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Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa

Ogni persona che ha letto La metamorfosi di Kafka si è chiesta: chi era prima Gregor Samsa? Quali sogni demoniaci lo hanno trasformato in un insetto?

Lo spettacolo che abbiamo visto domenica 20 gennaio 2019 al Teatro Astra cerca di rispondere a queste domande focalizzandosi sull’incomunicabilità di Gregorio con il mondo circostante. Proprio per questo il protagonista si esprime attraverso la danza, cercando di trasmettere così la sua interiorità. In questo modo si isola nella sua arte, non c’è confine tra le prove e la vita vera. Gregorio si ritrova intrappolato all’interno della sua condizione di danzatore. Questa ricerca ossessiva avviene tramite ripetizioni altrettanto morbose dei movimenti che vanno ad intaccare la sua vita sentimentale e la sua quotidianità attraverso una sorta di frammentazione. Il protagonista è impegnato nella continua memorizzazione della coreografia in vista di un imminente debutto. La meticolosità con cui replica i movimenti è vista come una sfida con se stesso e la voglia di dimostrare agli altri la propria intimità che a parole non riesce ad esprimere. Una ricerca che non solo mira ad un perfezionamento artistico, ma soprattutto ad un senso di libertà. Il suo è un lavoro senza fine verso un’incessante ricerca della perfezione. Un mondo ideale nel quale rifugiarsi dalle frustrazioni che subisce e da tutto ciò che lo circonda.

Gregorio non sa gestire il suo spazio, il suo tempo e la sua routine, perché troppo immerso nella ricerca di ciò che non ha ancora individuato. In questo senso è significativo il finale, quando Gregorio corre, sul posto, verso una palla di luce accecante. Rincorrere qualcosa di indefinito è il dilemma del protagonista.

Lorenzo Gleijeses recita in uno spettacolo della durata di circa un’ora in una pura sospensione del tempo, dove l’immaginario si mescola con la realtà e l’atmosfera è sospesa in una dimensione astratta. La concretezza della vita quotidiana è identificata dalla televisione (che verrà simbolicamente distrutta) e da un robot che vaga per il palco senza meta, proprio come Gregorio.

Progetto di lunga gestazione, Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa è il prodotto di quattro anni di prove e cinque di idee. Nasce come creazione di Mirto Baliani (luci e musiche) e Lorenzo Gleijeses, con l’obiettivo di farlo rielaborare da diversi maestri per far sì che ognuno di loro apporti modifiche individuali. Il primo di questi è Michele Di Stefano, coreografo e performer, vincitore del Leone d’Argento alla Biennale di Venezia nel 2014. Il suo contributo si orienta verso la danza contemporanea.

Il secondo è Eugenio Barba, raggiunto in Danimarca all’Odin Teatret. Quando il regista vide Lorenzo Gleijeses recitare, suggerì subito La Metamorfosi perché i suoi movimenti gli ricordarono lo scrittore praghese. In una notte, proprio come la trasformazione di Gregor nel racconto, gli artisti Gleijeses e Baliani ibridarono il loro lavoro con i testi di Kafka. Questo entusiasmò Barba, che strutturò lo spettacolo in più fasi, tra cui l’inizio, focalizzato sulle prove, e la parte centrale sulla routine quotidiana. Possiamo individuare il lavoro registico di Eugenio Barba anche nell’attenzione dell’attore di “mettersi in forma” che, con estrema precisione dei movimenti, attira su di sé lo sguardo dello spettatore, riuscendo a trasmettere la drammaticità del suo corpo.

I suoni coincidono con le azioni e fanno concretizzare con l’immaginazione dello spettatore oggetti scenici inesistenti.

Nonostante Gregorio sia solo sulla scena, interagisce con altre figure attraverso diverse voci off.

Per cogliere ogni movimento ed effetto scenico altrimenti impercepibile, lo spettatore deve trovarsi frontale al palcoscenico. Proprio per questo il Teatro Astra ha delimitato i posti accessibili, modificando la conformazione stessa del teatro e creando uno spazio diverso.

Qual è il confine tra la sana ricerca artistica e la pulsione patologica? Dove si costruisce qualcosa e dove si distrugge se stessi e gli altri?

Accrescere la propria arte è il tema centrale sia realmente, per la modalità di creazione di questo spettacolo, sia metaforicamente all’interno dell’opera stessa.

E’ questo che causa la crisi dei rapporti tra Gregorio e gli altri personaggi ed è forse l’unico scopo del danzatore: trovare e, in un certo senso, trovarsi.

