Archivi categoria: Universal
EMILY: LA POESIA DELLA SOLITUDINE
Durante la 22^ edizione del Festival delle Colline Torinesi, è andato in scena al Teatro Astra lo spettacolo Emily di e con Milena Costanzo.
Cercando di ricreare la vita della poetessa statunitense Emily Dickinson, vengono rappresentati i turbamenti di ogni adolescente: non voler uscire di casa, non voler mangiare, fare le pulizie. Semplicemente, non voler crescere, voler rimanere bloccati in una giovinezza immortale ed eterea. Un testo a tratti commovente, divertente, inquietante che, anche se a volte sembra essere poco omogeneo, porta lo spettatore a riflettere su quali siano i doveri di ogni figlio nei confronti della famiglia, quelli della famiglia verso ogni componente di essa, e quali i doveri di ogni cittadino verso la società. Perché in fondo Emily vive in solitudine perché non si sente capita, ma nasconde una grande voglia di amare, e la sua solitudine è un po’ la solitudine che è in tutti noi. Nonostante questo, nonostante i suoi problemi, viene ripudiata dalla famiglia e considerata pazza: è vietato pronunciare il suo nome e ogni domanda su di lei viene aggirata con chiacchiere futili dalla madre e la sorella.
Emily ci mostra come uno spettacolo possa colpire anche senza l’ausilio di troppi oggetti scenografici e come l’uso intelligente delle luci e della musica possa elaborare soluzioni interessanti: fondale nero, un tavolo, tre sedie e tre lampadari usati a seconda delle esigenze. La musica, che sembra non coincidere quasi mai con la drammaticità dei momenti rappresentati, aiuta invece ad aumentare il pathos, a tenere alta l’attenzione degli spettatori e a creare, all’occorrenza, momenti divertenti, anche grazie all’abilità degli attori.
Uno spettacolo che unisce la ricostruzione della vita e delle sofferenze di una delle più sensibili poetesse vissute al ragionamento sui demoni di una società che tende a nascondere chi soffre.
Alice Del Mutolo
di Milena Costanzo
regia Milena Costanzo
con Milena Costanzo
e con Alessandra DeSantis, Rassana Gay, Alessandro Mor
assistente alla regia Chiara Senesi
costumi Elena Rossi
oggetti di scena OkkO Parma
organizzazione Antonella Miggiano
produzione Fattore K
con il sostegno di Danae Festival, Olinda
ELEPHANT WOMAN: LA PISTOLA DELLA FOLLIA
Un altro spettacolo del ricco programma del Festival delle Colline Torinesi 2017: Elephant Woman, di Andrea Gattinoni con Silvia Lorenzo, in scena al Teatro Gobetti.
La scena è completamente vuota: quinte e fondale neri e una luce fissa. Nel buio sentiamo un rumore di tacchi a spillo, poi entra una donna con un rossetto rosso, seminuda, che inizia a parlare di sé, Topazio, e della sua amante, B. Dopo pochi minuti ci da le spalle ma, girandosi di nuovo, ci punta addosso una pistola: proprio questo oggetto sarà il punto di tensione di tutto lo spettacolo, perché il pubblico non riuscirà mai a staccare gli occhi dall’arma e, proprio per la sua presenza, non abbasserà mai l’attenzione nemmeno per un secondo.
Topazio è una giovane donna che decide di abbandonare famiglia, lavoro e amicizie per vivere ai margini della legalità e per dare sfogo a ogni pulsione. Il racconto procede con l’attrice sempre al centro della scena. Si muove lentamente e, nonostante sia sola, non fa mai sembrare vuoto il palcoscenico. Ci cattura con la mimica e con il corpo, con la voce suadente e con i racconti della sua vita: una vita di dolore, di abusi, di solitudine e di insicurezza.
