INTERPLAY – FESTIVAL INTERNAZIONALE DI DANZA CONTEMPORANEA

CONFERENZA STAMPA 23ESIMA EDIZIONE

Giovedì 11 maggio, presso la Sala della Musica del Circolo dei Lettori di Torino, ha avuto luogo la Conferenza stampa del Festival Interplay. La kermesse inizierà il 23 maggio per poi proseguire fino al 10 giugno 2023. In totale le creazioni saranno ben venticinque, sette  delle quali in prima nazionale. Ad ospitare le performances otto luoghi tra teatri e spazi multidisciplinari. Dalla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani la scena si sposterà all’interno dell’incantevole cornice di Villa Rey passando dalla Lavanderia a Vapore, dall’Imbarchino, dal Teatro Astra, dagli spazi di Via Baltea e da altre location ancora. Un programma ricco di proposte italiane e internazionali che indaga la scena contemporanea mantenendo alta l’attenzione nei confronti del futuro.  

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FESTIVAL DELLE COLLINE TORINESI

CONFERENZA STAMPA 28ESIMA EDIZIONE

Il Festival delle Colline Torinesi, uno degli appuntamenti più attesi dalla città di Torino, tornerà dal 14 ottobre al 15 novembre, mantenendo la veste  autunnale che ha assunto negli ultimi anni. Il festival, nato nel lontano 1996, ogni anno si ripropone come un momento in grado di far riflettere sul contemporaneo. Ciò avviene, da quasi 30 anni, sotto l’instancabile e appassionata  direzione di Isabella Lagattolla e Sergio Ariotti.

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PRINCIPIA – ALESSIO MARIA ROMANO / LINDA DALISI

Dopo El Ensayo, dal 18 al 23 Aprile, Principia chiude il ciclo delle performance di danza inserite nella stagione 2022/2023 del TPE.
Il regista e coreografo Alessio Maria Romano, attraverso i corpi di Mattéo Trutat e Francesca Linnea Ugolini, porta sul palco del Teatro Astra una delle più importanti opere del pensiero scientifico, in cui sono enunciate le leggi della dinamica e la legge di gravitazione universale.

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SATIRI – VIRGILIO SIENI

Dopo la sua ultima tappa presso il teatro Eduardo De Filippo di Cecina, torna in Sicilia “Satiri” l’ultima creazione di Virgilio Sieni. Questa volta ad ospitarla è il Festival Conformazioni diretto dal Coreografo Giuseppe Muscarello. Il lavoro è andato in scena mercoledì 26 aprile  nella confortevole cornice della sala Strehler presso il  teatro Biondo a Palermo.  La performance vede in scena Maurizio Giunti e Jari Boldrini, danzatori che fanno parte della Compagnia Virgilio Sieni dal 2014.

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NOBODY NOBODY NOBODY. it’s ok not to be ok. – INTERVISTA A DANIELE NINARELLO

NOBODY NOBODY NOBODY. It’s ok not to be ok. Collective experience, è un complesso progetto dove il coreografo e danzatore Daniele Ninarello coniuga sperimentazione laboratoriale e performance. La ricerca artistica di questo lavoro nasce durante i primi mesi di restrizione dovuta alla situazione pandemica da Covid-19. L’autore indaga il movimento, inteso come azione di protesta contro i dispositivi di potere, la mascolinità tossica e il bullismo. NOBODY NOBODY NOBODY rappresenta un modo per potersi esporre alla propria vulnerabilità, agendo di conseguenza la propria rivoluzione nella maniera più libera possibile. Un attento processo, costituito da diverse residenze artistiche, che il coreografo ha già condiviso e che continuerà a condividere con gli studenti di diverse scuole, affiancato dalla sociologa Mariella Popolla. 

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L’ORESTEA DI LIVERMORE

– Note intonate di un’orchestrazione imperfetta –

“Io voglio mostrare a cosa può assomigliare un albero quando lo si vede per la prima volta nella vita”. – (Werner Herzog)

“Se siete finiti in un vicolo cieco tornate al punto di origine…” e quale origine può essere migliore del mito?

Gli eroi e i personaggi della mitologia greca, proprio perché eccezionali, sono i più indicati per mostrare sentimenti e valori in forme accentuate e, quindi, più evidenti. Per questo il mito è quasi sempre, sia nell’antichità che nella modernità, materiale per la tragedia.

Ma il mito, nella tragedia, è sempre reinterpretato alla luce dell’attualità, cioè dei problemi culturali, sociali ed esistenziali che chi scrive vuole mettere in luce. Lo spettatore si trova così di fronte a uno specchio deformante di quello che lui stesso potrebbe essere e che a tratti è già.

