Granata, ha preso in prestito da alcune delle più famose attrici della commedia italiana anni ‘60 e ‘70. Esatto; sono tanti e ricordarli un po’ rende difficile talvolta seguirli, ma quello di Vittorio Emanuele non lo si può scordare. I rimandi cinematografici ci sono eccome, dagli sketch nei film muti comici americani a quelli scenici stile Monicelli. 

Assistiamo a dinamiche familiari dei nostri giorni, non ci sono stereotipi, ma solo desideri e malumori che vengono amplificati dal grottesco odierno stile di vita contemporaneo, qui mancano i social network e…pensate se gli autori l’avessero aggiunto alla drammaturgia. Siamo certi che questa compagnia, con la macchina del tempo, è arrivata a noi dalla scuola di Jacques Copeau, proseguendo poi le stagioni dei Copiaus portando la cultura generale, la musica, il canto, la ginnastica, l’improvvisazione, il mimo e l’uso delle maschere.

Oltre ai rimandi e citazioni che arrivano dal cinema americano d’autore, con personaggi surreali del testo che toccano i due continenti, Europa e America; gli autori ci fanno divertire ed immaginare facendoci ridere e correre ad occhi aperti per due ore di trovate comiche e surreali. Un perfetto meccanismo scenico che viene mischiato usando la parola in un mare aperto, avendo come compito quello di trattenere il pubblico col tema del sospetto. Quello che c’è di erotico è il linguaggio che nasconde i desideri erotici inesplorati dell’essere umano che vorrebbero farlo nelle stanze dell’Hotel. Tutti sono innamorati del proprio vicino/a ma pensano solo ad una cosa in testa, il chiodo fisso di fare sesso.

Ecco forse una piccola pulce che potremmo mettere al regista è aggiungere per esempio un personaggio cinese, così per completare il quadro globale che dentro l’hotel Feydeau ci sta tutto il mondo farcito di pura e sana follia pacificatrice.

Il regista Carmelo Rifici ci spiega come mai è stato scelto nella programmazione del TPE-Fantasmi…“Il fantasma che si aggira tra le labirintiche stanze che animano l’Hotel Feydeau ha nome Follia. Lei è la vera protagonista dello spettacolo…Follia aleggia nell’aria e penetra i corpi degli ignari abitanti del testo, si impossessa di loro, li rianima, li ribalta, chiede loro di arrendersi a lei. Come nelle migliori commedie di tradizione, il fantasma si aggira nella città, portatore di caos irriverente e contagioso, per vegliare la notte sui corpi addormentati dei suoi cittadini…”

@Luigi Rinaldi

Foto credit @Luca Del Pia


Ispirato a La puce à l’oreille (1907) di Georges Feydeau
traduzione, adattamento e drammaturgia Carmelo Rifici, Tindaro Granata
regia Carmelo Rifici
con (in o.a.) Giusto Cucchiarini, Alfonso De Vreese, Giulia Heathfield Di Renzi, Ugo Fiore, Tindaro Granata, Christian La Rosa, Marta Malvestiti, Marco Mavaracchio, Francesca Osso, Alberto Pirazzini, Emilia Tiburzi, Carlotta Viscovo
scene Guido Buganza
costumi Margherita Baldoni
luci Alessandro Verazzi
scene Giuseppe Stellato
costumi Lucia Menegazzo
musiche Zeno Gabaglio
assistente alla regia Giacomo Toccaceli, Alice Sinigaglia
coaching movimenti acrobatici Antonio Bertusi
coaching clownerie Andreas Manz
produzione LAC Lugano Arte e Cultura, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, La Fabbrica dell’attore – Teatro Vascello partner di produzione Gruppo Ospedaliero Moncucco – Clinica Moncucco e Clinica Santa Chiara

LA MORTE A VENEZIA – LIV FERRACCHIATI

Libera interpretazione di un dialogo tra sguardi

“È scabroso mordere la fragola, è scabroso mordere la vita”Liv Ferracchiati è in tournée col suo ultimo spettacolo “La Morte a Venezia”. Questa volta si porta dietro una performer molto brava, Alice Raffaelli, attrice e ballerina ( dal 2015 si affaccia al mondo della prosa grazie alla collaborazione con la compagnia The Baby Walk, continua ad esplorare la scena legata al teatro di parola con Antonio Mingarelli. Nel 2018 è tra le finaliste del premio Ubu, categoria miglior performer under 35…).

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LA LUZ DE UN LAGO – EL CONDE DE TORREFIEL


Presentato con Piemonte dal Vivo in condivisione con Torinodanza

Il 12 e 13 ottobre 2023 lo spettacolo LA LUZ DE UN LAGO della compagnia catalana EL CONDE DE TORREFIEL è andato in scena presso il Teatro Astra, in occasione della 29esima edizione del Festival delle Colline Torinesi.

El Conde De Torrefiel è una compagnia fondata a Barcellona nel 2010 da Tanya Beyeler e Pablo Gisbert. Il loro lavoro si articola attraverso varie collage di performance metafisiche tra video, pittura, suoni, luci.

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Dopo il precedente lavoro Imagen interior questo spettacolo concentra il progetto come essenza minimalista artefice di una visione narrativa concentrata sui sensi dello spettatore. 

El Conde si rifugia in una sala cinematografica. “Questo è un film” dice la voce fuori campo all’inizio del pezzo, di fronte a uno spazio vuoto scenografato da diversi pannelli bianchi che serviranno per proiettare le storie. 

