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10MG

10mg parla della mercificazione della malattia attraverso il sistema pubblicitario. Sempre più frequentemente, infatti, attraverso il marketing e la pubblicità viene cambiata la percezione dei disagi quotidiani, che diventano vere e proprie malattie. La pubblicità funziona a tal punto da trasformare molte persone in pazienti e il farmaco, per costoro, diventa come una droga. I nomi dei farmaci usati in questo testo non sono reali, ma ogni malattia menzionata lo è poiché la realtà (come spesso accade) supera di gran lunga la nostra immaginazione.
Due sono i mondi che si muovono, come su binari paralleli, in questo testo: quello di una famiglia e quello di una casa farmaceutica. Nella prima, la Moglie e il Marito sembrano non comunicare e subiscono in modo diverso il problema di un figlio a cui è stato diagnosticato l’ADHD. Nella seconda, il Direttore marketing e la sua segretaria sembrano invece comunicare esclusivamente per ragioni lavorative: dopo aver concluso con successo la campagna pubblicitaria per un farmaco contro l’ADHD, stanno lavorando a una nuova per un prodotto contro il dolore da lutto.

Se in un primo momento il Dottore e il Direttore della pubblicità sembrano farla da padrone la fine dello spettacolo lascia aperta una riflessione: il mondo del marketing diventa succube e vittima dei prodotti da loro stessi creati, creando così un intreccio tra i due mondi, che risultano essere entrambi “malati”, l’unica soluzione possibile alla sofferenza è quindi il recupero di un po’ di sana umanità nelle relazioni e di ascolto reciproco.

La scenografia è nel complesso piuttosto efficace e cambia spesso, costruita con molti oggetti ma al contempo piuttosto minimalista e ricorsiva, l’elemento che colpisce di più è una grande mensola piena di medicinali che funge spesso anche da sipario nei cambi di scena.

Il rapporto con gli oggetti risulta convincente e di forte impatto visivo: gli attori colmano così – almeno in parte – attraverso il movimento espressivo quello che è sul piano della pura recitazione un livello che potrebbe essere definito “medio” ( se si considera il panorama attoriale italiano).

I costumi sono semplici ma rappresentativi e caratterizzanti: la suite da tipico imprenditore milanese per il Direttore del marketing, il camice per il Dottore e così via.

In generale si tratta di un testo originale, che ben si adatta anche alla situazione in cui ci troviamo oggi di pandemia da Covid-19 durante la quale tutti noi siamo stati sicuramente, più che in altri momenti della nostre vite, a contatto con la medicina e con la malattia. Il testo viene interpretato senza cadere in toni troppo drammatici riuscendo al contrario a strappare un sorriso insieme alla riflessione su un argomento così serio e così attuale.

Irene Merendelli

10 mg
di Maria Teresa Berardelli
Menzione speciale al Premio Hystrio Scritture di Scena, 2015
con Andreapietro Anselmi, Carolina Leporatti, Davide Lorino, Francesca Agostini, Lucio De Francesco
regia Elisabetta Mazzullo
scene e costumi Anna Varaldo
light designer Jacopo Valsania
musiche Bettedavis
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE

Ritornare a teatro dopo un anno e mezzo è una grandissima emozione. Farlo per uno spettacolo come questo di Jurij Ferrini, poi, rende tutto ancora più bello.

Alle Fonderie Limone di Moncalieri, all’interno della stagione del Teatro Stabile di Torino 2020/2021, sta andando in scena Morte di un commesso viaggiatore, opera in due atti del drammaturgo Arthur Miller.

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La Vita Davanti a Sé

Momò, dieci anni e molta vita davanti, vive a pensione da Madame Rosa, ex prostituta ebrea «con più chiappe e seni di chiunque altro» che ora sbarca il lunario prendendosi cura degli “incidenti sul lavoro” delle colleghe più giovani. Intorno a lui la variopinta, vitalissima e a volte disperata sarabanda del quartiere di Belleville, tra spazzini mangiafuoco e transessuali campioni di boxe, ruffiani cardiopatici e traslocatori di anziani moribondi, esorcismi tribali, vite che vanno alla rovescia e un’improbabile storia d’amore toccata dalla grazia.

