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PERFETTA – MATTIA TORRE, CON GEPPI CUCCIARI

La fortuna di essere Donna.

Una settimana dopo la Giornata internazionale della Donna, Geppi Cucciari sale sul palco del Teatro Colosseo con lo spettacolo Perfetta, monologo scritto da Mattia Torre.

È la storia di una donna che racconta un mese della sua vita tramite quattro martedì ciascuno corrispondente ad una delle quattro diverse fasi del ciclo: mestruale, follicolare, ovulazione e premestruale, che Torre paragona alle quattro stagioni, una chiave per semplificare la lettura anche al pubblico maschile presente in sala. Insomma, viene trattato un argomento tabù sia per gli uomini sia per le donne, forse a causa della mancata educazione sessuale ricevuta.

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LA PULCE NELL’ ORECCHIO – CARMELO RIFICI

Bretelle, mutande e palati all’Hotel Feydeau

Maxime:”Che Hotel! Ci tornerò di sicuro!”

Pinglet:”Che razza di Hotel! Non ci mettertò più piede!”

Feydeau è il re del vaudeville e imperatore della follia, ha un diavolo in corpo. Con lui bisogna ridere, ridere e ancora ridere. Il suo universo sono i personaggi presi dalla realtà, in carne ed ossa, osservandone il loro carattere, gettandoli poi in situazioni grottesche con una tragedia di segno opposto, ovvero rappresentarli in commedia. Anche F. diventa folle a tal punto che viene poi ricoverato in manicomio.

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Al centro dell’esilarante vaudeville c’è una moglie che sospetta che il marito abbia un’amante. Il dubbio nasce dopo il ritrovamento di un paio di bretelle presso l’Hotel Feydeau. Per mettere alla prova la presunta infedeltà del marito, gli spedisce un’appassionata e anonima lettera d’amore, in cui dà appuntamento all’uomo in quell’albergo, dove la moglie si recherà per vedere se il coniuge cadrà nella trappola. Da qui si creano una serie di fraintendimenti che portano tutti i personaggi ad incontrarsi all’Hotel dove, tra situazioni bizzarre, inaspettati sosia e travestimenti vari, cercano di salvare le apparenze e di uscirne indenni.

La commedia è stata ripresa da Carmelo Rifici data nel novembre 2023 al Piccolo Teatro di Milano per poi proseguire in tour per tutta Italia. Il cast è notevole, composto quasi in toto da diplomati alla Scuola di Teatro del Piccolo di cui Rifici è anche il direttore. Le coppie già scoppiate, fin dalla carta scritta, sono un via vai di esilaranti caricature alla Shakespeare, Goldoni, Molière, aggiungendo un’arguta satira contemporaneità alla Achille Campanile.

Un viavai continuo di battute, controsensi e doppi sensi, scambi smisurati, sguardi ammalianti, baci passionali, bastonate e revolverate, intrighi amorosi, perdita nel lume della ragione e mai trovata, travestimenti e camuffamenti, inseguimenti, corse e rincorse alla Larry Semon (alias Ridolini) ecc… il tutto condito da una scenografia semplice formata da grossi mattoncini gommapiuma stile quelli della Lego e una colonna sonora italians-yankee. Non assistiamo soltanto alle semplici messe in scene tratte dalla Belle époque parigina ma veniamo catapultati ai giorni nostri, dove tutti i protagonisti della commedia si intrecciano cantando, suonando, recitando e trasformandosi da clown a esseri umani e viceversa. I nomi non sono scelti a caso, hanno una loro logica e soprattutto hanno un loro punto di riferimento che è il cinema. Difatti il regista Rifici con l’aiuto del drammaturgo Tindaro Granata, ha preso in prestito da alcune delle più famose attrici della commedia italiana anni ‘60 e ‘70. Esatto; sono tanti e ricordarli un po’ rende difficile talvolta seguirli, ma quello di Vittorio Emanuele non lo si può scordare. I rimandi cinematografici ci sono eccome, dagli sketch nei film muti comici americani a quelli scenici stile Monicelli. 