Per tutto lo spettacolo abbiamo l’impressione di trovarci all’interno della mente un po’ malata di Topazio: i suoi racconti provengono dal buio, da un incubo, e non saremo mai sicuri della veridicità delle sue parole. Ma non è questo l’importante, non è necessario sapere se siano tutte bugie o se sia un sogno. Il testo, infatti, vuole farci riflettere sul doloroso destino di alcune donne maltrattate e poi abbandonate a loro stesse. Questo non può far altro che creare esseri umani che non distinguono più la realtà dalla finzione e finiscono per relegarsi ai margini della società.
Il perno emozionale dello spettacolo è la lettura di una lettera alla madre, che non ha mai aiutato la figlia abusata dal padre: la disperazione, il dolore e la follia che ne deriva si scatenano come una tempesta, amplificata dall’uso di un microfono panoramico.
L’attrice Silvia Lorenzo è stata in grado di tenere alta l’attenzione degli spettatori per un’ora di monologo. Alla drammaticità dei racconti si sovrappongono momenti comici in cui l’attrice ripete a memoria definizioni tecniche della lingua italiana o astronomiche come se fosse una voce automatica, esterna al personaggio.
Un colpo di pistola sottolinea il termine dello spettacolo, facendo domandare a tutti gli spettatori se Topazio si sia uccisa, se abbia ucciso qualcuno, o se sia mai esistita.
Alice Del Mutolo
di Andrea Gattinoni
regia Andrea Gattinoni
con Silvia Lorenzo
produzione Teatro Filodrammatici, Festival delle Colline Torinesi
Commenta lo spettacolo? domanda al pubblico di ELEPHANT WOMAN©Festival delle Colline. 2017
Zoo[m]out! Some other place, some other time
La sera del 6 giugno presso la Casa Teatro Ragazzi la compagnia Th[on]gu, un duo di espressione scenica fondato nel 2013 da Guendalina Tondo e Riccardo Giovinetto, presente per la prima volta al Festival delle Colline torinesi, ha proposto una prima “versione per voce, musica e video” di Zoo[m]out, alla quale seguirà una versione integrale.
Quali sentimenti verrebbero risvegliati se si provasse a guardare il pianeta Terra come se lo si scoprisse per la prima volta? Sembra sia questo l’interrogativo attraverso il quale l’attrice invita a riflettere. Su un palco minimale, Guendalina Tondo veste in total black, nero appunto, termine intermittente come un’insegna Retro Wave che si accende e si spegne, nero come la metafora di qualcosa di prezioso che sfugge all’attenzione, piccoli pezzi di mondo che non vengono visti, “come fosse nero”. Ma se è una verità che dopo il nero sopraggiunge sempre la luce, tutto ciò che essa potrebbe illuminare sarebbe visibile in un baleno, anche quello che non si è mai visto. Zoo[m]out prende spunto dal romanzo di fantascienza L’uomo che cadde sulla Terra, scritto da Walter Tevis e che nel ’76 diventa un film interpretato da David Bowie. La fascinazione nei confronti dell’alieno Bowie la si può ricostruire attraverso l’elemento espressivo della luce, che diventa un presupposto necessario all’intento scenico, e a guardar bene, i lineamenti del volto dell’attrice stessa ricordano quelli delicati dell’uomo delle stelle degli anni ’70.
E se ci si trovasse catapultati sul pianeta Terra, vestiti di silver e incapaci di comunicare in una lingua universale, e senza che nessuno se ne accorga? Su questo secondo punto di domanda sembra poggiare una critica esplicita verso la smodata e tutta moderna manìa di trasferire tutto su istantanea. Istantanea come una fotografia, istantanea come una dipartita, quella metaforica di chi fa tutto questo “senza mai guardare fuori”.
La sonorizzazione di Riccardo Giovinetto (Ozmotic), in palcoscenico insieme all’attrice, non è rimasta un elemento subordinato rispetto alla narrazione. Gesti, suoni e ambiente sono il risultato di un unico infuso.
Probabilmente Zoo[m]out vuole invitare a posare lo sguardo sul nostro pianeta (e anche sugli altri, chissà!), facendone esperienza e percependolo non come è, ma per come si è. Per dirla con gli argentati Rockets, some other place, some other time, it’s a world deep inside of you!
