Continua la lettura di DIARIO DI UN DOLORE – FRANCESCO ALBERICI“Nessuno mi aveva mai detto che il dolore assomiglia tanto alla paura. Non che io abbia paura: la somiglianza è fisica. Gli stessi sobbalzi nello stomaco, la stessa irrequietezza, gli sbadigli. Inghiotto in continuazione”
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QUEER PICTURE SHOW – INTERVISTA A IRENE DIONISIO
“UN OGGETTO DINAMICO E UN PÒ BIZZARRO“
Dal 13 al 15 ottobre, per il Festival delle Colline Torinesi, è andato in scena all’Off Topic, Queer Picture show. In scena Giovanni Anzaldo diretto da Irene Dionisio. Firma la drammaturgia, oltre alla regista, Francesca Puopolo. Dopo la prima, abbiamo colto l’occasione per intervistare Irene Dionisio.
Continua la lettura di QUEER PICTURE SHOW – INTERVISTA A IRENE DIONISIOIL CROGIUOLO – FILIPPO DINI
Degenerazione dell’essere umano davanti alla tragedia
Out of the blue – e così di punto in bianco, quasi d’improvviso, entriamo a gamba tesa all’interno della nuova stagione teatrale 2022-2023 del Teatro Stabile di Torino con il suo primo spettacolo in cartellone al teatro Carignano fino al 23 ottobre: Il Crogiuolo di Arthur Miller. Il testo, intrinseco di potenza e importanti significati politici, soprattutto in Italia è stato poco rappresentato. Gli unici predecessori di Filippo Dini sono stati Luchino Visconti e Sandro Bolchi; fatto che può essere fonte di riflessione e che può dire molto sul paese in cui viviamo e sulle sue radici politiche e sociali. Infatti, il Crogiuolo, sia quello di Miller, con la caccia alle streghe e il maccartismo, che quello di Dini, con l’estremizzazione del sogno americano e l’adorazione di un potere superiore eccessivo, si caratterizza per la denuncia del fanatismo.
Continua la lettura di IL CROGIUOLO – FILIPPO DINII RIFIUTI, LA CITTÀ E LA MORTE – GIOVANNI ORTOLEVA
Scritto da Rainer Werner Fassbinder nel 1975 nel corso di un unico viaggio aereo (così si dice, almeno), I rifiuti, la città e la morte suscitò scalpore a causa dei pesanti temi trattati, e venne quasi immediatamente censurato, cosicché la prima messa in scena tedesca del testo è avvenuta soltanto nel 2009, a trentaquattro anni dalla sua stesura e a ventisette dalla morte del suo autore.
In occasione della 27eisma edizione del Festival delle Colline torinesi, il regista Giovanni Ortoleva lo ha fatto rivivere sul palcoscenico del teatro Astra, il 18 ottobre 2022.
Continua la lettura di I RIFIUTI, LA CITTÀ E LA MORTE – GIOVANNI ORTOLEVAI RIFIUTI, LA CITTA’ E LA MORTE – GIOVANNI ORTOLEVA; LE ETIOPICHE – MATTIA CASON
Discriminazione e inclusione
Al Teatro Astra, per il Festival delle Colline Torinesi, due spettacoli hanno portato in scena la tematica della discriminazione e della guerra. Se il primo (I rifiuti, la città e la morte) ha una visione pessimista sull’argomento, il secondo (Le Etiopiche) rappresenta un’idea ottimista al punto da risultare quasi utopica.
Continua la lettura di I RIFIUTI, LA CITTA’ E LA MORTE – GIOVANNI ORTOLEVA; LE ETIOPICHE – MATTIA CASONLE ETIOPICHE – MATTIA CASON
Come può un personaggio storico come Alessandro Magno essere sia un tremendo sterminatore sia un estremo curioso interessato a ogni cultura che incontra nelle sue conquiste? Come è possibile oggi approdare ad una Europa Afroasiatica? Queste sono le domande che accompagnano lo spettatore uscito dalla sala dopo aver visto Le Etiopiche di Mattia Cason con l’assistenza alla regia di Alessandro Conte, presentato mercoledi 19 ottobre al Teatro Astra per la rassegna del Festival delle Colline Torinesi.