L’ambientazione dello spettacolo è una Parigi romantica, che viene restituita da una scenografia ben architettata, a cui si accompagna la colonna sonora creata da Simone Campa ricca e suggestiva che richiama perfettamente sensazioni, sentimenti e situazioni che Momò, il giovane protagonista, vive e racconta. Insieme al suo Belleville Quartet, un ensemble multietnico con musicisti da Senegal, Marocco, Francia e Italia, lo spettatore viene di volta in volta accompagnato in scene musicali di terre lontane e riti voodoo, con percussioni e voci africane; passeggiate sotto la Tour Eiffel, con valzer e chansonnes francesi; echi di medioriente con musiche e ritmi arabi. Irrefrenabili ed entusiasmanti i momenti di malinconica gioiosità della musica yiddish e klezmer, tipica degli ebrei dell’Europa orientale. Molto suggestivi inoltre i commenti sonori e le didascalie rumoristiche, tra cui musiche di circo e di carillon sospesi nel tempo, effetti sonori per la sala di doppiaggio di un vecchio cinematografo.

Il tono dello spettacolo è tragicomico e se da un lato nelle parti drammatiche Silvio Orlando appassiona e coinvolge il pubblico, al contrario quando si tratta del momento comico e della battuta l’attore sembra faticare ad inserirlo nei tempi giusti. L’ironia quindi spesso non viene colta e accolta da chi ascolta, finendo così “ soffocata”, impedisce allo spettatore di concedersi quella risata liberatoria come virgola necessaria in un testo che non vuole essere per sua natura solo tragico.

Nel complesso si tratta di un testo piacevole da ascoltare e facile da seguire. Forse un po’ meno convincente il finale, una sorta di mini concerto dai toni festosi che vede coinvolto anche lo stesso Orlando come suonatore di flauto traverso, insieme all’ensemble musicale. Sarebbe stato forse più coerente chiudere il sipario prima, lasciando un po’ di amaro nella bocca dello spettatore, più in linea con la chiusura drammatica del racconto.

Irene Merendelli

Tratto dal testo La vie devant soi di Romain Gary (Èmile Ajar) ridotto e diretto da Silvio Orlando. Lo spettacolo è interpretato dallo stesso Silvio Orlando, con i musicisti diretti da Simone Campa: Cheikh Fall (kora, djembe), Roby Avena (fisarmonica)Gianni Denitto (clarinetto, sax)Simone Campa (chitarra battente). Le scene sono di Roberto Crea, il disegno luci di Valerio Peroni, costumi Anita Medici, assistente alla regia Maria Laura Rondanini.

Lo spettacolo, prodotto da Cardellino srl, sarà replicato al Carignano, per la Stagione del Teatro Stabile di Torino, fino a domenica 13 giugno.

Un’intervista della Fondazione Mirafiore a Filippo Fonsatti

Nuovi scenari per nuovi inizi

La chiusura forzata dei teatri, dei cinema, dei musei in seguito all’emergenza sanitaria ha messo a dura prova il comparto culturale. Si sono chiusi i sipari ed è calato il silenzio, un silenzio talmente profondo che ricordava un po’ lo spettro della morte.

Tuttavia, in questa assenza qualcosa si è mosso. Esattamente come in inverno, quando tutto sembra morto e spento e invece nelle profondità delle radici qualcosa muove. Movimenti piccoli, impercettibili. Piano piano la linfa risale, pronta a far germogliare i fiori in primavera.

Così sembra sia successo in questi mesi nel teatro. Un artefice di questo movimento è stato certamente Filippo Fonsatti, direttore della Fondazione Teatro Stabile di Torino e presidente di Federvivo. Durante una diretta in streaming sabato 8 maggio 2020, Fonsatti, insieme a Paola Farinetti, coordinatrice della Fondazione Mirafiore (fondazione culturale voluta da Oscar Farinetti), ha fatto il punto sullo ‘stato dell’arte’.
Fonsatti ha illustrato le azioni concrete messe a punto in questi mesi.

In primis, a fine aprile, la presentazione al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo di un documento: “Lo spettacolo in Italia nella fase 2 – Proposte per la ripartenza delle attività e per la riapertura al pubblico”, illustrato dallo stesso Fonsatti, da Carlo Fontana, presidente AGIS, e da Francesco Giambrone, presidente ANFOLS. In quell’occasione sono intervenute figure di eccellenza della cultura italiana, quali il maestro Roberto Andò, regista cinematografico e direttore del Teatro Stabile di Napoli e il Maestro Daniele Gatti, direttore d’orchestra e direttore musicale dell’Opera di Roma.