Assistiamo a dinamiche familiari dei nostri giorni, non ci sono stereotipi, ma solo desideri e malumori che vengono amplificati dal grottesco odierno stile di vita contemporaneo, qui mancano i social network e…pensate se gli autori l’avessero aggiunto alla drammaturgia. Siamo certi che questa compagnia, con la macchina del tempo, è arrivata a noi dalla scuola di Jacques Copeau, proseguendo poi le stagioni dei Copiaus portando la cultura generale, la musica, il canto, la ginnastica, l’improvvisazione, il mimo e l’uso delle maschere.

Oltre ai rimandi e citazioni che arrivano dal cinema americano d’autore, con personaggi surreali del testo che toccano i due continenti, Europa e America; gli autori ci fanno divertire ed immaginare facendoci ridere e correre ad occhi aperti per due ore di trovate comiche e surreali. Un perfetto meccanismo scenico che viene mischiato usando la parola in un mare aperto, avendo come compito quello di trattenere il pubblico col tema del sospetto. Quello che c’è di erotico è il linguaggio che nasconde i desideri erotici inesplorati dell’essere umano che vorrebbero farlo nelle stanze dell’Hotel. Tutti sono innamorati del proprio vicino/a ma pensano solo ad una cosa in testa, il chiodo fisso di fare sesso.

Ecco forse una piccola pulce che potremmo mettere al regista è aggiungere per esempio un personaggio cinese, così per completare il quadro globale che dentro l’hotel Feydeau ci sta tutto il mondo farcito di pura e sana follia pacificatrice.

Il regista Carmelo Rifici ci spiega come mai è stato scelto nella programmazione del TPE-Fantasmi…“Il fantasma che si aggira tra le labirintiche stanze che animano l’Hotel Feydeau ha nome Follia. Lei è la vera protagonista dello spettacolo…Follia aleggia nell’aria e penetra i corpi degli ignari abitanti del testo, si impossessa di loro, li rianima, li ribalta, chiede loro di arrendersi a lei. Come nelle migliori commedie di tradizione, il fantasma si aggira nella città, portatore di caos irriverente e contagioso, per vegliare la notte sui corpi addormentati dei suoi cittadini…”

@Luigi Rinaldi

Foto credit @Luca Del Pia


Ispirato a La puce à l’oreille (1907) di Georges Feydeau
traduzione, adattamento e drammaturgia Carmelo Rifici, Tindaro Granata
regia Carmelo Rifici
con (in o.a.) Giusto Cucchiarini, Alfonso De Vreese, Giulia Heathfield Di Renzi, Ugo Fiore, Tindaro Granata, Christian La Rosa, Marta Malvestiti, Marco Mavaracchio, Francesca Osso, Alberto Pirazzini, Emilia Tiburzi, Carlotta Viscovo
scene Guido Buganza
costumi Margherita Baldoni
luci Alessandro Verazzi
scene Giuseppe Stellato
costumi Lucia Menegazzo
musiche Zeno Gabaglio
assistente alla regia Giacomo Toccaceli, Alice Sinigaglia
coaching movimenti acrobatici Antonio Bertusi
coaching clownerie Andreas Manz
produzione LAC Lugano Arte e Cultura, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, La Fabbrica dell’attore – Teatro Vascello partner di produzione Gruppo Ospedaliero Moncucco – Clinica Moncucco e Clinica Santa Chiara

CONCERTO FETIDO SU 4 ZAMPE – ALICE E DAVIDE SINIGAGLIA

Ragionare per schematizzazioni, per distinzioni in tipologie, è sempre pericoloso. Quando ad essere indagati sono i fenomeni spettacolari, lo è in modo particolare. Si rischia di semplificare e irrigidire, sul piano della riflessione teorica, qualcosa che nella sua realizzazione, nella sua vita scenica, è molto più complesso. Tuttavia, tratteggiare le caratteristiche di un “certo tipo” di spettacoli – in cui collocare un certo tipo di postura artistica – può essere utile a riconoscere, per antitesi, anche un altro tipo di proposte (qui l’alterità sta nella contraddizione di certe modalità “anestetizzanti”, quelle delle pose e degli ammiccamenti, quelle depurate dal torpiloquio, quelle guidate da un discutibile “buon senso”).