Continua la lettura di LE ETIOPICHE – MATTIA CASONRADICI/UNA COSA CHE SO DI CERTO – ALBA MARIA PORTO
Femminismo, diritti e continua lotta alla ricerca di sé stessi. Un viaggio d’amore e speranza, ma anche di realtà e ingiustizia. Tutto questo è Radici/Una cosa che so di certo, l’opera originale di Alba Maria Porto che ha debuttato al ventisettesimo Festival delle Colline Torinesi mercoledì 19 ottobre alle Lavanderie a Vapore.
Lo spettacolo procede in parallelo alternando presente e passato, passando dalla storia di due ragazzi d’oggi a quella di tre donne negli anni ’70 conducendoci in un viaggio nello spazio e nel tempo. Veniamo coinvolti dai cambi di luce, dai suoni e dai costumi, ma soprattutto dai temi che portano a interrogarci su argomenti quali l’appartenenza, l’identità, la famiglia.
Un tema sul quale si insiste particolarmente è legato al rapporto tra genitori e figli. Viene rappresentato attraverso gli occhi di un uomo (Mauro Bernardi) che vede crollarsi il mondo addosso quando scopre di essere stato adottato. Il suo è un rapporto conflittuale, non si è mai sentito veramente parte di quella famiglia, riesce solo a provare odio, soprattutto nei confronti della madre. Tutta la rabbia si manifesta in un dialogo col padre, che in realtà è un monologo perché sulla scena è solo e le sue crudeli parole vengono urlate direttamente agli spettatori, come se tra i padri che compongono il pubblico ci fosse anche il suo. Il rapporto però assume sfumature diverse quando a presentarcelo è la ragazza (Lydia Giordano). Il legame con sua madre è di amore puro, tanto forte che nel momento della sua morte lei si sente persa, bloccata nella casa d’infanzia, circondata da un cimitero di vecchi oggetti dai quali non riesce a staccarsi, ma più in generale si sente intrappolata in una vita che non è certa di volere. Non sa a chi rivolgersi; il padre è una figura assente, la cui presenza arrecherebbe solo maggiore confusione.
Continua la lettura di RADICI/UNA COSA CHE SO DI CERTO – ALBA MARIA PORTODULAN LA SPOSA – VALERIO BINASCO
Mentre si alza il sipario del Carignano con Il Crogiuolo riportato in scena da Filippo Dini, inaugura la 27esima edizione del Festival delle Colline, anche il Gobetti dà il via alla stagione.
Il primo titolo in cartellone è Dulan la sposa, testo di Melania Mazzucco, inizialmente nato per la radio, che arriva sulla scena affidato a Valerio Binasco, nella doppia veste di attore e regista.
Lo ha intervistato per noi Federica Mangano, vi invitiamo a leggere l’intervista qui.
DANZA CIECA – VIRGILIO SIENI
Un incontro tra corpi complici
Tante sedioline, una accanto all’altra, delimitano uno spazio nel quale il pubblico viene subito inghiottito. Prendiamo posto. A disegnare l’ultimo segmento di questo cerchio sono Virgilio Sieni e il danzatore non vedente Giuseppe Comuniello: seduti con la schiena appoggiata al muro, ci osservano. Al centro scorgiamo un tappeto bianco fatto di cartone e, su di esso, due blocchi di argilla. I due danzatori si avvicinano e iniziano ad occupare lo spazio: attraverso i loro corpi modellano l’area circostante disegnando linee curve, segmenti spezzati e forme circolari. Si sfiorano, si sostengono, si guidano, si completano, insieme danzano.
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Funerale all’italiana mette in scena il rituale per eccellenza, uno dei pochi ad essere sopravvissuto e poi tramandato nei millenni: la cerimonia funebre. Da pagano, diviene nel corso dei secoli un rito il più delle volte religioso, assumendo differenti connotazioni culturali e territoriali.
Lo spettacolo nasce da un’idea autobiografica dell’attrice protagonista, Benedetta Parisi, che cura la drammaturgia con l’aiuto di Alice Senigallia: il lavoro prende vita nell’arco di quasi tre anni, evolvendosi a partire dagli appunti sul funerale della nonna dell’attrice. La Parisi racconta quanto sia stato fondamentale anche il lavoro svolto sull’ improvvisazione a partire dal testo, che porta ad un inevitabile suo ampliamento.
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