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LA NOTTE DELLE ALTERAZIONI -CONFERENZA CON MARCO MARTINELLI ED ERMANNA MMONTANARI- TEATRO DELLE ALBE

La voce di Ermanna Montanari riecheggia forte e vibrante tra le mura dell’Università di Torino durante la conferenza tenutasi il 12 febbraio, a cura di Armando Petrini, Mariapaola Pierini e Leonardo Mancini, in occasione del laboratorio Purgatorio dei poeti, svoltosi dall’11 febbraio al 13 febbraio con una restituzione teatrale presso il Teatro Stabile di Torino, alle Fonderie Limone il 15 febbraio. L’attrice pluripremiata ha al suo fianco Marco Martinelli, regista, sceneggiatore, drammaturgo e artista poliedrico, nonché suo compagno di vita. Menti creatrici e motrici del Teatro delle Albe, i due artisti ospiti ci regalano momenti di profonda umanità, raccontando come attraverso la Voce, l’essere umano possa conoscere e maneggiare l’arte dell’accadere. La Voce, da vòx- vocis, ovvero suoni emessi dall’essere umano, è da sempre la protagonista indiscussa del lavoro del Teatro delle Albe. Dono primordiale dell’uomo e della donna, è la voce uno strumento chiave per la conoscenza del mondo che ci circonda e per la restituzione autentica che possiamo dare ad esso in quanto attori sociali. <<La voce serve per ascoltare>> dice Ermanna Montanari <<l’urlo è ciò che afferma la nostra presenza nel mondo dal momento della nostra nascita>>. Simbolo di luce e vita, la voce ci permette di irrompere sulla terra e dialogare con ogni piccola parte della natura, dal legno del palcoscenico passando per la nostra anima. Quest’ultima, l’elemento più animale e dionisiaco dell’essere umano, governa ogni spettacolo delle Albe, in una genuina rappresentazione teatrale che può essere portata al suo apice solo da chi, prima di essere colpito dalla divina luce di un riflettore, scende giù negli inferi e naviga nel più profondo significato dell’ardere. Don Chisciotte ad Ardere appunto, tenutosi l’estate del 2024 a Ravenna presso il Palazzo Malagola, è stato uno spettacolo dalle note antiche, ricco di ogni tipo di arte, dinamico e dotato di armonia nella sua complessa e, mi permetto di dire, geniale struttura. L’atmosfera creata dagli attori e da Ermanna e Marco, al sopravvenire del buio, ha regalato una notte magica, colma di meraviglia, una notte, come direbbe Ermanna, di alterazioni. Uno stupore che spero possa essere colto dai giovani coinvolti nel laboratorio Purgatorio dei poeti, chiamati a partecipare al Don Chisciotte in fieri 2025. Attraverso le chiamate pubbliche, l’ultima di questo 19 febbraio, l’attrice e il regista si muovono attivamente per trasmettere la passione che il Teatro regala. Ermanna e Marco non governano tuttavia solo l’unica arte del tempo presente, hanno infatti anche lavorato ad alcuni lungometraggi tra cui ER, lavoro di punta del regista, del quale abbiamo potuto apprezzare, nuovamente, alcuni frame in questa conferenza dopo la collaborazione con il Cinema Massimo dell’anno appena trascorso. Noi giovani, attori principali dell’attività del Teatro delle Albe siamo chiamati ad agire nell’arte della vita, del tempo presente, con la disciplina dell’animo umano, quella più pura. Una disciplina che lavora sul movimento e la consapevolezza della magnifica macchina che è il corpo umano, una consapevolezza che si raggiunge con la complicità di un gruppo e con una guida, il Corifeo, il cui nome, in questo caso, è Marco Martinelli che insieme ad Ermanna Montanari, con pazienza, gentilezza, competenza ed ardore, ci regaleranno quest’anno, un’altra notte delle altERazioni.