Con questo documento sono state motivate una serie di proposte volte ad affrontare la ripartenza di tutte le attività culturali. È stato chiesto di definire un calendario di ripresa delle attività dello spettacolo dal vivo e delle proiezioni cinematografiche, differenziato per tipologia architettonica (spazi aperti o edifici chiusi) ovviamente vincolato alla situazione epidemiologica.

Inoltre è stata segnalata l’importanza che siano definite a livello nazionale delle misure in maniera uniforme. Si è rimarcata la necessità di avere poche regole e molto chiare nell’interpretazione e nell’attuazione, senza oneri aggiuntivi non sostenibili dagli operatori dello spettacolo e senza portare un aggravio delle procedure amministrative.

In seguito, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini ha avuto un’audizione con il Comitato tecnico scientifico e ha fatto presente le richieste pervenute a fine aprile. Lunedì 11 maggio si è tenuto un incontro a Roma per valutare le possibili linee guida della fase 2 del settore dello spettacolo in Italia.

Sembrerebbe – e questa posizione è fortemente connessa alla curva epidemiologica – che ci sia una possibilità di ripresa di alcune attività nelle prossime settimane. Il recentissimo Decreto del Governo, che prevede la riapertura dei teatri a metà giugno, confermerebbe l’ipotesi.

Ciò permetterebbe da un lato di offrire una speranza ai cittadini italiani, perché dal momento in cui riapriranno luoghi simbolo della socialità, come i teatri e i cinema, le comunità potranno percepire un graduale e atteso ritorno alla normalità, e, dall’altro, a tanti lavoratori, di affrontare il superamento della fase di grave difficoltà.

Come ha illustrato Fonsatti, il comparto culturale ha sofferto e soffre notevolmente per questo blocco, anche se al suo interno vanno fatte alcune distinzioni: tra coloro che sono maggiormente tutelati perché lavorano per istituzioni grandi o piccole che hanno potuto sostenere i costi del personale con le proprie risorse e fruire degli ammortizzatori sociali (destinati per la prima volta dalla seconda guerra mondiale ad oggi al settore dal vivo); e chi ha lavori più intermittenti (molti artisti, attori, danzatori, tecnici) che si trovano in una situazione molto più drammatica.

Una lunga riflessione è stata fatta sul problema del distanziamento sociale: se può essere ovviata per la platea, seppur con un grosso deficit economico, la questione diventa decisamente più problematica sul palcoscenico. L’utilizzo della mascherina per musicisti, attori e cantanti sembrerebbe inapplicabile in un contesto dello spettacolo dal vivo. L’utilizzo della mascherina durante la performance oltre a non essere possibile nel caso di un concerto con l’utilizzo di strumenti a fiato, avrebbe in altri casi un impatto sulla creazione artistica talmente forte da snaturare l’opera stessa.

Anche per quanto riguarda la platea i problemi, seppur più facilmente risolvibili, sono molti. Le proposte per ora sono di poter eseguire performance, svolte in condizioni particolari, all’aperto con la limitazione di mille persone, inclusi gli orchestrali e duecento persone al chiuso. In questo ultimo caso la ripresa si dovrebbe garantire in maniera più graduale. La limitazione di duecento persone è di complessa realizzazione, oltre che non sostenibile dal punto di vista economico, basti pensare alle Fondazioni Lirico Sinfoniche che raggiungerebbero tale soglia anche solo con orchestra, coro e tecnici impegnati nell’attività.

Tutto questo si tradurrà in minori ricavi derivanti dalla riduzione dei posti a sedere e dai maggiori costi derivanti dall’acquisto dei dispositivi di sicurezza e per garantire la salute dei lavoratori e del pubblico.

Fonsatti prevede che questo aggravio economico sarà decisamente più forte all’atto della ripresa delle attività culturali. Sottolinea come i bilanci delle fondazioni teatrali e musicali siano sempre più orientati su una quota di ricavi propri, bilanciati da una equa proporzione tra costi e ricavi. Il venir meno delle risorse, derivate dai mancati incassi di questi mesi, farà sì che il pareggio di bilancio diventi un miraggio, per cui sarà necessario un intervento a sostegno del comparto culturale.

Fonsatti mette in rilievo come nel Decreto “Cura Italia” siano stati stanziati dei contributi a sostegno del settore. In particolare il Fus, Fondo Unico per lo Spettacolo, ha previsto delle agevolazioni a sostegno di tutte quelle attività culturali che non hanno mai ricevuto finanziamenti dallo stesso e che potranno ora, con requisiti minimi, accedere a un contributo fino a 20 mila euro.