La musica, i suoni, le immagini in distorsione e le didascalie fanno da catena alla piece multimediale, un esperimento sonico e visivo all’interno di un programma multidisciplinare che tocca i sensi dell’essere umano.

Si passa dalla musica underground Atrocity Exhibition dei Joy Division degli anni ’80, ad Angels dei Massime Attack per finire al Vendredì di Flavier Berger del 2015. Questo è il lasso di tempo musicale: l’educazione tragico sentimentale di diverse generazioni temporali sfocia poi con un action shit painting.

Da lì nasce la storia di due ragazzi di 23 anni a Manchester nel 1995, che dopo un concerto dei Massive Attack (Angel fa da colonna sonora alla prima storia) decidono di andare al tempio della musica del momento, il mitico New Osborne. Lì, quei giovani scopriranno il suono tecno del loro tempo. Cito da un’intervista fatta al El Conde dal giornalista Pablo Caruana Húder e pubblicata su un periodico spagnolo:

“Una musica semplice, costante e ripetitiva, senza variazioni, senza complessità. Musica che non ha testi, musica che non ti dice nulla, musica che non intellettualizza, musica che non ti inganna, musica che ti penetra e soprattutto musica con volume. Un colpo grave, ritmico, continuo che ricorda la semplicità del tempo e allo stesso tempo la complessità del tempo”. E ancora: “Una marea di persone agita i loro corpi allo stesso ritmo. Invocano la complessità del tempo e ballano volendo scomparire…” Una storia di amore, corpi e LSD. Questa prima storia ci parla di quel passato in cui una generazione si è aperta al mondo quando Margaret Thatcher disse “La società non esiste, esistono solo gli individui…” I testi e la voce femminile che narra la storia procedono a ritmo diegetico.

Da lì, verranno altre storie che proseguono sulla sottile linea tra finzione e realtà. Nella seconda un impiegato di banca che, in un cinema sperduto in una Atene d’inizio crisi del 2006, vede un film sulla gioventù anni’80 incontra ripetutamente un tizio più giovane di lui: il tutto viene commentato da una voce narrante over. Questa gay story potrebbe omaggiare il cinema di Fassbinder con un finale ardente. Nella terza storia troviamo una biologa marina trans che tornando a casa legge una lettera lasciatagli dalla nonna morta, che si conclude con “Non aver paura”. Le didascalie ci accompagnano mentre un performer con gesti lenti tinge di nero due pareti bianche, come se ci volesse dire che l’inclusività non esiste.

Infine la quarta storia, ambientata nel futuro, esattamente nel 2036 a Venezia, al teatro della Fenice, dove in mezzo ad un dramma dai contenuti social environmental, irrompono in scena degli eco-attivisti smerdando gli spettatori in sala. Una storia che è anche un epilogo di riflessione meta-artistica, nel solco dei Friday for Future.

Non c’è trucco non c’è inganno, non esiste nessuna quarta, quinta , sesta parete tra le storie. Esistono solo pochi grandi pannelli che intrattengono il pubblico; le quattro storie si aprono e chiudono con l’aiuto dei tre attori in scena che svolgono con lentezza i movimenti dei cambi scena, sotto gli occhi degli spettatori, muovendo i pannelli fino ad arrivare ad un finale simile ad una installazione da happening d’arte concettuale.

Le didascalie, veri e propri testi, sono asciutti e vanno a ritmo seguendo una narrazione che non è parlata, non ci sono mai dialoghi: “I personaggi che non hanno immagine e sono solo parole sono come gocce d’acqua attraversate dalla luce che le fa brillare per un istante e poi le riporta alle profondità dell’anonimato” come lo sono i tre attori sul palco. Non succede nulla in scena e allo stesso tempo tutto accade. Non è teatro in senso classico, è un modo di rappresentare il disagio di un universo giovanile e il pubblico s’interroga se vale la pena di soccombere o combattere per una società consona ai nostri ideali. 

El Conde ha voluto che fosse il pubblico a sviluppare il film durante lo spettacolo, per essere trasportato in un virtuale “Luz de Un Lago”. Sarebbe stato interessante, da un punto di vista soggettivo, dare forse più enfasi ai quattro episodi con maggiori sottolineature musicali. La fine è come uscire dalla sala cinematografica perché la Compagnia annulla il rito di  ringraziamento con gli spettatori.

Luigi Rinaldi

  • regia e drammaturgia Tanya Beyeler e Pablo Gisbert
  • scenografia La Cuarta Piel (César Fuertes, Iñigo Barrón García, Ximo Berenguer), Isaac Torres, El Conde de Torrefiel
  • performer Mireia Donat Melús, Mauro Molina, Isaac Torres
  • sculture Mireia Donat Melús
  • coordinazione e direzione tecnica Isaac Torres
  • suonoRebecca Praga, Uriel ireland
  • luci Manoly Rubio García
  • video Carlos Pardo, María Antón Cabot
  • distribuzione e produzione Alessandra Simeoni
  • una produzione CIELO DRIVE – Alessandra Simeoni
  • con il supporto di ICEC – Generalitat de Catalunya, Festival TNT, Terrassa Teatre Principal de Lloret de Mar
  • coproduzione Festival GREC – Barcelona, CC Conde Duque – Madrid, Théâtre St. Gervais – Genève, Teatro Municipal de Porto – Rivoli, Festival d’Automne – Paris, Festival delle Colline Torinesi, Teatro Metastasio di Prato, VIERNULVIER – Gent