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TRILOGIA DELLE MACCHINE – Chiacchierata in-formale con Giuseppe Stellato e Domenico Riso

Durante la 27esima edizione del Festival delle Colline Torinesi è andata in scena alla Fondazione Merz La trilogia delle Macchine ideata e diretta da Giuseppe Stellato, artista visivo e scenografo.

Lo spettacolo è decisamente interessante per la presenza in scena di “attori” inusuali. Dove nasce l’idea di far raccontare storie a delle macchine?

GS: Prima di tutto da una grande curiosità. Il mio lavoro da scenografo mi ha dato sicuramente la possibilità di vedere le cose da una prospettiva diversa, osservando la meccanica di alcuni oggetti quotidiani dall’interno.

Poi siamo stati invitanti nel 2018 alla Biennale di Venezia che proponeva un tema dal titolo Atto Secondo: Attore/Performer per presentare un’istallazione performativa, e in quell’occasione abbiamo presentato Oblò e Mind the Gap.

Siamo partiti dalla domanda: Cosa succede in teatro se a “raccontare” sono gli oggetti? Ci divertiva molto ragionare sull’idea che una macchina potesse essere allo stesso tempo attore e spazio, o per meglio dire scenografia, luogo, dove accade l’azione.

Ricordiamo che la trilogia è formata da tre quadri che hanno come soggetto tre macchine differenti: una lavatrice, un distributore di snack e bibite e un bancomat ATM. Come mai la scelta di utilizzare proprio questi oggetti?

GS: Il soggetto di Oblò prende spunto da quel video virale di qualche anno fa che girava su YouTube dove alcuni ragazzi mettono un mattone dentro una lavatrice e poi l’azionano, dando vita ad una sorta di autodistruzione che abbiamo trovato di una violenza indicibile. 

Questo spunto ci ha dato la possibilità di riflettere in maniera differente sulla realtà, raccontando, in linea con la violenza del filmato di YouTube, un fatto di cronaca altrettanto violento: il corpo del bambino siriano ritrovato sulla spiaggia.

La foto di quel corpo ha avuto un’eco inimmaginabile su tutti i social globali. Per noi partire da quel soggetto di realtà è stato il pretesto per utilizzare un altro medium, in questo caso la lavatrice, che, come i social, ci costringe a prendere le dovute distanze da fenomeni feroci e cruenti come quello.

Quindi l’uso che fate dell’ironia è un altro strumento che utilizzate per prendere le distanze?

GS: Ah sì!!! Avete davvero colto degli elementi di ironia?!? Ci fa molto piacere, perché temevamo che il soggetto potesse essere troppo drammatico. Effettivamente dei momenti ironici ci sono e siamo contenti che li abbiate notati.  Sono nati dall’improvvisazione e dal nostro genuino divertimento in scena.

Torniamo ai temi tratti dagli altri quadri…

GS: Per Mind the gap, frequentando spesso le stazioni dei treni, mi sono più volte ritrovato a guardare con interesse e stupore il distributore di merendine notandone il potenziale espressivo. Abbiamo cominciato a divertirci studiando i meccanismi interni delle macchine e come potevano essere utilizzati per raccontare delle storie. Abbiamo voluto esplorare la relazione del corpo di un performer che passa nella relazione con la macchina da essere mero spettatore a tecnico che dà il via all’azione.

Nelle prime due storie sono state usate due macchine di uso quotidiano ma una con una funzione privata (la lavatrice) e l’altra con una funzione pubblica (il distributore di merendine).  Il terzo quadro è stato il naturale evolversi di un percorso che si andava via via delineando. Così nel Bancomat troviamo la sintesi delle due funzioni degli oggetti precedenti: un oggetto pubblico che conosce in maniera inquietante il nostro privato.

E tu Domenico, come ti sei trovato ad abitare una scena che era la protagonista assoluta rispetto al tuo agire satellitare?