Questo stanziamento, seppure contenuto, garantirà una boccata d’ossigeno a un settore così fortemente penalizzato, e permetterà di fare una sorta di “censimento” del settore culturale in Italia e di avere, quindi, una fotografia della variegata realtà dello spettacolo dal vivo. Fonsatti sottolinea come questa opportunità permetterà di cogliere l’importanza e le ricadute sociali di soggetti piccoli e mai finanziati sul territorio e sulla sua comunità.

Il Presidente di FederVivo pone particolare attenzione al fatto che l’obiettivo primario ora non sia soltanto la convenienza economica quanto la riattivazione dell’occupazione degli artisti e dei tecnici. “Pur nella difficoltà, pur con mille incognite – sottolinea Fonsatti – occorre riproporre occasioni di lavoro, tornare ad avere un reddito dignitoso commisurato al talento e alla professionalità. Questa deve essere la finalità di ciascun operatore, dal più piccolo al più grande”.

In questo momento infatti, ai lavoratori dello spettacolo non è concesso neppur mettere piede nel proprio ufficio. Questa è una grossa limitazione perché non permette nemmeno di pianificare, di costruire, di trovare delle soluzioni per una possibile ripartenza.

Avendo quindi come bussola per questo nuovo inizio l’occupazione e il reddito degli artisti, Fonsatti delinea una serie di obiettivi primari: aprire i teatri, provare, e solo dopo queste due operazioni, incontrare il pubblico.

Alla domanda su come sarà il teatro che verrà, Fonsatti risponde che quello che è accaduto comporta la necessità di sviluppare nuove modalità di produzione. Questa emergenza ha richiesto una semplificazione e una digitalizzazione dei processi decisionali e al contempo una riflessione sul come le nuove tecnologie possano integrarsi nel processo creativo e produttivo.

Fonsatti ha anticipato alcune nuove produzioni su cui sta lavorando il direttore artistico del Teatro Stabile di Torino Valerio Binasco, cioè una serie costruita da pochi attori realizzata da un regista teatrale e un regista cinematografico. Fonsatti non ha voluto anticipare molto, tuttavia sembrerebbe che questa nuova produzione abbia un set che permetta una fruizione sia dal vivo sia su piattaforma virtuale, dando vita a una rappresentazione ibrida tra il teatro e il cinema. Una drammaturgia integrata che consentirà di essere condivisa in più modalità e che avrà al contempo una componente forte di interattività con il pubblico.

Grande spazio verrà destinato, nella nuova stagione, ai monologhi italiani. Un repertorio di qualità che troverà una dimensione di mercato molto ampia nei prossimi mesi.

Per l’autunno si auspica, inoltre, di poter recuperare le produzioni cancellate in questa stagione, nella speranza, se la normativa lo consentirà, di rimettere in scena gli allestimenti senza compromettere la forza e l’energia del loro impianto iniziale.

Questa crisi, analizzata in maniera ottimistica, può essere anche un’opportunità di riflessione, di creazione di nuove modalità e nuove soluzioni per un comparto che solo in Piemonte occupa 15mila addetti per un ricavo annuale di 52 milioni di euro. Con tutte le difficoltà della situazione, con tutte le criticità e le specificità che questo settore richiede, qualcosa ‘eppur si muove’ grazie alla determinazione e alla creatività di chi lavora in ambito culturale.

Ora staremo a vedere cosa uscirà dal confronto richiesto dagli esponenti del settore per dirimere le questioni più tecniche e poter così garantire la ripartenza dell’attività per i lavoratori, per le imprese e per il pubblico.

Daniela Cauda

5 realtà on line in italia e all’estero che vi consigliamo

Il periodo di crisi e di emergenza sanitaria ha imposto e impone ancora oggi in gran parte del mondo il blocco delle attività teatrali dal vivo. Diverse istituzioni, compagnie, teatri si sono mossi per rendere disponibili on line spettacoli e documenti interessanti, di cui si segnalano alcune realtà in Italia e all’estero.

1. Globe Theatre (Regno Unito) Globe Theatre Nel Regno Unito, lo storico Globe Theatre, del quale si può anche effettuare un tour virtuale della struttura, propone diversi spettacoli fruibili in streaming, alcuni anche gratuiti (vedi qui ). Attualmente, è on line fino al 17 maggio lo spettacolo “I due nobili congiunti”, tragicommedia di William Shakespeare e John Fletcher (vedi qui).

