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To DA BONE/POSARE IL TEMPO
PARTE PRIMA: TO DA BONE DI (LA HORDE)
To Da bone è uno spettacolo che nasce dalla collaborazione tra (LA)HORDE e un gruppo di undici danzatori provenienti da tutto il mondo.
(LA)HORDE è un collettivo artistico fondato nel 2011. La direzione è composta da tre artisti: Marine Brutti, Jonathan Debrouwer e Arthur Harel che lavorano all’incrocio tra danza, arti visive e performance.
Lo stile di ballo di To Da bone, il “jumpstyle”, nasce agli inizi degli anni Duemila tra Belgio e Olanda ed è basato sul solo movimento delle gambe attraverso calci, rotazioni e salti. I tre giovani artisti definiscono questo nuovo genere come danza “post-internet”, poiché esiste soprattutto online.
Infatti, come ci spiega il danzatore Thomas Topa Hongre, nell’intervista svolta da Elisa Vaccarino, la danza di To Da Bone è una danza “personale” che non si insegna nelle scuole di danza ma si apprende da soli, nella propria stanza, grazie ai video tutorial su Youtube. Inoltre, è proprio grazie a Internet che Thomas è venuto in contatto con la community francese di Jumpstyle e poi le altre community nel mondo.
Interessante quindi è assistere, nonostante tutti i limiti di una fruizione dello spettacolo in streaming, a questo genere di danza proprio nella stessa piattaforma in cui è nata. Il ritmo della musica elettronica scandisce lo spettacolo e insieme a degli intermezzi di parti recitate dai ballerini, contribuisce a tenere viva l’attenzione dello spettatore che difficilmente riuscirà a distogliere lo sguardo dallo schermo.
coreografia (LA)HORDE / Marine Brutti, Jonathan Debrouwer, Arthur Harel
regia e tecnica David Goualou
musiche Aamourocean (Antoine Boule, Ulysse Klotz)
disegno luci Patrick Riou
danzatori 11 non specificati
referente audio e coach del gruppo danzatori Céline Signoret
amministrazione e produzione Clemence Sormani
PARTE SECONDA: POSARE IL TEMPO DI CLAUDIA CATARZI
Al contrario di To Da Bone, ritengo che “ Posare il tempo” di Claudia Catarzi si adatti difficilmente ad una visione online che non permette di cogliere la profondità prospettica e le diverse angolature attorno alle quali ruota lo spettacolo, che sono (a mio parere) necessarie per poter essere apprezzato al meglio.
Nonostante questo, dal breve estratto che è stato trasmesso lo scorso 22 maggio, si intuisce un lavoro interessante, basato sulla presenza dei corpi attratti al suolo dalla forza di gravità e allo stesso tempo corpi che si attraggono tra di loro. Idee sulle quali molti ballerini contemporanei stanno basando i loro lavori (un esempio è Andrea Dore con lo spettacolo “ Underground Roof”) e che ben riflettono un momento, come quello attuale , di “decentramento” dell’uomo.