Alessandra Pisconti
6 giugno 2017, Casa Teatro Ragazzi, Torino
di th[on]gu
musiche e visual Ozmotic
in scena Guendalina Tondo
con il sostegno di Campo Teatrale e Festival delle Colline Torinesi
e la collaborazione di Micron
Oh Borso – Ragazza seria conoscerebbe uomo solo max 70enne – Fringe
All’interno del Torino Fringe Festival, che è iniziato l’11 maggio e terminerà il 21, ho visto un divertente spettacolo su un mondo all’apparenza desueto, ma che si rivelerà, invece, decisamente vivace: quello degli annunci matrimoniali.
Ragazza seria conoscerebbe uomo solo max 70enne racconta la storia di Rosi, donna in cerca dell’amore. Lo spettacolo si apre con l’arrivo della protagonista che prepara e sistema il luogo per il suo appuntamento con Raimondo : “35enne, romantico che guarda dentro le persone, aspetta di finire tra le braccia di una donna capace di sorprenderlo. Desidero un futuro insieme. Astenersi rumene e perditempo.”
Dopo un quarto d’ora, Rosi (Carla Carucci) è ancora sola, e tra una gag e l’altra ha allestito in maniera molto sofisticata la tavola. Rosi però non demorde e confida che il suo Raimondo si farà vivo, anche dopo la lunghissima attesa, fino a quando infine capisce…. che non si presenterà nessuno. Presa da un’irrefrenabile rabbia inizia a leggere la sua raccolta annunci che porta sempre con sé in borsetta. Uno ad uno, gli autori degli annunci prendono vita, e la nostra Rosi si vendica facendoli soffrire per averle sempre dato buca: il primo allergico ai fiori lo rinchiude nel boccale con tanto di fiori centrotavola; il secondo lo tagliuzza con le posate; il terzo amante, quello delle passeggiate in montagna, è buttato giù dalla sedia. E così in un crescendo, finché non li fa saltare in aria tutti quanti. Rosi è libera! In quel momento, l’unico compagno di vita, quello che le è sempre stato al fianco, ha il coraggio di dichiararsi: il Borso, sì la sua amata borsetta che ha sempre contenuto i suoi annunci è innamorato di lei. Le fa vedere come sia possibile e roseo il futuro insieme, e Rosi, di fronte a tanta dedizione, non può che accettare. Si sposano in scena, con il pubblico complice. Ma in realtà il Borso è malvagio, c’è lui all’origine di tutti gli insuccessi sentimentali di Rosi, e a nulla sono valsi i tentativi di Telefono, Saliera e di altri per metterla in guardia. Capita la malvagità del Borso, Rosi alla fine ha la meglio su di lui, e a concludere il tutto con un lieto fine arriva proprio il ritardatario Raimondo: lo spettatore più carino della sala, pescato ogni sera dal pubblico e disponibile a giocare. E così Rosi ha trovato, forse, il suo vero amore.
Un divertentissimo one woman show, in cui Carla Carucci anima tutti gli elementi della scena: dai bigliettini che diventano gli spasimanti, al mitico e cattivo Borso. Uno spettacolo efficace e ben costruito, che attinge per i suoi segni espressivi anche dalla tradizione del teatro ragazzi e della clownerie.
Di e con: Carla Carucci,
regia: Ian Algie e Carla Carucci,
luci: Luca Carbone
costumi: Carla Carucci.
Elisa Mina
ANNA CAPPELLI: CENA DI MOSTRI A LUME DI CANDELA
Uno degli ultimi spettacoli del Torino Fringe Festival 2017 è stato Anna Cappelli (ultimo testo di Annibale Ruccello) presso il Garage Vian di via Castelnuovo, luogo intimo e “underground”, capace di ospitare spettacoli che non richiedano una grande scenografia o un grande numero di attori, come ad esempio il monologo al quale io e altri spettatori abbiamo assistito sorseggiando un buon bicchiere di vino.