2. Racconti in tempo di peste (Italia) Racconti in tempo di peste In Italia, si evidenzia un’iniziativa interessante, “Racconti in tempo di peste” della Compagnia Corrado d’Elia e Teatro Pubblico Ligure, una sorta di Decameron contemporaneo che va in scena ogni giorno da mezzogiorno con una storia, un racconto, una poesia o altro. Per informazioni e per seguire i racconti on line, vedi qui.

3. Théâtre des Bouffes du Nord (Francia) Bouffes du Nord In Francia, invece, si segnala la programmazione on line del Théâtre Bouffes du Nord, che mette a disposizione diversi documenti d’archivio (tra cui documentari di Peter Brook) e interviste sulle attività del teatro durante gli anni (vedi qui). On line fino al 20 maggio, è possibile visionare “Beckett by Brook”, spettacolo realizzato da Peter Brook e Marie-Hélène Estienne a partire da cinque brevi scritti di Samuel Beckett (vedi qui).

4. Teatro Schaubühne (Germania) Schaubuehne Berlino In Germania, il teatro Schaubühne di Berlino propone una programmazione teatrale on line particolare: ogni sera, a partire dalle 18:30 e fino a mezzanotte, viene trasmesso in streaming uno spettacolo, molti con sottotitoli in inglese, con count-down del tempo rimanente alla visione (vedi qui ). Appuntamento il 10 maggio dalle ore 18:30 con “Woyzeck” di Georg Büchner).

5. Japan Arts Council (Giappone) Japan Arts Council Per chi volesse invece vedere alcune rappresentazioni teatrali giapponesi che insieme a diverse realtà orientali, dalla Cina all’India, hanno nutrito le principali avanguardie novecentesche occidentali, si consiglia di visitare il sito web del Japan Arts Council, istituzionae pubblica giapponese deputata alla tutela delle tradizionali arti performative del paese, dal Kabuki, al Noh, al Bunraku, che rende disponibili on line diversi spettacoli (vedi qui la programmazione). Fino al 1° giugno 2020, è possibile vedere gli spettacoli di marionette del teatro Bunraku (vedi qui).

5 REALTÀ TORINESI IN VERSIONE ONLINE CHE VI CONSIGLIAMO

In questo periodo difficile di crisi economica e sanitaria e di distanziamento sociale, il mondo della cultura si è raccolto attorno al dibattito sul rapporto tra spettacolo dal vivo e nuovi media. Sembra evidente che il teatro possa accadere solo ed esclusivamente in presenza del pubblico. Eppure è stata proprio la cultura a tenere compagnia a tutti in questi giorni solitari. Noi universitari siamo ormai a casa da oltre due mesi e fremiamo all’idea di tornare ad inebriarci di quel meraviglioso campo magnetico che si crea nei teatri. Tuttavia abbiamo trovato conforto nel vedere che anche in questa drammatica situazione artisti e teatri, ognuno a suo modo, stanno facendo sentire il loro essere vivi e scalpitanti. Quale che sia il punto di vista riguardo allo slittamento nel mondo digitale, vi consigliamo cinque realtà torinesi che hanno pensato a modi alternativi per affrontare la chiusura, chi rendendo disponibili i propri spettacoli in streaming, chi provando a riflettere più a fondo sulle possibilità di nuovi e vecchi mezzi.

1. FACCIAMO LUCE TUTTI INSIEME

Ben sei delle principali istituzioni culturali torinesi si sono unite in questo progetto strutturato in due giornate. La Venaria Reale, il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, il Teatro Regio Torino, la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, il Teatro Concordia – Fondazione Via Maestra – Venaria Reale hanno deciso di dedicare al pubblico una serie di concerti, letture e performance teatrali registrate, proposte in diretta streaming dalla Galleria Grande della Reggia di Venaria. Il primo appuntamento è purtroppo già passato, ma siamo ancora in tempo a seguire il secondo.

QUANDO: domenica 10 maggio 2020 dalle ore 17
DOVE: sulle pagine social delle sei realtà coinvolte oppure a questo indirizzo (dove troverete anche tutte le informazioni più dettagliate e il programma)

Tutte e sei le realtà stanno inoltre costantemente aggiornando i profili social con piccole iniziative ed approfondimenti. In particolare, il Teatro Regio sta portando avanti il progetto #operaonthesofa, con il quale vengono condivisi i video delle prove generali di alcune prestigiose produzioni del teatro, disponibili nella playlist youtube qui. Per non parlare della riconversione della propria sartoria alla produzione di mascherine: circa 2000 alla settimana, in dotazione gratuita alla Protezione Civile!
Il Teatro Stabile invece porta avanti l’iniziativa #stranointerludio, per tenere vivo il rapporto con il proprio pubblico attraverso una serie di clip con protagonisti artisti amati (tra cui il direttore artistico Valerio Binasco) sul tema dell’intimità di un gesto quotidiano quale quello della cucina. Tutte le clip, in aggiornamento giornaliero, sono disponibili qui.