coreografia Claudia Catarzi
con Claudia Caldarano, Claudia Catarzi
percussioni live Gianni Maestrucci
drammaturgia Amina Amici
musiche originali e drammaturgia sonora Bruno De Franceschi
sound design Francesco Taddei
light design Massimiliano Calvetti, Leonardo Bucalossi
produzione La Manufacture – Centre de Développement Chorégraphique National Bordeaux Nouvelle – Aquitaine
in coproduzione con La Briqueterie – Centre de Développement Chorégraphique National du Val-de-Marne, POLE-SUD – Centre de Développement Chorégraphique National / Strasbourg, Art Danse – Centre de Développement Chorégraphique National Dijon Bourgogne, Centre Chorégraphique National Malandain Ballet Biarritz, Le réseau Tremplin: Danse à tous les étages – Bretagne, L’Etoile du Nord – Paris, Le Mac Orlan – Brest, Le Triangle – Rennes, Chorège – Falaise, Centre Chorégraphique National de Nantes, CANGO – Firenze, Company Blu
Graces / match 2
Opening Festival Interplay digital 20/20
Continua la lettura di Graces / match 25 REALTÀ TORINESI IN VERSIONE ONLINE CHE VI CONSIGLIAMO
In questo periodo difficile di crisi economica e sanitaria e di distanziamento sociale, il mondo della cultura si è raccolto attorno al dibattito sul rapporto tra spettacolo dal vivo e nuovi media. Sembra evidente che il teatro possa accadere solo ed esclusivamente in presenza del pubblico. Eppure è stata proprio la cultura a tenere compagnia a tutti in questi giorni solitari. Noi universitari siamo ormai a casa da oltre due mesi e fremiamo all’idea di tornare ad inebriarci di quel meraviglioso campo magnetico che si crea nei teatri. Tuttavia abbiamo trovato conforto nel vedere che anche in questa drammatica situazione artisti e teatri, ognuno a suo modo, stanno facendo sentire il loro essere vivi e scalpitanti. Quale che sia il punto di vista riguardo allo slittamento nel mondo digitale, vi consigliamo cinque realtà torinesi che hanno pensato a modi alternativi per affrontare la chiusura, chi rendendo disponibili i propri spettacoli in streaming, chi provando a riflettere più a fondo sulle possibilità di nuovi e vecchi mezzi.
1. FACCIAMO LUCE TUTTI INSIEME
Ben sei delle principali istituzioni culturali torinesi si sono unite in questo progetto strutturato in due giornate. La Venaria Reale, il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, il Teatro Regio Torino, la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, il Teatro Concordia – Fondazione Via Maestra – Venaria Reale hanno deciso di dedicare al pubblico una serie di concerti, letture e performance teatrali registrate, proposte in diretta streaming dalla Galleria Grande della Reggia di Venaria. Il primo appuntamento è purtroppo già passato, ma siamo ancora in tempo a seguire il secondo.
QUANDO: domenica 10 maggio 2020 dalle ore 17
DOVE: sulle pagine social delle sei realtà coinvolte oppure a questo indirizzo (dove troverete anche tutte le informazioni più dettagliate e il programma)
Tutte e sei le realtà stanno inoltre costantemente aggiornando i profili social con piccole iniziative ed approfondimenti. In particolare, il Teatro Regio sta portando avanti il progetto #operaonthesofa, con il quale vengono condivisi i video delle prove generali di alcune prestigiose produzioni del teatro, disponibili nella playlist youtube qui. Per non parlare della riconversione della propria sartoria alla produzione di mascherine: circa 2000 alla settimana, in dotazione gratuita alla Protezione Civile!
Il Teatro Stabile invece porta avanti l’iniziativa #stranointerludio, per tenere vivo il rapporto con il proprio pubblico attraverso una serie di clip con protagonisti artisti amati (tra cui il direttore artistico Valerio Binasco) sul tema dell’intimità di un gesto quotidiano quale quello della cucina. Tutte le clip, in aggiornamento giornaliero, sono disponibili qui.
2. BE UNHAPPY! A CASA
Anche Fertili Terreni Teatro – che unisce A.C.T.I. Teatri Indipendenti, Cubo Teatro, Tedacà e Il Mulino di Amleto, nei tre spazi Teatro Bellarte, Cubo Teatro e San Pietro in Vincoli Zona Teatro – non si è scoraggiato e ha deciso di rendere disponibile la sua stagione Be Unhappy! in streaming, ripensandone il cartellone. Ogni titolo è disponibile per una settimana, fino al 31 maggio.
QUANDO: dal 31 marzo al 31 maggio
DOVE: sul loro sito (dove troverete anche tutte le informazioni più dettagliate e il cartellone)
3. INTERPLAY 20/20 DIGITAL
Interplay (Mosaico Danza), il festival internazionale di danza contemporanea che festeggia quest’anno il suo ventesimo anniversario, ha fatto una scelta coraggiosa: metà festival si terrà comunque, in formato digital attraverso live streaming nel periodo annunciato (dal 20 al 30 maggio) e l’altra metà è posticipata tra settembre e novembre. Il calendario del festival sarà rispettato il più possibile, tra talenti italiani e stranieri, ed arricchito da interviste, incontri con artisti, giornalisti ed esperti ed altri contenuti digitali. Gli spettacoli saranno trasmessi nella loro interezza, molti ripensati per adattarsi meglio al nuovo medium. L’idea alla base di questa scelta è sì quella di rivolgersi al pubblico affezionato che sente la mancanza dello spettacolo dal vivo, ma allo stesso tempo quella di far appassionare – tramite questa modalità di fruizione alternativa e certamente facilmente accessibile – anche coloro i quali non si sono mai avvicinati a questo mondo.