Rossella Cutaia

BAHAMUTH – REZZAMASTRELLA

Si narra, nelle mitologie del Medio Oriente e nelle mitologie arabe, di un enorme e possente pesce che sostiene sulla sua schiena la Terra e tutto ciò che si trova su di essa. Sotto di lui l’ignoto, nulla si conosce e tutto si colloca nel mistero. Questa creatura, la cui storia varia in base ai periodi storici e culturali, si chiama Bahamuth ed è divenuta il il simbolo del desiderio di conoscere l’ignoto. Ora è il titolo dello spettacolo di Rezza-Mastrella. La coppia artistica non è però interessata a riprendere il racconto; piuttosto si ispira ad esso, lo esplora, con l’interesse di comunicare qualche cosa che non sia mitologico ma reale e attuale. I personaggi portati in scena rappresentano uno stereotipo sociale e culturale. Lo spettacolo è satirico, comico, provoca risate che cadono nel profondo di ferite ancora aperte. È un lavoro adatto a tutte le fasce di età perché i personaggi, gli “stereotipati” dell’attualità li conoscono anche i più piccoli.

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WHISKEY E SOUBRETTE 

Lo spettacolo Whiskey e Soubrette è un viaggio nel tempo che ci riporta ai luminosi anni del varietà italiano. Dai caffè chantant degli anni Venti ai sfarzosi music-hall degli anni Cinquanta, questa rappresentazione riesce a rievocare lo spirito di quelle epoche.

Scendendo le scale del Teatro Juvarra e lasciandosi alle spalle il trambusto delle strade di Torino, ci si immerge in un ambiente che cerca di ricreare il fascino del XIX secolo. L’accurata e dettagliata scenografia arricchisce in modo sorprendente l’atmosfera dello spettacolo, facendo sentire il pubblico parte integrante della storia del teatro italiano. Questo legame tra l’ambiente teatrale e la messa in scena crea un’armonia perfetta che consente allo spettatore di immergersi completamente nella magia dello spettacolo.

Lo spettacolo si apre con l’ingresso di una giovane donna che cattura subito l’attenzione per la sua personalità. Non è disposta ad accettare passivamente il destino che la vita le ha riservato. Animata dalla passione giovanile, decide di abbandonare il percorso stabilito per inseguire la libertà e l’arte. Lascia il lavoro per trasferirsi a Parigi, la città simbolo del teatro e dell’arte, iniziando così un viaggio alla ricerca della propria identità e della fuga dai vincoli imposti dalla società. Questa scelta la porterà su un cammino costellato di sfide e nuove opportunità.

Isa Bluette incarna il coraggio delle donne che, nei decenni passati, hanno intrapreso la strada dell’arte e del teatro per inseguire i loro sogni.

La prima parte dello spettacolo racconta la relazione tra Bruno e Isa Bluette, mostrando la loro crescita e trasformazione nel mondo del teatro e dell’arte. La giovane cerca di spronare Bruno a inseguire le proprie ambizioni, incoraggiandolo a superare i propri limiti.

Nella seconda parte, la narrazione si concentra su due grandi artisti torinesi, Fred Buscaglione e Macario. Lo spettacolo sottolinea il loro contributo allo sviluppo del varietà e della comicità, evidenziando il loro impatto sulla scena artistica dell’epoca. La presenza di Fred Buscaglione, con celebri brani come Whiskey Facile, Guarda che luna e Eri piccola così, arricchisce ulteriormente la rappresentazione, trasportando il pubblico nell’età d’oro del varietà. I personaggi dipingono qui un affresco vivido della cultura torinese, creando alcuni dei momenti più riusciti della rappresentazione.

Uno dei punti di forza del lavoro è la perfetta sinergia tra gli attori, che riescono a esprimere al meglio i loro ruoli anche nelle scene più affollate. Ogni interprete, anche chi è relegato sullo sfondo, contribuisce con la propria presenza scenica a rendere ogni momento vivo e coinvolgente.

Un momento particolarmente toccante è la morte di Isa Bluette: la scena si carica di una tristezza profonda e condivisa, trasmessa in modo intenso da tutto il cast. L’attenzione ai dettagli, dai gesti alle espressioni del volto, amplifica l’intensità drammatica del momento, coinvolgendo il pubblico in un’esperienza emotiva intensa.