Siamo negli anni Sessanta, in pieno boom economico. Anna è una giovane donna che lavora come impiegata in una piccola città lontana da casa, condividendo l’appartamento con una vecchia signora che ha dei gatti maleodoranti e la brutta abitudine di non farsi gli affari suoi. La vita grigia e semplice di Anna scorre monotona, non riesce a legare con le colleghe in ufficio che le paiono troppo pettegole, la sua vita è fatta di cene solitarie e domeniche al cinema, fino a che un giorno non farà l’incontro della sua vita: il ragioniere Tonino Scarpa, uomo facoltoso e proprietario di una villa con dodici stanze, si interesserà a lei e la inviterà a cena. Ma dopo diversi mesi di incontri, Anna capisce che Tonino ha una visione diversa della vita rispetto alla sua: non vuole sposarsi, non vuole avere figli. E pensare che l’unica cosa che Anna aveva sempre voluto era una famiglia e dei possedimenti da considerare suoi legalmente. Ma Anna è apparentemente una creatura molto docile, quasi insignificante, sembra non riuscire a imporre i suoi valori sopra quelli del compagno e alla fine accetta di andare a vivere con lui. Con questo atto sfida i pregiudizi della sua padrona di casa, degli amici, dei colleghi, e soprattutto dei genitori, ma non le interessa perché il suo amato Tonino le ha promesso che sarebbero stati come sposati, che sarebbe diventata la padrona di casa.
E’ dopo il trasferimento che Anna sfodera la sua furia e il suo forte carattere, al limite dello sdoppiamento di personalità: rivendicando il suo potere sulla casa e tutto quello che contiene, compreso Tonino, costringe il compagno a disfarsi della vecchia domestica che era diventata per lei un intralcio, una rivale da battere per sottolineare di essere lei sola la padrona.
Anna è però divorata dall’egoismo, dalla gelosia, dal desiderio morboso di possesso e il voler difendere a tutti i costi il suo nuovo status la sta distruggendo, la sta trasformando in un mostro che altro non è che frutto della follia generata dalla normalità borghese. Anna è figlia di una trasformazione culturale che non si è ancora arrestata ed è per questo che la sua storia è attuale e ascoltandola parlare ci schieriamo tutti dalla sua parte. I suoi mostri, i suoi fantasmi e le sue paure, sono in realtà anche i nostri, e in un mondo dove i rapporti sono sempre più incerti, Anna reagisce nel modo che le sembra più giusto: si impossessa fino in fondo dell’unica cosa che ha sempre voluto, Tonino. Questi, spaventato dalla tenacia della compagna, decide di nascosto di fare richiesta per un lavoro lontano da casa e la informa solo ad una settimana dalla partenza. Anna non ha altra scelta, deve fare qualcosa: la loro relazione era iniziata con una cena, e con una cena finirà.
“Mi dispiace … Mi dispiace proprio Tonino … Mi dispiace veramente … Credimi … Ma secondo te avevo forse qualche altra scelta? […] Sai Tonino, tu non mi abbandonerai mai più … Ma veramente … Mai più!…E sai perché … Perché io adesso … Ti mangio … Sì, ti mangio … Ti mangio tutto!”
La scenografia è minimale: telo nero come sfondo, appendiabiti a vista e una tavola apparecchiata con una sedia e alcune candele che vengono accese nell’ultima scena. I colori dominanti sono il bianco, il nero e il rosso. Le musiche, che scandiscono i cambi temporali e tematici del monologo, appartengono al tempo di ambientazione della storia. Son funzionali a sottolineare i sentimenti di Anna, e si interrompono in seguito a un suo gesto o a un suo movimento.
Valentina Tullio ha interpretato il testo con aderenza, rendendo con notevole efficacia il drammatico mondo interiore del personaggio, attraverso tic e cambi repentini di voce. Interessante l’idea di sistemare a vista un appendiabiti dal quale l’attrice stacca l’abito che le serve, indossandolo in scena: anche tramite il costume possiamo vedere il cambiamento interiore di Anna. Da ingenua impiegata, si trasforma in una seduttrice con i capelli sciolti e una provocante sottoveste, convinta di avere tutto il potere nelle sue mani, fino a raggiungere, alla fine, il massimo dell’emancipazione indossando un completo maschile bianco.
di Alice Del Mutolo
di Annibale Ruccello
regia di Pierpaolo Congiu
con Valentina Tullio
luci Emanuele Vallinotti
organizzazione Simona Operto
Teatro Decomposto o L’Uomo Pattumiera – Torino Fringe Festival 2017
Tra gli spettacoli del Torino Fringe Festival 2017 ha debuttato Teatro Decomposto o L’Uomo Pattumiera, testo del drammaturgo Matei Visniec con la regia di Girolamo Lucania della compagnia Parsec Teatro.