La tragedia infatti diviene il luogo – letterario e teatrale – in cui si dibattono idee e questioni di carattere universale, affronta le contraddizioni della vita e della civiltà, e spesso è costruita in base a conflitti insanabili, che sono propri di ogni era. Come nel caso dell’Orestea che vede contrapporsi giustizia e vendetta, polis e sfaldamento della società, legge del taglione e giustizia amministrata da un primo tribunale.

Ph. Federico Pitto

L’Orestea di Eschilo, l’unica trilogia integrale arrivata sino a noi da un lontano passato che ci risalda alle nostre origini, è andata in scena al teatro Carignano per la regia di Davide Livermore, in due serate ravvicinate (Agamennone e Coefore/Eumenidi) o proposta anche in un’unica maratona, dando la possibilità agli spettatori più temerari di testare il loro grado di resistenza fisica e mentale.

La tragedia, come abbiamo visto, è per sua stessa natura il genere delle grandi passioni, dei grandi amori e delle grandi atrocità.

Sarà a causa di tutta questa grandiosità che Livermore ci propone una trilogia, organizzata in due “atti”, dalla sfarzosa realizzazione: 40 attori, 2 pianoforti, 50mq di ledwall e una lancia Aprilia 1500 presente per la messa in scena al teatro greco di Siracusa, ma che al chiuso del teatro Carignano ci viene risparmiata.

Ph. Tommaso La Pera

Come da tradizione del mito, Livermore prende la storia degli Atridi e l’attualizza, così l’eco della guerra di Troia diviene, grazie agli splendidi costumi di Gianluca Falaschi e alle accurate acconciature, l’eco della Seconda guerra mondiale, in un’ambientazione che si attesta tra gli anni ’30 e ’40. Il cotesto evocato si rifà però più a un certo immaginario cinematografico, sarà perché non riproduce “l’orrida realtà” ma una realtà edulcorata, “imbellettata come fa il 99% dei film hollywoodiani” per citare Tarantino. E il cinema aleggia su entrambi gli spettacoli, frequenti sono le citazioni, pensiamo fra tutte al fantasma della piccola Ifigenia che apre l’Agamennone e che nel finale si sdoppia, restituendoci l’iconica immagine delle gemelle di Shining.

Ph. Michele Pantano

Se “Il cinema è la scrittura moderna il cui inchiostro è la luce” per dirla con Cocteau allora, come abbiamo anticipato, nella messa in scena di Livermore l’elemento che visivamente connota entrambi gli spettacoli è uno schermo di forma circolare, fatto di luce, un ledwall di 50 mq, sul quale appare una sfera che ruota sul proprio asse (come un globo terrestre) e dentro alla quale prendono forma i video progettati da D-Wok; l’elemento illusionistico è tutto tecnologico e lo riscontriamo soprattutto nella forte tridimensionalità delle immagini.

Il risultato è di impatto “grandioso”, uno strumento dall’enorme potenziale vanificato però da un utilizzo eccessivamente didascalico o che veicola una spicciola morale che disattende l’intento registico che troviamo nel pamphlet di sala:

Ogni volta che realizziamo l’atto umano di ritrovarci a teatro, un atto intimamente più complesso della condivisione, ci troviamo a formulare una riflessione profonda nei confronti della società, una riflessione che, in questo caso diviene concreta in quanto, nell’abbraccio della parete di specchi che delimita il mondo dell’Agamennone, il destino dei personaggi sulla scena si unisce indissolubilmente a quello degli spettatori che, nel riflesso, divengono agenti

Ph. Tommaso Le Pera
Ph. Federico Pitto
Ph. Federico Pitto

Così siamo investiti da occhi giganti, maremoti, incendi, esplosioni, immagini di tragedie umane degli ultimi anni, tra cui persino la Costa Concordia… d’accordo con Andrea Pocosgnich si tratta di un “un campionario di effetti visivi tutt’altro che imprescindibili se non come compendio simbolico e didascalico di certe situazioni: il fuoco e il sangue nominato si riverberano nella sfera amplificando l’immagine già impressa nella parola”.