QUANDO: dal 20 al 30 maggio, a partire dalle ore 21
DOVE: sulle pagine Facebook e Instagram così come sul sito (dove troverete anche tutte le informazioni più dettagliate e il programma)
4. MICHELE DI MAURO / MARCIDO MARCIDORJS
Sia Di Mauro – che a causa dell’emergenza ha dovuto interrompere le repliche dell’Arlecchino servitore di due padroni per lo Stabile – che lo storico gruppo teatrale dei Marcido hanno deciso di non fermarsi e di sperimentare forme alternative per “condividere un po’ di bellezza” e sentirci tutti meno soli.
Michele Di Mauro ci porta nella sua Isola che c’è: “un Luogo, un appuntamento quotidiano […] dove incontrarsi senza maschere né mascherine.” Dalla sua casa a San Mauro Torinese, condivide con noi delle pillole d’attore, letture di brani teatrali e letterari.
E tali sono anche le Letture per una buona sosta di Marcido Marcidorjs, che ha scelto di non mettere in isolamento le sue “Voci” e continuare a raccontare, in un viaggio attraverso i secoli, da Esopo a Montale.
QUANDO: tutti i giorni e sempre disponibili
DOVE: sul profilo Facebook di Michele Di Mauro e sulla pagina di Marcido Marcidorjs.
5. FUORI QUADRO – AIACE E TPE
L’ultima proposta ci riguarda più da vicino, in quanto patrocinata dal DAMS di Torino. Grazie all’incontro tra l’associazione AIACE e il Teatro Piemonte Europa, il cinema e il teatro si confrontano per riflettere sugli scambi tra i due medium. Il primo di due incontri omaggerà i 100 anni dalla nascita di Federico Fellini, dialogando attorno allo spettacolo Giulietta – in cartellone TPE e rinviato a causa dell’emergenza – e il film del regista riminese Giulietta degli spiriti.
L’incontro tra le due realtà è piuttosto singolare ed interessante, se pensiamo che Valter Malosti si è dichiarato fin da subito contrario alla trasmissione in streaming degli spettacoli in cartellone. Il direttore artistico del TPE è stato invece propenso ad una riflessione più ampia sul teatro e sui mezzi, rivolgendo lo sguardo in primis ad una rivalutazione della radio: per gli abbonati ha infatti reso disponibili alcuni radiodrammi.
QUANDO: martedì 12 maggio alle ore 18
DOVE: sulla piattaforma Zoom a questo indirizzo con le seguenti credenziali:
Meeting ID: 972 0327 7931
Password: 562842
Ada Turco
L’anima buona del sezuan
“Sventurata la terra che ha bisogno d’eroi.”
(Bertolt Brecht)
Secondo il pensiero cinese ogni cosa è divisa tra lo Yin (nero) e lo Yang (bianco), e rappresenta un equilibrio, un dosaggio fluido e misterioso di queste due componenti. Lo Yin e lo Yang sono energie opposte e complementari che in costante interazione reciproca producono il mutamento e costituiscono l’essenza delle cose e della vita. Lo Yin per poter esistere deve contenere una parte di Yang e viceversa.
L’anima buona del Sezuan è una “parabola” cinese, così come la definì lo stesso Brecht quando nel 1938 cominciò a scriverla, che riprendendo il concetto dello Yin e dello Yang, parla dell’impossibilità di poter vivere pienamente il “bene” senza portare a difesa di esso un alter ego cinico di “male” che fa scelte impopolari per proteggere il bene dall’egoismo e dall’avidità circostante.