2. BE UNHAPPY! A CASA

Anche Fertili Terreni Teatro – che unisce A.C.T.I. Teatri Indipendenti, Cubo Teatro, Tedacà e Il Mulino di Amleto, nei tre spazi Teatro Bellarte, Cubo Teatro e San Pietro in Vincoli Zona Teatro – non si è scoraggiato e ha deciso di rendere disponibile la sua stagione Be Unhappy! in streaming, ripensandone il cartellone. Ogni titolo è disponibile per una settimana, fino al 31 maggio.

QUANDO:  dal 31 marzo al 31 maggio
DOVE: sul loro sito (dove troverete anche tutte le informazioni più dettagliate e il cartellone)

3. INTERPLAY 20/20 DIGITAL

Interplay (Mosaico Danza), il festival internazionale di danza contemporanea che festeggia quest’anno il suo ventesimo anniversario, ha fatto una scelta coraggiosa: metà festival si terrà comunque, in formato digital attraverso live streaming nel periodo annunciato (dal 20 al 30 maggio) e l’altra metà è posticipata tra settembre e novembre. Il calendario del festival sarà rispettato il più possibile, tra talenti italiani e stranieri, ed arricchito da interviste, incontri con artisti, giornalisti ed esperti ed altri contenuti digitali. Gli spettacoli saranno trasmessi nella loro interezza, molti ripensati per adattarsi meglio al nuovo medium. L’idea alla base di questa scelta è sì quella di rivolgersi al pubblico affezionato che sente la mancanza dello spettacolo dal vivo, ma allo stesso tempo quella di far appassionare – tramite questa modalità di fruizione alternativa e certamente facilmente accessibile – anche coloro i quali non si sono mai avvicinati a questo mondo.

QUANDO: dal 20 al 30 maggio, a partire dalle ore 21
DOVE: sulle pagine Facebook e Instagram così come sul sito (dove troverete anche tutte le informazioni più dettagliate e il programma)

4. MICHELE DI MAURO / MARCIDO MARCIDORJS

Sia Di Mauro – che a causa dell’emergenza ha dovuto interrompere le repliche dell’Arlecchino servitore di due padroni per lo Stabile – che lo storico gruppo teatrale dei Marcido hanno deciso di non fermarsi e di sperimentare forme alternative per “condividere un po’ di bellezza” e sentirci tutti meno soli.
Michele Di Mauro ci porta nella sua Isola che c’è: “un Luogo, un appuntamento quotidiano […] dove incontrarsi senza maschere né mascherine.” Dalla sua casa a San Mauro Torinese, condivide con noi delle pillole d’attore, letture di brani teatrali e letterari.
E tali sono anche le Letture per una buona sosta di Marcido Marcidorjs, che ha scelto di non mettere in isolamento le sue “Voci” e continuare a raccontare, in un viaggio attraverso i secoli, da Esopo a Montale.

QUANDO: tutti i giorni e sempre disponibili
DOVE: sul profilo Facebook di Michele Di Mauro e sulla pagina di Marcido Marcidorjs.

5. FUORI QUADRO – AIACE E TPE

L’ultima proposta ci riguarda più da vicino, in quanto patrocinata dal DAMS di Torino. Grazie all’incontro tra l’associazione AIACE e il Teatro Piemonte Europa, il cinema e il teatro si confrontano per riflettere sugli scambi tra i due medium. Il primo di due incontri omaggerà i 100 anni dalla nascita di Federico Fellini, dialogando attorno allo spettacolo Giulietta – in cartellone TPE e rinviato a causa dell’emergenza –  e il film del regista riminese Giulietta degli spiriti.
L’incontro tra le due realtà è piuttosto singolare ed interessante, se pensiamo che Valter Malosti si è dichiarato fin da subito contrario alla trasmissione in streaming degli spettacoli in cartellone. Il direttore artistico del TPE è stato invece propenso ad una riflessione più ampia sul teatro e sui mezzi, rivolgendo lo sguardo in primis ad una rivalutazione della radio: per gli abbonati ha infatti reso disponibili alcuni radiodrammi.