Quel desiderio di Herzog con cui abbiamo cominciato, mostrare un albero come se lo si vedesse per la prima volta, mi sembra che appartenga in qualche modo anche a Livermore ma la natura delle parole di Eschilo contengono un potere evocativo possente, per stessa ammissione del traduttore Walter Lapini, Eschilo è l’unico dei tre tragediografi greci “a parlare davvero una lingua ancestrale e oscura”. Il suo stile grandioso, solenne, magniloquente, seppur sbiadito nella traduzione, rimane comunque poderoso. Una lingua che come dice Pasolini “si fa strada verso la meta pressando e sfondando” e che proprio per questo non ha bisogno di rafforzi visivi che distraggono e in qualche modo de-potenziano. Soprattutto se si ha a che fare con degli interpreti di indubbio valore come la brava Linda Gennari, Giuseppe Sartori nei credibili panni di un Oreste partigiano o Laura Marinoni con la sua imponente presenza scenica, orchestrati da Livermore all’interno di una precisa partitura ritmica di gesti declamatori e ostentatori che richiamano alcune plasticità tipiche dell’opera lirica. Griglia che risultava a tratti, per alcuni interpreti, persino un po’ stretta, ma che rivela una certa fedeltà alla tragedia antica.

Ph. Federico Pitto

Il teatro di Livermore è un teatro di regia nel senso molto classico del termine. Abbiamo un assoluto rispetto del testo, si esige una fusione degli interpreti che vuol dire star lontano da un teatro che poggia sull’ “esibizionismo” degli attori, sul lusso delle attrici, sulla distinzione dei ruoli, nel senso che anche il più piccolo ruolo ha il suo momento di centralità e declamazione, in maniera molto “democratica”.  Le sfarzose scene che hanno il compito di trasformare poeticamente il dramma di Eschilo, non sempre riescono nell’impresa. Scene e i costumi dovrebbero infatti essere considerati come parti integranti dell’opera poetica, cui è imposto l’obbligo non di fotografare la realtà ma di trasformarla poeticamente secondo lo stile e il carattere del dramma rappresentato a prescindere dalla scelta dell’adattamento. Ma per quanto riguarda la scenografia risulta decisamente poco organica, si ha l’impressione che gli apparati e i materiali scenici predomino e ingombrino. L’attore si trova così costretto nel movimento, a causa di uno spazio sacrificato, lo scenario spesso attrae tutta l’attenzione dello spettatore.

Va detto però che lo spettacolo, come abbiamo già accennato, e come si può vedere dall’immagine di copertina, nasce per essere rappresentato al teatro greco di Siracusa, che è uno spazio fuori misura, rivelando un progetto che forse manca di lungimiranza rispetto alla possibilità di un riadattamento in uno spazio diverso e al chiuso.

Ph. Tommaso Le Pera

Il pubblico è chiamato in causa come parte integrante del dramma ma se in Agamennone non è così chiaro nonostante il monologo di Cassandra che si rivolge direttamente alla platea, del resto quasi tutta l’azione scenica si svolge in proscenio con una prossimità al pubblico che tenta di inglobarlo, ma rimane il dubbio se ci riesca, nel secondo spettacolo, che racchiude Coefore/Eumenidi, il coinvolgimento del pubblico è esplicitato nominandolo come popolo di Atene durante il processo. Il pubblico è infatti invitato a votare sulla colpevolezza o innocenza di Oreste, pura formalità visto che alla fine sarà Atene con il suo voto che vale doppio ad assolvere il matricida.

Gli spettacoli nel loro complesso sono estremamente godibili, ma non assomigliano a “un albero visto per la prima volta”. Quello stupore, quella meraviglia, quello shining che entrambi gli spettacoli hanno, abbaglia, confonde, disorienta, ammicca eccessivamente.

Così alla fine il verso greco non tradotto risveglia ricordi ancestrali e anela rimpiante passeggiate nei boschi, di alberi magari non visti per la prima volta ma che non hanno la pretesa di essere altro da sé.

Less is more

Nina Margeri

CAST E CREDITI COMPLETI

AGAMENNONE

Produzione Teatro Nazionale di Genova, INDA Istituto Nazionale del Dramma Antico

Traduzione Walter Lapini

Regia Davide Livermore

Personaggi e interpreti

Musici | Diego Mingolla, Stefania Visalli
Sentinella | Maria Grazia Solano
Corifea | Gaia Aprea
Coro | Maria Laila Fernandez, Alice Giroldini, Marcello Gravina, Turi Moricca, Valentina Virando
Clitennestra | Laura Marinoni
Messaggero | Olivia Manescalchi
Agamennone | Sax Nicosia
Cassandra | Linda Gennari
Egisto | Stefano Santospago
Spettro di Ifigenia | Aurora Trovatello, Ludovica Iannetti
Vecchi argivi | Davide Pennavaria, Marco Travagli, Alessandro Trequattrini
Oreste bambino |Riccardo Bertoni
Elettra bambina| Anita Torazza