Elena Bucci e Marco Sgrosso, come eredi del teatro di Leo de Berardinis, sono consapevoli che scrivere per il teatro è dare spazio al non detto, che sperimentare nuovi linguaggi può coincidere con la riscoperta della tradizione, che disgregare un classico in funzione di un suo riuso può significare ritrovare e rifondare un mito come quello della commedia dell’arte per coniugare la comicità sfrenata con la sacralità di una “parabola” antica, come in questo caso, divenuta un “classico” a malincuore di Brecht, per sospendere il personaggio o la maschera in funzione di un graduale e contraddittorio rivelarsi. Una partitura densa di sonorità inaspettate tra le escursioni nell’oralità popolare e nella lingua letteraria, per le scelte pluristilistiche e dialettali in funzione antimimetiche. In scena, sempre seguendo l’insegnamento di De Berardinis, svelati i misteri dei rumori e della musica effettuati dal vivo dal bravo musicista/rumorista Christian Ravaglioli.
Lo spettacolo è corale: 9 attori in scena a interpretare a rotazione tutti e i 21 personaggi del dramma di Brecht. Lo spettacolo dura più di 2 ore ma il ritmo è serrato e non c’è sosta né per gli attori né per gli spettatori, decisamente rapiti dalla bravura di questi performer che hanno saputo trovare nella “maschera” della commedia dell’arte una sintesi equilibrata tra teatro occidentale e teatro orientale. Tradizioni nostrane si mischiano alla sacralità rituale di un teatro apparentemente distante e il tradire questa forma facendone nascere una nuova è il modo migliore per restituire l’epicità del lavoro brechtiano.
I corpi hanno la proprietà della danza, e il canto e il ballo non entrano mai veramente in scena ma divengono quasi la naturale conseguenza di un ritmo organico che viene mantenuto per tutto lo spettacolo. Si ha come l’impressione che gli attori e le scenografie, quelle edicole che ricordano le postazioni dei drammi sacri, concorrano insieme a formare un unico organismo vivente, con un suo respiro, con una sua personalità, con una sua anima combattuta tra il bene e il male. Su tutto un alone di divinità beffarda che guarda in disparte e sorniona e che non ha nulla a che vedere con le tre divinità venute da chissà dove alla ricerca di quell’anima buona. Quelle divinità infatti, come gli altri personaggi, sono funzioni anch’esse che concorrono alla creazione di quell’organismo unico. No, la divinità sorniona è data da quel disco di metallo sospeso nel cielo al centro del palco, come un gigantesco occhio del Grande Fratello. Richiamo immediato al Gong orientale che veniva usato come strumento per il richiamo e il rilassamento totale dell’anima. Ma che ricorda anche più nostranamente la Luna di Ciaula, che rischiara con incredibile stupore un’anima priva di consapevolezza.
Alla fine dello spettacolo, questo gigante buono, costituito dal torace di quelle impalcature con i colorati attori a rappresentare i vari stati d’animo, sembra sedersi stremato e dichiarare nell’epilogo lo spasimo della sua disfatta:
«Deve cambiare l’uomo? O il mondo va rifatto? / Ci vogliono altri dei? O nessun dio affatto?».
Ma, poi, ciò che conta è il compito affidato agli spettatori in quanto cittadini: constatato che «siamo annientati, a terra, e non solo per burla!», non «v’è modo di uscir dalla distretta / se non che voi pensiate fin da stasera stessa / come a un’anima buona si possa dare aiuto, / perché alla fine il giusto non sia sempre battuto».
Durante gli applausi finali si ha come l’impressione che, in questo spettacolo vissuto come organismo vivente, alla fine si ritrovino a battere all’unisono insieme ai cuori degli spettatori e degli attori anche un po’ quelli di Brecht e De Berardinis.
