Chi ha il potere di scegliere la vergine sacrificale? E’ solo una la vittima che si deve immolare per il bene della comunità? Chi detiene il diritto di questa scelta? Per convenzione si risponderebbe: i vecchi, i saggi, gli eletti… ma siamo sicuri che l’anzianità serbi in sé il potere della saggezza assoluta e l’autorità del decidere cosa sia giusto o meno anche per gli altri?
Carlo Massari con la sua produzione Right propone allo spettatore interrogativi di questa portata.
Nella serata di sabato 28 maggio, una settimana dopo l’opening dell’ultima edizione di Interplay 22 – Festival internazionale di danza contemporanea e performing art – sono andati in scena al Teatro Astra di Torino i lavori di Giselda Ranieri, Roberto Tedesco e Thomas Noone. Gli ultimi due firmano le coreografie per la MM Contemporary Dance Company di Michele Merola. Il Festival, che, come nelle precedenti edizioni, vuole essere un luogo di incontro tra giovani artisti nazionali e internazionali, pubblico e operatori, quest’anno tocca tematiche che vanno dalle diseguaglianze sociali alle discriminazioni di genere, senza spostare troppo lo sguardo, in ogni caso, dal tema di fondo, ovvero la bellezza che, mediante l’arte, può anche divenire importante strumento di lotta alla violenza. In questa edizione di Interplay/22, inoltre, anche lo spazio performativo acquista particolare importanza e, attraverso una programmazione che esplora luoghi periferici, o inconsueti, della città per performance outdoor, tenta di smarcarsi dagli spazi generalmente adibiti all’intrattenimento e allo spettacolo dal vivo. Desiderio che si è senz’altro intensificato nel ritorno del festival in presenza, dopo i due scorsi anni, colorandosi di un entusiasmo che sembra voler rilanciare una tematica molto citata già da fine anni Sessanta, quella del “decentramento”, ma che di fatto, il più delle volte e negli anni a venire, si è risolta in progetti astratti o estemporanei. Per quanto riguarda, invece, il panorama internazionale, per quest’edizione il focus è sulla Spagna, con cinque compagnie selezionate all’interno della rete spagnola A Cielo Abierto, sempre nell’ottica di portare in scena il più possibile artistə fuori dai circuiti mainstream, e mostrare i percorsi più inediti e più interessanti della scena extra-nazionale.
Non si può dire che i due personaggi fossero amanti. Ma considerata la loro posizione, si può ipotizzare. (Massimo Osanna, archeologo)
Per anni un calco pompeiano è rimasto nascosto ai visitatori. Si tratta di due figure distese per terra intrecciate in un tenero abbraccio, rinvenute nel 1922 a Pompei. Anche questi corpi sono stati sorpresi dall’eruzione del Vesuvio che ha, per sempre, immobilizzato il loro legame di cui rimane una sola immagine dopo oltre 2000 anni.
È stato il giovane coreografo Adriano Bolognino a dare possibilità di movimento a queste due figure intrecciate, con la coreografia Gli Amanti, lo stesso nome con cui è conosciuto il calco. La performance è stata presentata, con la prima regionale, nella serata di Interplay Festival ’22 il 25 maggio 2022 presso la Casa della Danza in Piemonte, La Lavanderia a Vapore.
Palcoscenico Danza ha ospitato il coreografo Roberto Castello nelle serate del 13 e 14 aprile al Teatro Astra con il suo nuovo lavoro, Inferno, presentato per la prima volta a Romaeuropa Festival lo scorso novembre.
“Non è facile accostarsi a un Mito” si legge nella nota dello spettacolo Alda Merini. Una storia diversa, in programma al TPE di Torino. Sebbene comprenda il motivo per cui ci si possa accostare a una donna “scomodamente immensa” come la Merini come a un mito, quest’associazione lascia qualche dubbio, proprio perché come scrive lei stessa di sé
“E se diventi farfalla nessuno pensa più a ciò che è stato quando strisciavi per terra e non volevi le ali” – (Alda Merini)
È in quello strisciare “per terra” che nasce la poesia e la donna Alda Merini, piuttosto che dalle “altezze” del mito. Mitizzarla sarebbe come snaturarla, con il rischio, come è accaduto, di renderla icona bidimensionale, perdendo quella dimensione carnale che è stata per lei motivo di vita, nel vero senso della parola.