Scene Davide Livermore, Lorenzo Russo Rainaldi

Costumi Gianluca Falaschi

Musiche originali Mario Conte

Luci Marco De Nardi

Video Design D-Wok

Regista assistente Giancarlo Judica Cordiglia

Assistente alla regia Aurora Trovatello

Costumista assistente Anna Missaglia

Cast tecnico

direttore di scena Alberto Giolitti
direttore di palco Michele Borghini
capo macchinista Marco Fieni
macchinista Nathan Copello
macchinista / attrezzista Giulia Chittaro
capo elettricista Toni Martignetti
fonici Edoardo Ambrosio, Umberto Ferro, Stefano Gualtieri
video Luca Nasciuti
trucco e parrucco Barbara Petrolati, Giuseppe Tafuri, Giovanna Molinaro
sartoria Cristina Bandini, Viviana Bartolini

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COEFORE/EUMENIDI

ProduzioneTeatro Nazionale di Genova, INDA Istituto Nazionale del Dramma Antico

Traduzione Walter Lapini

Regia Davide Livermore

Personaggi e interpreti “Coefore”

Musici | Diego Mingolla, Stefania Visalli
Oreste | Giuseppe Sartori
Pilade | Gabriele Crisafulli
Elettra | Anna Della Rosa
Le Coefore | Gaia Aprea, Alice Giroldini, Valentina Virando, Cecilia Bernini (cantante), Graziana Palazzo (cantante), Silvia Piccollo (cantante)
Voce e immagine di Agamennone | Sax Nicosia
Clitennestra | Laura Marinoni
Cilissa | Maria Grazia Solano
Egisto | Stefano Santospago
Una donna | Nicoletta Cifariello
Le Erinni | Maria Laila Fernandez, Marcello Gravina, Turi Moricca
Guardie | Lorenzo Crovo, Lorenzo Scarpino, Davide Niccolini

Personaggi e interpreti “Eumenidi”

La Pizia (Profetessa) | Maria Grazia Solano
Apollo | Giancarlo Judica Cordiglia
Le Eumenidi | Maria Laila Fernandez, Marcello Gravina, Turi Moricca
Fantasma di Clitennestra | Laura Marinoni
Statua di Atena | Bianca Mei
Atena
 | Olivia Manescalchi

Scene Davide Livermore, Lorenzo Russo Rainaldi

Costumi Gianluca Falaschi

Musiche originali Andrea Chenna

Luci Marco De Nardi

Video Design D-Wok

Regista assistente Sax Nicosia

Assistente alla regia Aurora Trovatello

Cast tecnico

direttore di scena Alberto Giolitti
direttore di palco Michele Borghini
capo macchinista Marco Fieni
macchinista Nathan Copello
macchinista / attrezzista Giulia Chittaro
capo elettricista Toni Martignetti
fonici Edoardo Ambrosio, Umberto Ferro, Stefano Gualtieri
video Luca Nasciuti
trucco e parrucco Barbara Petrolati, Giuseppe Tafuri, Giovanna Molinaro
sartoria Cristina Bandini, Viviana Bartolini

RICCARDO III – KRISZTA SZÉKELY

Dal 7 al 26 marzo 2023 il Teatro Carignano di Torino ha ospitato le repliche di Riccardo III, il celebre testo di William Shakespeare, adattato in chiave moderna e attualizzato da Ármin Szabó-Székely e diretto da Kriszta Székely.

Il pubblico in sala è eterogeneo: sono presenti sia studenti delle superiori alle prese con le prime uscite a teatro, sia spettatori veterani, molti dei quali hanno già visto numerosi adattamenti delle opere di Shakespeare. E questo spettacolo ha le potenzialità di accontentare tutti.

Non è mai facile realizzare un adattamento, specialmente quando si tratta di mettere le mani su un testo ben noto e amato tanto dal grande pubblico quanto dagli esperti di critica teatrale e letteraria. La regista Kriszta Székely e il suo collaboratore Ármin Szabó-Székely, tuttavia, non sono nuovi della pratica, ricordiamo ad esempio lo Zio Vanja presentato nel 2020 prodotto da Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale.

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FESTIVAL CONFORMAZIONI 2023, CONFERENZA STAMPA

“ConFormazioni” ovvero la  primavera performativa palermitana

Martedì 28 marzo 2023 si è svolta a Palermo, nella cornice dello Spazio Franco presso i Cantieri Culturali alla Zisa, la conferenza stampa del Festival ConFormazioni, arrivato alla sua settima edizione.