Nel temperamento di Alice e Davide Sinigaglia c’è l’eco ribelle e parodica di un tipo di artisti poco educati e poco composti – nell’accezione mortale che questi termini assumono in un contesto artistico – che hanno agito, e che agiscono, al di là della zona tiepida e rassicurante del linguaggio. 

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SLAVA’S SNOWSHOW – SLAVA POLUNIN

 Il suono di un treno che sbuffa, folate di coriandoli, il gelo, il buio, il famoso clown Slava con la sua compagnia ci porta in Russia nel pieno dell’Inverno riscaldandoci con risate e divertimento sia per i più grandi che per i più piccoli. Al teatro Colosseo a Torino rivediamo uno degli spettacoli più famosi del clown che ci riporta ai tempi della nostra infanzia con i suoi numeri più riusciti. Nonostante non parli la nostra lingua, riesce a suscitare le nostre risate attraverso l’utilizzo del linguaggio corporeo e versi dal significato nascosto con qualche sporadica parola riconoscibile, il tutto curato alla perfezione nei tempi comici con la musica e i suoni di scena.

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LE MIE TRE SORELLE – ASHKAN KHATIBI

Due date con il tutto esaurito, un pubblico vasto ed eterogeneo in cui si incontrano persone e culture diverse.  Entrando nella sala del Teatro Astra, si viene accolti da un ambiente raccolto. Le pareti scure di cemento assorbono i rumori, lasciando spazio solo ai suoni della scena e ai respiri del pubblico, che si fondono in un silenzio denso di aspettativa.

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LE BACCANTI – I MARCIDO

Come starebbe Dioniso con un paio di scarpe col tacco? Alla ricerca del dionisiaco, i Marcido ci offrono una moderna interpretazione della tragedia di Euripide al Teatro Gobetti di Torino. Esattamente come la divinità ambigua, sia uomo che donna, giocosa e terrificante a un tempo, questo spettacolo esplora l’inconscia sfrenatezza di Bacco restando in un limbo di comicità e orrore.

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L’UOMO PIÙ CRUDELE DEL MONDO – DAVIDE SACCO

“Vedo la mia stessa razza che uccide, in un modo o nell’altro uccide, tortura, sevizia, quindi se voglio appartenere alla gloriosa stirpe degli uomini che cosa devo fare? Schifo. Tutto qua.”

Sta di fatto “tutto qua” il significato de L’uomo più crudele del mondo di Davide Sacco, in questa specie di banalità del male (per sfruttare un’espressione molto fortunata) che inebria l’uomo comune appena egli percepisce anche solo il più vago sentore del Potere, facendolo sentire libero e soprattutto giustificato a dare il peggio di sé, poiché circondato da tanti altri che fanno esattamente la stessa cosa.

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MADRI – DI DIEGO PLEUTERI, CON LA REGIA DI ALICE SINIGAGLIA

Nelle insenature della memoria

Un tavolo, delle sedie, microfoni, leggii, scatoloni per terra. Forse una cucina; ma più che in un ambiente domestico ci troviamo in un luogo metafisico, un luogo dell’interiorità. Un ripostiglio zeppo di oggetti che costituiscono l’io. Un posto di pieni e soprattutto di vuoti. Potrebbe essere una stanza tratta da un film di Lynch o di Gondry, o ancora la stanza piena di tavoli e sedie di Cafè Müller. Siamo nella sala Pasolini del Teatro Gobetti, e questa è la scena in cui si  svolge Madri, scritto da Diego Pleuteri, attore e drammaturgo, che si è formato alla Paolo Grassi come drammaturgo e poi è stato allievo della scuola per attori del Teatro Stabile di Torino sotto la direzione di Leonardo Lidi.