Lo spettacolo si tiene all’interno dei locali del Cap10100. Al cento della platea troviamo un tavolo con tre sedie e distribuiti attorno alcuni oggetti di scena, tra cui anche le uniche fonti di luce, e dei divanetti disposti a cerchio attorno a questo particolare spazio scenico. L’atmosfera è intima e molto particolare, del tutto inusuale e preannuncia uno spettacolo coinvolgente.
”Questi testi sono i pezzi di uno specchio rotto. C’è stato, un tempo, l’oggetto in perfetto stato. Rifletteva il cielo, il mondo e l’animo umano. E c’è stata, non si sa quando, né perché, l’esplosione. Il gioco consiste nel cercare di ricostruire l’oggetto iniziale. Ma il fatto è impossibile perché lo specchio originario nessuno l’ha mai visto, non si sa com’era.”
Matei Visniec nella prefazione del suo Teatro Decomposto o l’uomo pattumiera invita i lettori e i registi a scomporre e ricomporre l’opera a proprio piacimento. Questa ricomposizione personale è possibile grazie ai continui rimandi tematici presenti nei ventiquattro testi monologici e dialogici. Sulla traccia delle indicazioni del drammaturgo, Girolamo Lucania ha portato in scena uno spettacolo con moduli che cambiano disposizione ogni volta che viene messo in scena.
I frammenti contengono aspetti grotteschi e assurdi, sono pregni di inquietudine e ci mostrano la solitudine e alienazione dell’uomo contemporaneo.
Un uomo ci narra di come dopo la guerra siano state inventate delle macchine che raccolgono i corpi dei morti, provvedono a seppellirli e fare le condoglianze ai parenti del defunto. Ci dice di essere un tecnico che ripara queste macchine quando si guastano e che nel tempo libero si diletta a scrivere poesie sulla natura.
Ci viene raccontata la storia del uomo che passeggiando la notte si ritrova ad essere divorato in pochi minuti da un mostriciattolo portato a passeggio da una signora. L’uomo dice di non provare dolore ma anzi piacere, ci descrive come gli viene mangiato il cuore e tutto si conclude con l’attimo in cui il mostro lo guarda in faccia prima di mangiargli gli occhi.
Veniamo coinvolti nella storia dell’uomo pattumiera, ogni giorno riempito di spazzatura, alla ricerca di una risposta sensata per comprendere il perché della sua condizione di cestino umano. Ma non troverà risposte e col passare del tempo rischierà la vita.
“Mi scusi le sembro una pattumiera? ”
“Si, signore. Del tutto. ”
“Ma è impossibile veramente… Come potrei essere io una pattumiera? ”
“Non lo so,signore, ma lei è esattamente questo.”
Un verme realizza di essere parte del universo e prima di riuscire ad uscire da una mela viene mangiato. Un uomo si trova all’improvviso da solo al mondo, si abitua a questa condizione e vive in solitudine per anni finché un giorno inizia ad essere perseguitato da squilli di telefoni. Un cavallo decide di perseguitare un uomo, attendendolo sotto casa e seguendolo ovunque. Queste e altre sono le storie scritte da Visniec e rappresentate in scena dagli attori Stefano Accomo, Jacopo Crovella e Annamaria Troisi. Tra un frammento e il successivo ci viene interpretata anche la storia dell’uomo all’interno del cerchio. Basta prendere un gessetto e disegnare un cerchio per isolarsi in una dimensione in cui nessuno ti può disturbare. Questo racconto è il più suggestivo se si pensa alla disposizione delle sedute. Le luci si fanno soffuse, poi si spengono, per riaccendersi a sottolineare particolari passaggi.