Il Festival di danza e linguaggi contemporanei tornerà a Palermo dal 21 al 30 aprile 2023. Una versione allargata dell’ormai conosciuta azione che vede alla direzione artistica Giuseppe Muscarello e a quella organizzativa Danila Blasi: a precedere il festival ci sarà un’anticipazione in collaborazione con Scena Nostra, rassegna dello Spazio Franco dedicata alle creazioni contemporanee.

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LE RELAZIONI PERICOLOSE – CARMELO RIFICI

Le luci si accendono nella sala del teatro Gobetti. Gli attori, ancora inguainati nelle tute settecentesche da drughi di A Clockwork Orange, si inchinano con gesti misurati; nessun affetto, nessuna passione, solo la razionalità algida di chi ha raggiunto il suo scopo, attraverso una strategia calcolata nei minimi dettagli e come se i saluti fossero soltanto l’ultima mossa da compiere, prima di ritenere la partita conclusa, la guerra vinta.

Non potrebbe esserci chiusa più esatta per Le Relazioni pericolose con la regia di Carmelo Rifici che, assieme a Livia Rossi, che è presente in scena, ne firma anche la drammaturgia.

Il lavoro è la trasposizione abbastanza fedele di uno dei maggiori capolavori dei libertini francesi: Les Liaisons dangereuses di Choderlos de Laclos.La storia è semplice: la Marchesa de Marteuil è stata abbandonata dal conte di Gercourt, suo amante, decide di vendicarsi. Scrive a una sua vecchia fiamma, il libertino Valmont convincendolo a deflorare Cécile Volonges, giovane vergine futura sposa del conte di Gercourt. Valmont è a sua volta impegnato in un’impresa altrettanto perfida, la conquista di Madame de Tourvel sposa fedele al marito e poco incline al peccato. Anche se Cécile Volonges si strugge per il giovane poeta (nel romanzo, compositore) Danceny cede alle lusinghe di Valmont…

Rifici e Rossi attraversano questa storia mantenendone intatta la forma epistolare e indagando a fondo le potenzialità violente belligeranti e manipolatorie della parola. Il linguaggio, il potere della metafora, che ci smarca dalla condizione animale si rivela altrettanto ferino. Si potrebbe aggiungere che il linguaggio ha reso consapevole il gesto violento, ha dato alla violenza l’esattezza, l’ha resa più efficace.

E poi un gioco di rispondenze (Roberto Calasso in questo era un maestro: leggere L’impronta dell’editore per averne un saggio) mette in conversazione Choderlos de Laclos con Nietzsche, Hofmannsthal, Girard, Clausewitz, Artuad, ma anche Pasolini, Teresa d’Avila, Simone Weil, Dostoevskij, Zweig, e il Cantico dei cantici. Ogni personaggio si muove dunque sui binari di un modello filosofico diverso.

Rifici sceglie di ridurre al minimo la fisicità degli attori. È invece la parola a regnare: coi microfoni gli attori si sfidano in maniera spietata. Accentua al massimo l’elemento strategico, pensato calcolato – dicevamo all’inizio: i saluti algidi. 

Alle spalle delle proiezioni e giochi di colori fatti con delle vecchie luminose accarezzano lo spettatore creando uno spazio confortevole che attutisce la qualità ustoria della parola.

Premesso che il teatro in cui regia ha l’inziale maiuscola it’s not my cup of tea, bisogna dire che gli attori sono davvero notevoli.
Forse la sala così piccola del Gobetti non è il giusto campo di battaglia per questo spettacolo in cui la parola ha bisogno di spazi più ariosi per arrivare affilata. Magari, passeremo a vederlo a Bologna in cui sarà in scena l’1 e il 2 aprile, all’Arena del Sole.

ispirato da Antonin Artaud, Teresa d’Avila, Elias Canetti, Carl von Clausewitz, Fëdor Dostoevskij, René Girard, Christopher Hampton, Hugo Von Hofmannsthal, John Keats, Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, Friedrich Nietzsche, Pier Paolo Pasolini, Donatien-Alphonse-François de Sade, Simone Weil, Stefan Zweig e dal Cantico dei Cantici
drammaturgia Carmelo Rifici, Livia Rossi
con Flavio Capuzzo Dolcetta, Federica Furlani, Elena Ghiaurov, Monica Piseddu,
Edoardo Ribatto, Livia Rossi
regia Carmelo Rifici
disegno sonoro Federica Furlani
impianto scenico Carmelo Rifici, Pierfranco Sofia
disegno luci Giulia Pastore
progetto visivo Daniele Spanò
costumi Margherita Platé
drammaturgia del corpo Alessandro Sciarroni


LAC Lugano Arte e Cultura

Foto di Luca del Pia