Nina Margeri
DI BERTOLT BRECHT / TRADUZIONE DI ROBERTO MENIN
PROGETTO ED ELABORAZIONE DRAMMATURGICA ELENA BUCCI, MARCO SGROSSO
REGIA DI ELENA BUCCI / CON LA COLLABORAZIONE DI MARCO SGROSSO
CON ELENA BUCCI, MARCO SGROSSO, MAURIZIO CARDILLO, ANDREA DE LUCA, NICOLETTA FABBRI, FEDERICO MANFREDI, FRANCESCA PICA, VALERIO PIETROVITA, MARTA PIZZIGALLO
DISEGNO LUCI LOREDANA ODDONE / MUSICHE ORIGINALI ESEGUITE DAL VIVO CHRISTIAN RAVAGLIOLI / CURA E DRAMMATURGIA DEL SUONO RAFFAELE BASSETTI / MACCHINISMO E DIREZIONE DI SCENA VIVIANA RELLA / SUPERVISIONE AI COSTUMI URSULA PATZAK IN COLLABORAZIONE CON ELENA BUCCI / SCENE E MASCHERE STEFANO PEROCCO DI MEDUNA
UNA COPRODUZIONE CTB CENTRO TEATRALE BRESCIANO – ERT EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE / COLLABORAZIONE ARTISTICA LE BELLE BANDIERE
LA FAMIGLIA DI PEEPING TOM SPIEGATA DA YI-CHUN LIU
Il pubblico di Torinodanza ha assistito alle creazioni della Peeping Tom, l’acclamata compagnia belga fondata da Gabriela Carrizo e Frank Chartier, che per la prima volta presenta in Italia la trilogia della famiglia. In tre serate abbiamo visto Vater(padre), Moeder(madre) e Kind(Figlio) a testimoniare la lunga ricerca con cui la Peeping Tom ha esplorato i più inquietanti meccanismi che governano i nuclei familiari dei nostri tempi.
Tra rappresentazione della realtà così come è e vivificazione di una fantasia evasiva, tra il concreto della vita e l’astratto dei sogni la ricerca coreografica condotta ha portato alla formazione di una danza surrealista, a una chiara drammaturgia che si avvale di una personale visione della scena e del suo utilizzo. Ma come un coreografo riesce a produrre un’opera danzata? Qual è il lavoro di inscrizione corporea che si effettua coi danzatori? Tutto questo ci viene spiegato da Yi-chun Liu.
Classe 1985, originaria di Taiwan, Liu inizia il proprio percorso di formazione artistica alla tenera età di 5 anni studiando la tecnica marziale del Kung-fu e avvicinandosi allo studio del balletto, della danza contemporanea e proseguendo con le analisi dell’improvvisazione, della Martial Arts e del Tai-Chi-Dao-In. Entrando nella compagnia Peeping Tom nel 2013 ha partecipato alla creazione di Vader come anche nelle successive due creazioni della trilogia nel 2016 e del recentissimo Kind.
Questa volta però Liu viene invitata dai danzatori del Balletto Teatro di Torino e dagli allievi della scuola per analizzare assieme i personaggi delle tre pièce, caratteri molto diversi tra loro seppur frutto dell’ingegno di un unico coreografo.
“Certo è che anche i danzatori hanno partecipato attivamente alla genesi e costituzione di questi caratteri”, afferma la danzatrice “eppure non posso spiegarvi il processo e la danza pensata che abbiamo pensato, creato e proposto; quello che posso fare e raccontarvi come io l’ho vissuta, quello che ho imparato e quello che mi è stato trasmesso”.
Dalle parole di Liu emerge l’immagine di un prodotto collettivo, un processo creativo che trova scaturigine dalla ricerca di figure, immagini e idee. A prevalere sono quelle costrittive che limitano i danzatori – “come esseri intrappolati nella carnalità corporea. Vedere solo uno spiraglio … una finestra, forse posta un po’ troppo in alto … non si può raggiungere”.
La ricerca di un movimento significativo procede inoltre con la coesistenza di due dimensioni, quelle che la forma del teatro per sua natura richiede sia presenti: una è data della scena, fisica e reale, l’altra è costituita dall’immaginario mentale, da forme e situazioni che risiedono nella mente degli esecutori. I danzatori studiano il “cosa possono dare” e “come posso agire” nell’ambiente creato dai coreografi. La realtà dei danzatori si presenta molto più ampia e dettagliata rispetto a quello che il pubblico riesce a percepire eppure è proprio questa dimensione immateriale che dona significato allo spazio fisico della scena che si fa simbolo vuoto da riempire di senso.