DR: Va detto che io non sono un attore e in realtà neanche un performer. Io sono un tecnico, e mi sento molto a mio agio come “uomo delle macchine”. Conosco molto bene il loro funzionamento e so bene quello che possono fare. Per esempio molto del lavoro è stato fatto in scena durante improvvisazioni in cui montavamo e smontavamo le macchine scoprendone le varie possibilità comunicative. Interessante ci è apparso sin da subito il loro suono originale che abbiamo mantenuto in presa diretta durante gli spettacoli. Questo ci ha permesso di costruire un linguaggio vero e proprio sopra al quale abbiamo montato altre tracce audio che si andavano in alcuni momenti a sovrapporre e in altri ad affiancarsi istaurando un dialogo vero e proprio. Da questo incontro sono nate suggestioni che ci sembravano avere tanto da raccontare.

Come mai nel terzo quadro l’uomo delle macchine compare pulendo la scena invece che interagendo da subito con la macchina? Qual è il significato del pulire lo spazio? 

Il terzo quadro nasce per completare una trilogia che, come dicevamo, si è andata delineando in maniera naturale e organica; quindi, ci piaceva l’idea di ricominciare ripulendo una scena che nel quadro precedente era stata sporcata da tutti gli oggetti che cadevano giù dal distributore. Inoltre, visto che nei primi due quadri avevamo simbolicamente tracciato delle linee di confine, la linea rossa di Oblò e quella gialla di Mind the gap, con questo gesto abbiamo anche voluto sottolineare la volontà, prima di marcare e poi di cancellare questi confini tra soggetto e oggetto proponendo una soluzione in cui il privato e il pubblico si trovano inglobati su uno stesso piano.

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Quella sera erano presenti allo spettacolo anche gli studenti della scuola del Teatro Stabile di Torino ai quali è stato chiesto come avessero percepito l’assenza di una narrazione umana.

I ragazzi hanno risposto di essere rimasti molto colpiti da come, nonostante l’assenza di un attore in scena, le macchine potessero comunque risultare tanto espressive. L’interesse dei ragazzi è stato catturato non solo dalle tematiche trattate ma in modo particolare dall’originalità della loro messa in scena.

Nina Margeri


MANFRED – INTERVISTA AGLI ATTORI DELLA COMPAGNIA MADALENA REVERSA

Maria Alterno e Richard Pareschi spiegano la loro visione dell’ecodramma byroniano

Nella suggestiva area esterna della Fondazione Merz di Torino, i due giovani attori Maria Alterno e Richard Pareschi raccontano il processo creativo che li ha portati, dalle prime ricerche romantiche, ad una moderna versione dell’ecodramma byroniano. 

Portano sulla scena del Festival delle Colline 2022 una nuova interpretazione del Manfred, esplorando con originalità la tematica complessa della crisi climatica in corso, tema attuale oggi come nell’Ottocento del Romantic Disaster

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HEXPLOITATION – INTERVISTA ALLA COMPAGNIA SHE SHE POP

Il punto di vista dei performer Sebastian Bark e Johanna Freiburg

Trascriviamo l’intervista, tradotta dall’inglese, che ci ha permesso di confrontarci con gli attori del gruppo di performer tedesco She She Pop. Abbiamo avuto il piacere di ascoltare il punto di vista di Sebastian Bark e Johanna Freiburg. Sono emerse questioni interessanti riguardo diversi temi esplorati nello spettacolo Hexploitation che ha avuto luogo al Teatro Astra in occasione della ventisettesima edizione del Festival delle Colline Torinesi.

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DIARIO DI UN DOLORE – INTERVISTA A FRANCESCO ALBERICI, ASTRID CASALI ED ETTORE IURILLI

Dopo lo spettacolo Diario di un dolore, in scena all’Off Topic il 21 e il 22 ottobre e inserito all’interno del Festival delle Colline Torinesi, abbiamo avuto la possibilità di dialogare con l’autore dello spettacolo,  vincitore del Premio UBU miglior attore Under 35, Francesco Alberici, l’attrice dello spettacolo Astrid Casali e il Dramaturg Ettore Iurilli. Ora, prima di iniziare, seguendo un po’ la sensazione dello spettacolo di essere dentro un contesto amichevole se non familiare, precisiamo che l’intervista non è stata fatta a teatro ma a pranzo, attorno ad un tavolo, in un puro spirito conviviale.

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QUEER PICTURE SHOW – INTERVISTA A IRENE DIONISIO

UN OGGETTO DINAMICO E UN PÒ BIZZARRO

Dal 13 al 15 ottobre, per il Festival delle Colline Torinesi, è andato in scena all’Off Topic, Queer Picture show. In scena Giovanni Anzaldo diretto da Irene Dionisio. Firma la drammaturgia, oltre alla regista, Francesca Puopolo.  Dopo la prima, abbiamo colto l’occasione per intervistare Irene Dionisio.