QUANDO: martedì 12 maggio alle ore 18
DOVE: sulla piattaforma Zoom a questo indirizzo con le seguenti credenziali:
Meeting ID: 972 0327 7931
Password: 562842

Ada Turco

TEATRI CHIUSI, TEATRI APERTI

SENZA GLI SPETTACOLI SIAMO TUTTI ORFANI. RIPARTIAMO DALLA BELLEZZA.

Guido Ceronetti, poeta, filosofo, scrittore e giornalista italiano, scriveva sul quotidiano “La stampa” del 15 dicembre 2010: “[…] Il melodramma, l’Opera lirica, ha concluso il suo arco a metà del secolo scorso; è destinata a perdersi, è ormai un puro evento d’obbligo ma di scarso significato. La musica invece è eterna, il teatro è eterno (di eternità per noi misurabili, che non valgono in aeternum) […]. Il cartellone della Scala è, sia pure bellissimo, già un animale impagliato. Anche gli altri cartelloni… Che bisogno c’è di una stagione d’Opera al Regio di Torino? […]

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UN NEMICO DEL POPOLO – MASSIMO POPOLIZIO

“Il nemico più pericoloso per la nostra comunità è la maggioranza”

Un nemico del popolo di Massimo Popolizio è il vincitore del Premio Ubu 2019 come miglior spettacolo dell’anno.

L’Ibsen di Popolizio restituisce un clima molto più western dell’originale. Ambientato in una non precisata cittadina degli USA dell’Ottocento, Un nemico del popolo racconta la storia della lotta per la verità condotta dal dottor Thomas Stockmann (Massimo Popolizio), il quale scopre che le acque delle terme cittadine (le quali sono la maggiore fonte di guadagno per il paese) sono contaminate. Il dottor Stockmann vuole dunque rivelare a tutti il problema, appoggiato inizialmente da Hovstad (Paolo Musio), direttore del giornale “La voce del popolo”, Billing (Tommaso Cardarelli), redattore del medesimo giornale, e dall’editore Aslacksen (Michele Nani). Dall’altro lato del fronte vi è invece il sindaco Peter Stockmann (Maria Paiato), fratello di Thomas, che vuole manipolare l’informazione per interessi economici. Il sindaco infatti sa che i costi per la manutenzione sarebbero troppo alti e non appena comunica ciò a Hovstad, Billing e Aslacken, nessuno dei tre è più dalla parte del dottor Stockmann. Egli durante un’assemblea cittadina cerca di esprimere lo stesso la sua opinione in merito alla questione, ma viene tacciato come “nemico del popolo”, la sua casa viene vandalizzata e perde il lavoro. Nonostante tutto però il dottore decide di non andarsene dalla cittadina bensì di continuare a lottare, consapevole sia della sua forza sia della sua solitudine.

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L’anima buona del sezuan

“Sventurata la terra che ha bisogno d’eroi.”

(Bertolt Brecht)

Secondo il pensiero cinese ogni cosa è divisa tra lo Yin (nero) e lo Yang (bianco), e rappresenta un equilibrio, un dosaggio fluido e misterioso di queste due componenti. Lo Yin e lo Yang sono energie opposte e complementari che in costante interazione reciproca producono il mutamento e costituiscono l’essenza delle cose e della vita. Lo Yin per poter esistere deve contenere una parte di Yang e viceversa.

L’anima buona del Sezuan è una “parabola” cinese, così come la definì lo stesso Brecht quando nel 1938 cominciò a scriverla, che riprendendo il concetto dello Yin e dello Yang, parla dell’impossibilità di poter vivere pienamente il “bene” senza portare a difesa di esso un alter ego cinico di “male” che fa scelte impopolari per proteggere il bene dall’egoismo e dall’avidità circostante.

Elena Bucci e Marco Sgrosso, come eredi del teatro di Leo de Berardinis, sono consapevoli che scrivere per il teatro è dare spazio al non detto, che sperimentare nuovi linguaggi può coincidere con la riscoperta della tradizione, che disgregare un classico in funzione di un suo riuso può significare ritrovare e rifondare un mito come quello della commedia dell’arte per coniugare la comicità sfrenata con la sacralità di una “parabola” antica, come in questo caso, divenuta un “classico” a  malincuore di Brecht, per sospendere il personaggio o la maschera in funzione di un graduale e contraddittorio rivelarsi. Una partitura densa di sonorità inaspettate tra le escursioni nell’oralità popolare e nella lingua letteraria, per le scelte pluristilistiche e dialettali in funzione antimimetiche. In scena, sempre seguendo l’insegnamento di De Berardinis, svelati i misteri dei rumori e della musica effettuati dal vivo dal bravo musicista/rumorista Christian Ravaglioli.