Alda Merini. Una storia diversa e Alda. Diario di una diversa sono due spettacoli omaggio alla poetessa milanese scomparsa nel 2009 che per dodici anni ha vissuto in manicomio, in un periodo in cui si praticava ancora l’elettroshock. I due spettacoli parlano della stessa storia, usano gli stessi riferimenti testuali e hanno persino (o quasi) lo stesso titolo ma sono paradossalmente agli antipodi.
Perché?
Alda. Diario di una diversa andato in scena al Gobetti di Torino è uno spettacolo compiuto, che striscia nella polvere ma che sa innalzarsi su vette altissime senza perdere mai il peso dei corpi, capaci di ripiombare rovinosamente a terra anche dopo aver raggiunto altezze considerevoli, proprio come lei.
Alda Merini. Una storia diversa è fondamentalmente un reading, una voce senza corpo, uno spettacolo persino forse stucchevole con momenti di ridondante e didascalica banalità.
“Rosse rosse” dice l’attrice indicando con la mano delle rose rosse per terra sul palco. “E fumavo, fumavo” legge l’attrice mentre con le dita mima il gesto del fumare. Fino ad arrivare alla scomparsa definitiva di un corpo già inconsistente, per dare spazio a immagini statiche che si alternano sulla parete di fondo sulle note di brani ben noti che fanno l’occhiolino a un facile sentimentalismo.
Rose rosse per terra, un baule e un leggio. L’eco di una voce.
Così si può riassumere lo spettacolo Alda Merini. Una storia diversa con una frase che non è una frase, proprio perché lo spettacolo non è uno spettacolo. Il motivo per cui non possiamo definire “frase” la successione di parole sopracitate è per l’assenza della parte fondamentale di ogni preposizione: il verbo. L’assenza del verbo implica la mancanza di un’azione e di conseguenza di un “senso”, così che le parole private della possibilità di organizzarsi attorno ad esso rimangono un mero elenco. Ed è esattamente quello che accade durante lo spettacolo, la mancanza di “azione” che si limita allo spostamento dell’attrice da un luogo deputato a un altro (il leggio, le rose rosse e il baule) dove principalmente vengono letti brani e poesie scritti dalla stessa Merini pongono una scelta stilistica che si concentra principalmente sulla parola piuttosto che sul corpo. Anche nel breve monologo centrale, durante il quale le parole, seppur non lette, vengono comunque declamate, non assistiamo a una vera e propria interpretazione. L’attrice nonostante pronunci parole in prima persona, così come sono state scritte dalla Merini, non ci dà mai l’impressione di trovarci davanti a un personaggio ma al massimo a un narratore che ci sta leggendo una favola.
Ph Bepi Caroli
In Alda. Diario di una diversa si apre il sipario e vediamo tutto il palco ricoperto di sabbia, con un cumulo sullo sfondo a sinistra a formare una piccola sommità. Adagiati alla base e sul pendio di questa piccola vetta dei corpi inanimati, quattro donne e un uomo, appaiono come “cose” dimenticate. Troviamo due sedie sparse e un praticabile sulla destra, dal lato opposto della piccola altura, anche queste conficcate nella sabbia. Una donna avanza dal fondo verso una sedia in proscenio con indosso un cappotto e un abito che si intravede, come a volerci restituirci vagamente il sentore di un’epoca. Indossa scarpe scure con dei tacchetti bassi che affondano nella sabbia. Un corpo ingombrante, la fatica dello spostamento verso la sedia a causa della sabbia ma, seppur differente nelle sembianze, appare, dapprima con pudicizia e poi sempre più sfacciatamente, il personaggio di Alda Merini che lascia le pagine dei suoi scritti per prendere nuovamente vita in tutta la sua carnalità, come carnali saranno i suoi ricordi che in quei corpi adagiati troveranno presto nuova vita.