Il lavoro realizzato da Girolamo Lucania fa sprofondare, per un’ora circa, lo spettatore in un mondo assurdo, nel teatro inquieto e ossessivo di Matei Visniec.
Andreea Hutanu
Teatro Decomposto o L’Uomo Pattumiera
Di Matei Visniec
Regia Girolamo Lucania
Habitat scenotecnico e regia video Andrea Gagliotta
Con Stefano Accomo, Francesca Cassottana, Jacopo Crovella, Annamaria Troisi
Intervista a Leo Muscato
Intervista a Leo Muscato
Regista della versione teatrale di Il nome della rosa di Umberto Eco. Torino, maggio 2017, Teatro Carignano.
Un omaggio nel primo anniversario della scomparsa del grande intellettuale.
A cura di Abdelmjid El Farji (Magid)
https://www.youtube.com/watch?v=A5sXOA2S4Pw&feature=youtu.be
Teatro Stabile di Torino stagione teatrale 2017-18, conferenza stampa
Giovedì 11 maggio presso il Teatro Carignano si è tenuta la conferenza stampa del Teatro Stabile di Torino riguardante il programma della stagione teatrale 2017-18 . Sono intervenuti il presidente Lamberto Vallarino Gancia, il direttore Filippo Fonsatti, il direttore artistico Mario Martone, il nuovo direttore artistico che entrerà in carica dall’inizio del 2018, Valerio Binasco, le assessore alla cultura Francesca Paola Leon e Antonella Parigi e Barbara Graffino, membro del consiglio generale della Compagnia di San Paolo.
Il presidente Lamberto Vallarino Gancia ha espresso, a nome suo e del Consiglio di Amministrazione, i più sinceri auguri al nuovo direttore artistico Valerio Binasco, ai collaboratori dello Stabile e a Mario Martone, per l’ottimo lavoro che ha svolto negli ultimi dieci anni. Ha introdotto poi il direttore Filippo Fonsatti, ricordando quanto sforzo comporti creare un cartellone teatrale come quello dello Stabile e ha mostrato gli indicatori chiave della stagione scorsa. Lo Stabile di Torino si conferma al secondo posto tra i Teatri Nazionali nella classifica ministeriale grazie ad un’alta qualità dei progetti artistici, al contributo economico garantito dai Soci Aderenti e soprattutto grazie al lavoro svolto dallo staff.
La cultura è fondamentale per la crescita di un territorio. La nuova stagione comprenderà 16 produzioni, di cui 5 nuove produzioni esecutive, 6 nuove coproduzioni e 5 riprese, tra cui 29 spettacoli ospiti e 24 spettacoli programmati per la rassegna Torinodanza. Sono 69 gli spettacoli con grandi titoli di registi e attori che si sono affermati sulla scena scena nazionale e internazionale. Tra le produzioni troviamo molte rivisitazioni di testi classici: Don Giovanni di Molière con la regia di Valerio Binasco, Le baruffe chiazzotte di Carlo Goldoni con la regia di Jurij Ferrini, L’illusion Comique di Pierre Corneile con la regia di Fabrizio Falco e Le Baccanti di Euripide con la regia di Andrea De Rosa. Ma troviamo anche una vasta gamma di produzioni contemporanee come Il sindaco del rione Sanità di Eduardo De Filippo con la regia di Mario Martone, Il nome della rosa di Umberto Eco con la regia di Leo Muscato, L’Arialda di Giovanni Testori con la regia di Valter Malosti, Galois di Paolo Giordano con la regia di Fabrizio Falco, Emone. La traggedia de Antigone seconno lo cunto de lo innamorato di Antonio Piccolo con la regia di Raffaele Di Florio e Da questa parte del mare di Gianmaria Testa con la regia di Giorgio Gallione. Prosegue la collaborazione con le compagnie teatrali della città di Torino: importante la coproduzione di Lear, schiavo d’amore dei Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa che debutterà in prima nazionale al Teatro Gobetti con la regia di Marco Isidori, inoltre anche Mistero Buffo di Dario Fo prodotto dal Teatro della Caduta con la regia di Eugenio Allegri, Alice nel paese delle meraviglie prodotto dal Mulino di Amleto con la regia di Marco Lorenzi e La bella addormentata con la regia di Elena Serra.