Lo spettacolo è corale: 9 attori in scena a interpretare a rotazione tutti e i 21 personaggi del dramma di Brecht. Lo spettacolo dura più di 2 ore ma il ritmo è serrato e non c’è sosta né per gli attori né per gli spettatori, decisamente rapiti dalla bravura di questi performer che hanno saputo trovare nella “maschera” della commedia dell’arte una sintesi equilibrata tra teatro occidentale e teatro orientale. Tradizioni nostrane si mischiano alla sacralità rituale di un teatro apparentemente distante e il tradire questa forma facendone nascere una  nuova è il modo migliore per restituire l’epicità del lavoro brechtiano.

I corpi hanno la proprietà della danza, e il canto e il ballo non entrano mai veramente in scena ma divengono quasi la naturale conseguenza di un ritmo organico che viene mantenuto per tutto lo spettacolo. Si ha come l’impressione che gli attori e le scenografie, quelle edicole che ricordano le postazioni dei drammi sacri, concorrano insieme a formare un unico organismo vivente, con un suo respiro, con una sua personalità, con una sua anima combattuta tra il bene e il male. Su tutto un alone di divinità beffarda che guarda in disparte e sorniona e che non ha nulla a che vedere con le tre divinità venute da chissà dove alla ricerca di quell’anima buona.  Quelle divinità infatti, come gli altri personaggi, sono funzioni anch’esse che concorrono alla creazione di quell’organismo unico. No, la divinità sorniona è data da quel disco di metallo sospeso nel cielo al centro del palco, come un gigantesco occhio del Grande Fratello. Richiamo immediato  al Gong orientale che veniva usato come strumento per il richiamo e il rilassamento totale dell’anima. Ma che ricorda anche più nostranamente la Luna di Ciaula, che rischiara con incredibile stupore un’anima priva di consapevolezza.

Alla fine dello spettacolo, questo gigante buono, costituito dal torace di quelle impalcature con i colorati attori a rappresentare i vari stati d’animo, sembra sedersi stremato e dichiarare nell’epilogo lo spasimo della sua disfatta:

«Deve cambiare l’uomo? O il mondo va rifatto? / Ci vogliono altri dei? O nessun dio affatto?».

Ma, poi, ciò che conta è il compito affidato agli spettatori in quanto cittadini: constatato che «siamo annientati, a terra, e non solo per burla!», non «v’è modo di uscir dalla distretta / se non che voi pensiate fin da stasera stessa / come a un’anima buona si possa dare aiuto, / perché alla fine il giusto non sia sempre battuto».

Durante gli applausi finali si ha come l’impressione che, in questo spettacolo vissuto come organismo vivente, alla  fine si ritrovino a battere all’unisono insieme ai cuori degli spettatori e degli attori anche un po’ quelli di Brecht e De Berardinis.

Nina Margeri

DI BERTOLT BRECHT / TRADUZIONE DI ROBERTO MENIN
PROGETTO ED ELABORAZIONE DRAMMATURGICA ELENA BUCCI, MARCO SGROSSO
REGIA DI ELENA BUCCI / CON LA COLLABORAZIONE DI MARCO SGROSSO
CON ELENA BUCCI, MARCO SGROSSO, MAURIZIO CARDILLO, ANDREA DE LUCA, NICOLETTA FABBRI, FEDERICO MANFREDI, FRANCESCA PICA, VALERIO PIETROVITA, MARTA PIZZIGALLO
DISEGNO LUCI LOREDANA ODDONE / MUSICHE ORIGINALI ESEGUITE DAL VIVO CHRISTIAN RAVAGLIOLI / CURA E DRAMMATURGIA DEL SUONO RAFFAELE BASSETTI / MACCHINISMO E DIREZIONE DI SCENA VIVIANA RELLA / SUPERVISIONE AI COSTUMI URSULA PATZAK IN COLLABORAZIONE CON ELENA BUCCI / SCENE E MASCHERE STEFANO PEROCCO DI MEDUNA
UNA COPRODUZIONE CTB CENTRO TEATRALE BRESCIANO – ERT EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE / COLLABORAZIONE ARTISTICA LE BELLE BANDIERE