La bellezza di un corpo che manifesta la qualità della danza rende ancora più sublime questo confine tra realtà e finzione non solo inteso come soglia tra gli interpreti e gli spettatori ma come soglia tra il dentro e il fuori della donna, dell’amante, della madre, della poetessa Alda Merini.
Ph Bepi Caroli
Sulle sabbie del tempo i ricordi prendono corpo e la stessa spaventosa meraviglia della vita rifiorisce attraverso il gioco del teatro. Così cornici e altalene calano dal soffitto, sedute capovolte svelano nuovi utilizzi, cambi di abiti a vista, cambi di peso, ciò che è leggero appare pesante e viceversa, il fremito di una magia come stupore infantile che prende campo e il baratro di una solitudine che non ci abbandona mai. Su tutto e dentro tutto nuvole di sabbia, montagne da scalare, mani che tastano e afferrano la vita con violenza, trucco sbavato che accarezza.
La sigaretta non è un gesto mimato distrattamente tra una parola e l’altra è fuoco che arde e brucia è fumo tra le dita che va a confondersi con le nuvole di polvere diventando un tutt’uno. Le rose rosse non sono macchie per terra da indicare ma un mazzo dal gambo lungo di metallo che come giavellotti vengono lanciati e conficcati nella sabbia ad ogni passo che Pier compie per avvicinarsi ad Alda, come dardi piantati nel cuore.
La sigaretta non è un gesto mimato distrattamente tra una parola e l’altra è fuoco che arde e brucia è fumo tra le dita che va a confondersi con le nuvole di polvere diventando un tutt’uno. Le rose rosse non sono macchie per terra da indicare ma un mazzo dal gambo lungo di metallo che come giavellotti vengono lanciati e conficcati nella sabbia ad ogni passo che Pier compie per avvicinarsi ad Alda, come dardi piantati nel cuore.
Ph Bepi Caroli
In entrambi gli spettacoli gli spettatori erano entusiasti ma mentre in uno parlavano della bravura degli interpreti, della perfomance e sì anche di Alda Merini, nell’altro parlavano dei manicomi e della legge Basaglia e questo mi ha portato nuovamente a interrogarmi su che cos’è Teatro? Che cosa è Arte? Quale funzione deve assolvere uno spettacolo? Sempre che debba assolvere necessariamente funzioni diverse dal mero estetismo. Può anche uno spettacolo non riuscito sollevare riflessioni e porre accenti su aspetti che se no sarebbero forse dimenticati? Possiamo accettare per un fine più alto che anche l’approssimazione e la mancanza di profondità, di cura, di “bellezza”, possano svolgere una loro funzione educativa o morale? O è stata proprio questa accondiscendenza, questa tolleranza di un “all’incirca”, “quasi”, “ma va bene così perché tanto quello che conta è il cuore” l’inizio di una deriva inarrestabile?
In onestà non ho una risposta ma, nonostante mi senta un po’ “idiota”, continuo fermamente a credere che “la bellezza salverà il mondo”.
Nina Margeri
Alda Merini. Una storia diversa
scritto e diretto da Ivana Ferri – con Lucilla Giagnoni – voce fuori scena Michele Di Mauro – musiche di Don Backy, Lucio Dalla, Gianluca Misiti – luci e scene Lucio Diana – montaggio video Gianni De Matteis – coordinamento tecnico Massimiliano Bressan – organizzazione Roberta Savian – produzione Tangram Teatro Torino – con il sostegno di Ministero della Cultura e Regione Piemonte
Alda. Diario di una diversa
Da Alda Merini adattamento teatrale di “L’altra verità. Diario di una diversa di Alda Merini – Drammaturgia e regia Giorgio Gallione – con Milva Marigliano – e con i danzatori di Deos Danse Ensemble Opera Studio: Luca Alberti, Angela Babuin, Eleonora Chiocchini, Noemi Valente, Francesca Zaccaria – Coreografia Giovanni Di Ciccio – Scene Marcello Chiarenza – Costumi Francesca Marsella – Luci Aldo Mantovani
“White Out è l’omaggio a tutti gli alpinisti che sono spariti, o che scelgono il rischio di sparire, nel bianco senza fine delle altezze. I conquistatori dell’inutile.”