Il workshop proposto da Liu di Dance Physical Theatre ha cercato di spiegare questa filosofia di costruzione artistica. Sentire lo spazio che ci circonda e che abitiamo, i suoi colori e i suoi suoni. Conosciamo gli attori che con noi condividono la “scena dalla sala”? Imponiamoci dei limiti, delimitiamo il nostro spazio di azione: è un cubo. La testa e piedi sono i limito del corpo.
Procede così una ricerca personale: dal limite al movimento, dallo sguardo alle motivazioni o sviluppo intenzionale … l’effetto emozionale arriva da una sensazione fisica o da uno stato d’essere. “Così facendo l’azione che agiremo non sarà mai attoriale ma naturale”.
HARLEKING / BROTHER – FESTIVAL INTERPLAY
Immaginate la potenza di una creazione capace di influenzare le rappresentazioni a distanza di cinque secoli. La commedia dell’arte riesce in questa impresa sconfinando nel mondo della danza con “Harleking” del duo italo-tedesco Gineva Enrico.
Ad aprire la stagione del festival “Interplay” sono due giovani artisti che portano in scena un contemporaneo passo a due.La frivolezza della più celebre maschera della commedia dell’improvviso segue un canovaccio che prima lascia spazio all’improvvisazione per diventare sempre più vincolante. I riflettori si scaldano sui movimenti spontanei causati dalle contrazioni muscolari dovute al riso. Il mescolarsi del sogghigno con spasmi dovuti a conati non permette allo spettatore di rallegrarsi, e ricorda la fame senza freni della maschera originale. La forte gestualità passa attraverso la valorizzazione del corpo e delle pose attribuite all’Arlecchino del passato, in questo caso senza maschera, ma facilmente riconoscibile. La partitura diventa sempre più serrata fino ad entrare in un loop magnetico. La staticità delle gambe si contrappone al continuo moto delle braccia trasformate in arti meccanici e costrette ad eseguire una sequenza infinita sempre simile ma mai identica. Sorprende come il movimento dei due performer, nonostante si faccia minuto fino a ridursi al moto delle sole falangi, riesca ad ipnotizzare il pubblico.
“Brother” è una panoramica sul mondo del movimento. Marco Da Silva Ferreira, coreografo portoghese nominato Aerowaves Twenty18, utilizza i corpi dei sette performer come malleabile argilla prima della cottura. Presentando uno ad uno ogni danzatore, l’autore dona a ciascuno un momento solistico atto a mostrare le doti personali. Il movimento viscerale che caratterizza ognuno si distingue da quello degli altri compagni di scena per intensità, stile e utilizzo del corpo, dando così allo spettatore una varietà visiva fuori dal comune. Questa diversificazione la troviamo anche durante i momenti di insieme che, pur avendo una partitura ben definita, lasciano la possibilità ad ogni interprete di dare un’impronta personale al gesto. Ritroviamo sul palco movimenti che percorrono la storia della danza fino ai tempi più recenti, nobilitando linguaggi come il voguing che difficilmente vengono illuminati dai riflettori di un palcoscenico di questo genere. Il sapiente utilizzo della musica dilata oltre al visivo la creazione di Marco Da Silva Ferreira creando echi dei versi primordiali prodotti dai ballerini durante lo sforzo fisico.
di Davide Peretti
INTERPLAY 2019
Associazione Culturale Mosaico Danza
HARLEKING
di e con Ginevra Panzetti, Enrico Ticconi
sound design Demetrio Castellucci
light design Annegret Schalke
costumi Ginevra Panzetti, Enrico Ticconi
illustrazioni e grafica Ginevra Panzetti
diffusione Marco Villari
BROTHER
direzione artistica e coreografia Marco Da Silva Ferreira
performers (fase creativa) Anaísa Lopes, Cristina Planas Leitão, Duarte Valadares, Filipe Caldeira, Marco da Silva Ferreira, Max Makowski, Vitor Fontes
assistente direzione artistica Mara Andrade
direzione tecnica e design luci Wilma Moutinho
musiche dal vivo Rui Lima and Sérgio Martins