La musica gioca un ruolo centrale nello spettacolo, fondendosi organicamente con la narrazione. La presenza della musica dal vivo non solo arricchisce l’atmosfera, ma enfatizza in maniera magistrale le emozioni nelle scene più drammatiche. Uno degli espedienti sonori più originali si verifica proprio nella scena della morte di Isa Bluette: i fiori lanciati in una scatola generano un rumore volutamente forte, che evoca il suono di uno sparo, amplificando così l’impatto emotivo e lo shock della tragedia.

Lo spettacolo si distingue per il suo ritmo impeccabile e l’armoniosa alternanza tra momenti di leggerezza, malinconia, comicità e dramma. Ogni scena è costruita per suscitare emozioni profonde senza mai spezzare il fluire della narrazione. L’abilità nel bilanciare registri così diversi rende Whisky e Soubrette un’opera unica nel suo genere.

Ricordare figure come Isa Bluette e Fred Buscaglione e celebrarne l’eredità artistica è un’operazione culturale di grande valore. L’idea di Marco Musarella e della sua compagnia di riportare in vita queste memorie non è solo un omaggio alla storia del teatro torinese, ma anche un importante contributo alla conservazione dell’identità culturale. Iniziative come questa permettono alle nuove generazioni di riscoprire e apprezzare il patrimonio artistico del passato.

Unendo ironia e nostalgia, lo spettacolo trasportando il pubblico in un affascinante viaggio nella storia culturale di Torino. Non si tratta solo di un’opera coinvolgente e divertente, ma anche di un importante richiamo al valore della memoria storica e artistica.

Roozbeh Ranjbarian

Di Marco Musarella, Valentina Renna, Simone Schinocca e Livio Taddeo
Regia Simone Schinocca
Coreografie Bqb
Musiche Antonio Dominelli
Con (in ordine alfabetico) Francesca Bovolenta, Arianna Di Flora, Antonio Dominelli, Elisa Ferraro, Giulia Guida, Marco Musarella, Michela Paleologo, Valeria Pugliese, Valentina Renna, Simone Schinocca, Andrea Semestrali, Viviana Stizzolo
Luci e scene Florinda Lombardi, Nello Capaldo e Beppe Venuti
Fotografie Emanuele Basile e Mauro Biondillo
Si ringrazia Valentina Aicardi, Antonella Delli Gatti, Costanza Frola

Produzione
 Tedacà
Con il sostegno del Ministero della Cultura e della Regione Piemonte
Media Partner Radio Energy
Evento speciale della stagione Almeno noi nell’universo di Fertili Terreni Teatro

WHISKEY E SOUBRETTE – SIMONE SCHINOCCA

A pochi passi dal Polo del Novecento, nel piccolo teatro Juvarra, il 12 gennaio 2025 la compagnia Tedacà, dopo una lunga tournée italiana è andata in scena con l’ultima replica di Whiskey e Soubrette, viaggio in quarant’anni di storia tra i quartieri di Torino nella quale risplendono le figure di Isa Bluette, Erminio Macario e Fred Buscaglione.

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LA MORTE A VENEZIA – LIV FERRACCHIATI

Libera interpretazione di un dialogo tra sguardi

“È scabroso mordere la fragola, è scabroso mordere la vita”Liv Ferracchiati è in tournée col suo ultimo spettacolo “La Morte a Venezia”. Questa volta si porta dietro una performer molto brava, Alice Raffaelli, attrice e ballerina ( dal 2015 si affaccia al mondo della prosa grazie alla collaborazione con la compagnia The Baby Walk, continua ad esplorare la scena legata al teatro di parola con Antonio Mingarelli. Nel 2018 è tra le finaliste del premio Ubu, categoria miglior performer under 35…).

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LA LOCANDIERA – ANTONIO LATELLA

Al Teatro Carignano è andato in scena lo spettacolo La Locandiera, con Sonia Bergamasco, regia di Antonio Latella.