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FUNERALE ALL’ITALIANA

Funerale all’italiana mette in scena il rituale per eccellenza, uno dei pochi ad essere sopravvissuto e poi tramandato nei millenni: la cerimonia funebre. Da pagano, diviene nel corso dei secoli un rito il più delle volte religioso, assumendo differenti connotazioni culturali e territoriali.

Lo spettacolo nasce da un’idea autobiografica dell’attrice protagonista, Benedetta Parisi, che cura la drammaturgia con l’aiuto di Alice Senigallia: il lavoro prende vita nell’arco di quasi tre anni, evolvendosi a partire dagli appunti sul funerale della nonna dell’attrice. La Parisi racconta quanto sia stato fondamentale anche il lavoro svolto sull’ improvvisazione a partire dal testo, che porta ad un inevitabile suo ampliamento.

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L’ANGELO DELLA STORIA – INTERVISTA A DANIELE VILLA

Venerdì 14 ottobre, per il Festival delle Colline Torinesi, al Teatro Astra è andato in scena L’angelo della storia, l’ultima creazione del collettivo Sotterraneo. Abbiamo recensito lo spettacolo qui, e colto l’occasione per intervistare Daniele Villa, che ne firma la drammaturgia.

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Intervista a Valerio Binasco

Parlare di se stessi

Attore e regista, Valerio Binasco è uno dei maestri del teatro contemporaneo italiano. Spesso porta in scena testi già nel loro significato più profondo attuali, ma riesce a volte a donargli delle tinte ancora più presenti, che fanno sembrare Amleto “quello della porta accanto”. Il suo doppio lavoro lo stimola a parlare molto con gli attori, facendoli diventare registi dei loro personaggi. Alla base di tutto, ed è anche quello che cerca di trasmettere agli attori, sono una forte emozione ed empatia, che gli permettono di studiare il personaggio partendo dalla domanda “come si sente?” per poi andare nelle parti più oscure del proprio essere. Per lui un attore che resiste alle emozioni è un cattivo attore. L’importante è non scadere in quella che definisce la pratica della “pornografia del dolore”. Non crede di avere la passione per il teatro, ma di essere un appassionato di questa “strana arte” che gli permette di fare il teatro.

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INTERVISTA A PAOLO NANI

Paolo Nani, attore, regista e trainer teatrale, classe 1956. Originario di Ferrara, stabilitosi poi in Danimarca, da anni gira il mondo con i suoi spettacoli: tra i quali ricordiamo La Lettera, L’Arte di Morire e Jekyll on Ice.

A cavallo tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, Paolo Nani torna in scena a Torino, al Teatro Gobetti, proprio con il più rodato dei suoi capolavori: La Lettera. Una splendida occasione per vedere dal vivo questo attore, molto attivo anche sui canali social, e per potergli fare qualche domanda.

Organizziamo dunque un’intervista telefonica per il 23 dicembre. Mentre il telefono squilla, il registratore è pronto a fermare ogni attimo della conversazione, e l’emozione è alle stelle. Non capita tutti i giorni di avere a che fare con un attore che si è esibito in oltre 40 paesi diversi con così tanto successo. Soprattutto quando la sera precedente si ha avuto la fortuna di assistere al suo spettacolo, di cui potete trovare anche la recensione su questo blog.

Di seguito riporto la trascrizione della nostra conversazione.

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INTERVISTA SERGIO ARIOTTI E ISABELLA LAGATTOLLA

In occasione della ventiseiesima edizione del Festival delle Colline Torinesi il Blog Teatro Dams intervista Sergio Ariotti e Isabella Lagattolla, fondatori, curatori e direttori artistici. 

I blogger Erica Marchese ed Edoardo Perna parlano con loro dell’origine e della natura del Festival, chiedono anticipazioni sulla prossima edizione e suggerimenti per i giovani che si specializzano nella gestione e organizzazione culturale.

Video intervista a cura di Erica Marchese ed Edoardo Perna, montaggio di Micol Sacchi, blogger del Blog Teatro Dams.