Il teatro pubblico non è la casa di un singolo artista, è un cantiere aperto dove i registi al lavoro devono essere numerosi e diversi tra loro, con un orizzonte comune ovvero la direzione artistica per evitare che gli spettacoli siano un assemblaggio di merci su uno scaffale. Per questo nella stagione prossima si punterà ad una riflessione su temi del nostro mondo complesso, dal micro al macro, della dimensione sociale mononucleare a quella di massa destinato a raggiungere la dimensione G-zero. Ad esempio con il pluripremiato Disgraced di Ayad Akhtar, in cui fuoriesce la tensione culturale all’interno del salotto borghese, con la regia di Martin Kušej.
Tra i dati riportati da Filippo Fonsatti è importante sottolineare che tra il 2015 e il 2016 c’è stato un aumento del 85% delle vendite dei biglietti e che purtroppo quest’anno ci sarà un aumento dei prezzi, eccetto che per gli studenti. Si è parlato molto anche di giovani, infatti Lo Stabile collabora con la Scuola di formazione per Attori e ben 128 artisti e tecnici sono under 40 e altri 45 sono under 30. Perché il teatro comprende tutti coloro che lavorano al suo interno, non solo gli attori ma anche i tecnici che lavorano dietro le quinte.
Inoltre c’è il desiderio di variegare le fasce di spettatori, comprendendo molti giovani e offrendo la possibilità a un pubblico di estrazione sociale e di grado di istruzione diversi fra loro di dialogare, perciò assieme alla Fondazione CRT, il Teatro Stabile offre gratuitamente 1.000 abbonamenti per cittadini a basso reddito.
A seguire è intervenuto Mario Martone, presentandosi per l’ultima volta pubblicamente come direttore artistico e lasciando in eredità il suo ruolo al successore Valerio Binasco, regista e attore tra i più apprezzati e premiati della scena italiana. Martone ha sostenuto che il teatro è una macchina che ha bisogno di una buona conduzione gestionale, dove è importante l’elemento razionale ma anche una certa imprevidibilità e follia degli artisti. La parola è poi passata a Valerio Binasco che si è presentato entusiasta di continuare a lavorare con solidità e coerenza sulle tracce del collega Martone, con attenzione ai temi della contemporaneità riletti in modo innovativo ed originale, prestando attenzione alla valorizzazione dei giovani talenti. Durante il suo intervento ha sottolineato quanto sia importante che il teatro rifletta e si interroghi sulla realtà che ci circonda.
“Il teatro non è un semplice luogo dove si svolgono le rappresentazioni teatrali ma è un luogo di vita quotidiana.” ha aggiunto Barbara Graffino, che è intervenuta assieme agli assessori.
Resoconto scritto da Floriana Pace e Andreea Hutanu.
TEATRO STABILE DI TORINO – TEATRO NAZIONALE
@Presidente: Lamberto Vallerino Gancia
@Direttore: Filippo Fonsatti
@Direttore artistico: Mario Martone
@Consiglio d’Amministrazione:
Lamberto Vallerino Gancia
Riccardo Ghidella (Vicepresidente)
Mario Fatibene
Cristina Giovando
Caterina Ginzburg
@Collegio dei Revisori dei Conti:
Luca Piovane (Presidente)
Flavio Servato
Stefania Branca
@Consiglio degli Aderenti:
Città di Torino
Regione Piemonte
Compagnia di San Paolo
Fondazione CRT
Città di Moncalieri (Sostenitore)
INFORMAZIONI. Biglietteria del Teatro Stabile di Torino: Teatro Gobetti, via Rossini 8 – Torino. Tel. 011 5169555 – Numero verde 800.235.333 – info@teatrostabiletorino.it