Lo spazio della scena, pur occupato da una scenografia fissa, rende l’idea della locanda in tutte le sue declinazioni: luogo d’incontro e conversazione ma anche di ristoro ed intimità.

In alto sono posti dei neon, e la sensazione è quasi di trovarsi in un laboratorio. Lo spettatore è forse chiamato ad osservare un esperimento.

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STUDIO SU PICCOLI RITI – JULIE ANNE STANZAK

Nel 1973, a Wuppertal, in Germania, nasce il Tanztheater Wuppertal. Il nome della compagnia, che include il termine “Tanztheater” (in italiano “teatrodanza”), è stato fondato da un gruppo di coreografi, tra cui spicca il nome più noto di Pina Bausch. Il termine indica progetti artistici che si differenziano dalla danza classica e moderna, includendo elementi recitativi teatrali e con l’intenzione di produrre opere con precise finalità drammaturgiche. Oltre alla percezione corporea che il danzatore dovrebbe acquisire fin dai primi tempi, Pina Bausch richiede ai membri della compagnia un’interpretazione personale del movimento, sostenuta dalla contrapposizione tra fragilità e forza. In questo luogo di ricerca artistica, nel 1986, Julie Anne Stanzak, danzatrice di danza accademica, partecipa a un provino con la compagnia che le permetterà di lavorare con Pina Bausch in modo permanente, partecipando alle opere più note e continuando a lavorare con la compagnia ancora oggi.

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UNA COSA ENORME – FABIANA IACOZZILLI

Nel profondo silenzio amniotico

In una fresca serata di fine novembre il palco dell’Off topic s’irradia di fasci di luce caravaggeschi; riecheggia il suono del silenzio, punteggiato da rumori di vita quotidiana e sentimenti sinceri.
Cinquanta minuti di puro teatro fisico ripulito dalla parola, tuttavia mai stonata nei suoi sporadici interventi, vengono sostenuti da una prova d’attore eccezionale. Lo spettatore è agganciato alla scena in continua attesa di quel che accadrà, coinvolto in un flusso continuo di occasioni per riflettere.
Fabiana Iacozzilli dipinge delle vere e proprie immagini in movimento animate da Marta Meneghetti e Roberto Montosi, due interpreti trasparenti e luminosi che si consegnano al pubblico con onestà. È a partire dalla stessa carne dei performer che scaturisce un’emotività mai sovradimensionata, in una lucida operazione di cruda realtà.
Al contrario l’allestimento metonimico ingigantisce ed enfatizza alcuni elementi della scenografia, rendendoli nella loro sproporzione portatori di un forte significante.
Così, a una dimensione genuina e sensistica della recitazione si contrappone una messa in scena iperbolica e icastica.

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ZELDA. VITA E MORTE DI ZELDA FITZGERALD – PICCOLA COMPAGNIA DELLA MAGNOLIA

Un letto. In esso si esaurisce il trattamento scenico (una scenografia metonimica, stando alla definizione di R. Jakobson), che oltre a suggerire l’ambiente si pone come singolare elemento di gioco: quello che dentro l’universo rappresentativo è avvertito come costrizione, da un punto di vista recitativo incentiva un minuzioso lavoro attoriale. Dalla staticità del corpo, Giorgia Cerruti libera una tempra fervida e trepidante che, grazie a una dimestichezza del mestiere teatrale ormai consolidata, riesce a dosare e incanalare senza perderne il controllo.

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IL MOSTRO DI BELINDA – CHIARA GUIDI E VITO MATERA

È andato in scena, alla Casa del Teatro ragazzi e giovani, Il mostro di Belinda di Chiara Guidi e Vito Matera nell’ambito del progetto Tra infanzia e voce, realizzato insieme all’Università di Torino. Lo spettatore prende inconsapevolmente posto in uno spazio che poi, con l’inizio dello spettacolo, si trasformerà nella casa della Bestia.

Lo studio sulla voce operato da Chiara Guidi ci è evidente sin dai primi istanti: voce e testo ci invitano a “sentire”. In questo, la vista e gli altri sensi, sono inizialmente esclusi.

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