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LA NOTTE DELLE ALTERAZIONI -CONFERENZA CON MARCO MARTINELLI ED ERMANNA MMONTANARI- TEATRO DELLE ALBE

La voce di Ermanna Montanari riecheggia forte e vibrante tra le mura dell’Università di Torino durante la conferenza tenutasi il 12 febbraio, a cura di Armando Petrini, Mariapaola Pierini e Leonardo Mancini, in occasione del laboratorio Purgatorio dei poeti, svoltosi dall’11 febbraio al 13 febbraio con una restituzione teatrale presso il Teatro Stabile di Torino, alle Fonderie Limone il 15 febbraio. L’attrice pluripremiata ha al suo fianco Marco Martinelli, regista, sceneggiatore, drammaturgo e artista poliedrico, nonché suo compagno di vita. Menti creatrici e motrici del Teatro delle Albe, i due artisti ospiti ci regalano momenti di profonda umanità, raccontando come attraverso la Voce, l’essere umano possa conoscere e maneggiare l’arte dell’accadere. La Voce, da vòx- vocis, ovvero suoni emessi dall’essere umano, è da sempre la protagonista indiscussa del lavoro del Teatro delle Albe. Dono primordiale dell’uomo e della donna, è la voce uno strumento chiave per la conoscenza del mondo che ci circonda e per la restituzione autentica che possiamo dare ad esso in quanto attori sociali. <<La voce serve per ascoltare>> dice Ermanna Montanari <<l’urlo è ciò che afferma la nostra presenza nel mondo dal momento della nostra nascita>>. Simbolo di luce e vita, la voce ci permette di irrompere sulla terra e dialogare con ogni piccola parte della natura, dal legno del palcoscenico passando per la nostra anima. Quest’ultima, l’elemento più animale e dionisiaco dell’essere umano, governa ogni spettacolo delle Albe, in una genuina rappresentazione teatrale che può essere portata al suo apice solo da chi, prima di essere colpito dalla divina luce di un riflettore, scende giù negli inferi e naviga nel più profondo significato dell’ardere. Don Chisciotte ad Ardere appunto, tenutosi l’estate del 2024 a Ravenna presso il Palazzo Malagola, è stato uno spettacolo dalle note antiche, ricco di ogni tipo di arte, dinamico e dotato di armonia nella sua complessa e, mi permetto di dire, geniale struttura. L’atmosfera creata dagli attori e da Ermanna e Marco, al sopravvenire del buio, ha regalato una notte magica, colma di meraviglia, una notte, come direbbe Ermanna, di alterazioni. Uno stupore che spero possa essere colto dai giovani coinvolti nel laboratorio Purgatorio dei poeti, chiamati a partecipare al Don Chisciotte in fieri 2025. Attraverso le chiamate pubbliche, l’ultima di questo 19 febbraio, l’attrice e il regista si muovono attivamente per trasmettere la passione che il Teatro regala. Ermanna e Marco non governano tuttavia solo l’unica arte del tempo presente, hanno infatti anche lavorato ad alcuni lungometraggi tra cui ER, lavoro di punta del regista, del quale abbiamo potuto apprezzare, nuovamente, alcuni frame in questa conferenza dopo la collaborazione con il Cinema Massimo dell’anno appena trascorso. Noi giovani, attori principali dell’attività del Teatro delle Albe siamo chiamati ad agire nell’arte della vita, del tempo presente, con la disciplina dell’animo umano, quella più pura. Una disciplina che lavora sul movimento e la consapevolezza della magnifica macchina che è il corpo umano, una consapevolezza che si raggiunge con la complicità di un gruppo e con una guida, il Corifeo, il cui nome, in questo caso, è Marco Martinelli che insieme ad Ermanna Montanari, con pazienza, gentilezza, competenza ed ardore, ci regaleranno quest’anno, un’altra notte delle altERazioni.

Rossella Cutaia