Giovedì 31 marzo 2022 la stagione Palcoscenico Danza di TPE ha ospitato al Teatro Astra l’ultima data torinese, dopo un intenso percorso a tre anni dal debutto nazionale, di White Out – la conquista dell’inutile di Piergiorgio Milano. Ad accoglierlo il tutto esaurito in sala e un pubblico che attende frizzante l’inizio dello spettacolo. La scena, invece, all’opposto della platea, è vuota e silenziosa, ricoperta soltanto da un lieve strato di neve; un vuoto che sembra prepararsi, come a prendere la rincorsa, ad esplodere in tutta la sua affascinante forza solitaria. Durante i sessanta minuti seguenti, infatti, il pubblico verrà trasportato sulla vetta di una montagna a 7000 metri di altitudine. Non si vedrà davvero una montagna in scena, ma il freddo, il rumore del vento, una solitudine bianca e la paura, andranno ad abitare l’immensità di uno spazio senza coordinate precise, dove l’aspirazione a scalare una vetta sarà l’unico obiettivo certo. Quale sarà la forma – reale o immaginaria – di questa vetta, cambierà a seconda dello sguardo. Ma questo non è ciò che conta veramente, come non è fondamentale domandarsi chi resterà vivo, oppure no, al termine della spedizione. La lanterna che illumina questa storia di moltitudini sarà la determinazione che spinge l’uomo a tenere salda la fune, sospesa nel vuoto, per compiere gli ultimi passi di una parete invisibile, e giungere, infine, alla conquista della propria – inutile – vetta.
Il 4 e 5 marzo 2022 è andata in scena Made4you-pink, la produzione a firma di Eko International Dance Project all’interno della rassegna Palcoscenico Danza 2022, diretta da Paolo Mohovich. Dopo due anni di attesa e di rinvii causati dalla situazione pandemica è stato recuperato lo spettacolo (già pronto dal febbraio 2020) che propone i lavori di cinque coreografe ed è dedicato al ricordo di Mirella Freni, Carla Fracci e Raffaella Carrà. Spiega la direttrice artistica di Eko Dance Project, Pompea Santoro: «Finalmente il Made4You – pink andrà in scena. Mancavano due giorni al debutto previsto per il 25 febbraio 2020 e doveva essere una serata dedicata al ricordo del soprano Mirella Freni, scomparsa proprio in quei giorni. Poi lo scoppio della pandemia. Sono passati due anni e, nonostante il nostro tempo si sia fermato, la vita è andata avanti portandosi via altre due grandissime artiste: Carla Fracci e Raffaella Carrà. Tre donne, che con la loro arte ci hanno ispirato lasciandoci un grande patrimonio artistico a cui attingere. A loro sarà dedicata la serata. Il gruppo di danzatori oggi è molto diverso rispetto a quella prima edizione, ma è proprio questo a rendere il progetto così speciale. Le coreografie vengono cucite addosso ai danzatori, con uno scambio creativo tra danzatore e coreografo che quest’anno è tutto al femminile».
Sabato 19 febbraio si è svolto il secondo appuntamento di Moving Bodies, Open Your Mind – Una nuova stagione spettacolare, la prima rassegna coreutica nata dalla collaborazione di OGR Torino e Fondazione Egriper la Danza/IPUNTIDANZA, con il supporto di Fondazione CRT, che prevede quattro spettacoli della Compagnia EgriBiancoDanza nelle suggestive cornici di Sala Fucine e Duomo. Sul palco, in quest’occasione, lo spettacolo Scritto sul mio corpo, dove le coreografie di Raphael Bianco guidano i danzatori della compagnia in un dialogo a tre, con la musica dal vivo dei BowLand, e il monologo interpretato da Silvia Giulia Mendola.