Alessandra Bina e Alessandra Botta

Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa, diretto da Eugenio Barba insieme a Julia Varley e allo stesso Gleijeses, prodotto da TPE, Nordisk Teaterlaboratorium e Gitiesse Artisti Riuniti. La consulenza drammaturgica è di Chiara Lagani.

Lo spettacolo ha avuto un’anteprima a inizio dicembre 2018, al Teatro Studio di Scandicci per la stagione del Teatro Nazionale della Toscana. Dopo le repliche all’Astra fino a domenica 20 gennaio andrà a Milano (Triennale Teatro dell’Arte, da giovedì 24 a domenica 27 gennaio) e a Bologna (Centro Teatrale La Soffitta, Dams, martedì 30 gennaio).

CON LORENZO GLEIJESES

REGIA E DRAMMATURGIA EUGENIO BARBA, LORENZO GLEIJESES, JULIA VARLEY

SUONO E LUCI MIRTO BALIANI

VOCI OFF EUGENIO BARBA, GEPPY GLEIJESES, MARIA ALBERTA NAVELLO, JULIA VARLEY

ASSISTENTE ALLA REGIA MANOLO MUOIO

CONSULENZA DRAMMATURGICA CHIARA LAGANI

SPAZIO SCENICO ROBERTO CREA

GLI OGGETTI COREOGRAFICI SONO FRUTTO DELL’INCONTRO CON MICHELE DI STEFANO NELL’AMBITO DEL PROGETTO58° PARALLELO NORD PRODUZIONE TPE – TEATRO PIEMONTE EUROPA – NORDISK TEATERLABORATORIUM – GITIESSE ARTISTI RIUNITI IN COLLABORAZIONE CON CENTRO COREOGRAFICO KÖRPER

FDCT23 – I LIBRI DI OZ

Ambiente scuro, un grande proiettore bianco che risalta sul fondo della scena. Un tavolino nero al centro con sopra un grande libro, una lente tonda, delle scarpette rosse. Ecco la scena semplice, essenziale e per questo estremamente esplicativa de I libri di Oz, spettacolo che è andato in scena domenica 3 Giugno presso Caffè Muller per il Festival delle Colline Torinesi.

Chiara Lagani, fondatrice della compagnia teatrale Fanny & Alexander, ha tradotto e antologizzato per i Millenni di Einaudi i quattordici romanzi di Baum ambientati nel magico mondo di Oz. Con lei ha collaborato l’illustratrice Mara Cerri, realizzando una serie di disegni a colori e in bianco e nero per accompagnare le storie, ma soprattutto per aprire nuove chiavi di lettura e per dare nuova vita a racconti che da più di un secolo accompagnano l’infanzia dei bambini.

È proprio con l’ausilio di queste interessanti illustrazioni, proiettate alle spalle dell’attrice, e di alcuni suoni abilmente scelti, che Chiara Lagani inizia a raccontare lo spirito del ciclo dei libri di Oz: inizia leggendo dal libro, ma subito quello che sembra essere un reading si trasforma in un vero e proprio recital grazie al carisma dell’attrice, che pur essendo sola sulla scena, dà l’impressione di essere circondata da tutti i personaggi nominati.
Con l’ausilio di un microfono crea effetti sonori e voci per ogni protagonista della storia che prende la parola.

Quasi come una maestra che vuole insegnare ai suoi alunni la creatività da dietro la cattedra, anche Chiara Lagani rimane quasi sempre in piedi dietro al tavolino e per questo può sembrare un po’ statica, ma grazie al movimento della parte superiore del corpo e al controllo e l’uso della voce, riesce a trasportare tutti gli spettatori nella storia che sta abilmente raccontando, catturando l’attenzione per tutto il tempo.

Tramite l’evocazione di queste storie e dei personaggi sono tanti i temi affrontati dall’antologia, che chiaramente si rivolge anche agli adulti, pur essendo pensata per i bambini: dall’immaginazione al mito, dall’amore alla morte, le tematiche sono molteplici e tutte possono dare spunti di riflessione.

Sebbene questi libri siano stati oggetto delle più svariate interpretazioni, da quelle politiche a quelle economiche, da quelle religiose a quelle psicanalitiche, lo spettacolo non vuole imporre al pubblico una chiave di lettura, ma mostrare semplicemente la varietà di questo mondo e la sua perfetta e logica costruzione: tutto, per quanto fantastico, ha un senso, anche geograficamente parlando; infatti anche l’attrice, circa a metà dello spettacolo, sente l’esigenza di spiegare agli spettatori la composizione geografica del Mondo di Oz, mostrandone la complessa articolazione, che appare infatti totalmente coerente. L’autore Baum non ha di certo lasciato niente al caso.

Vengono quindi dati allo spettatore tutti gli strumenti per comprendere queste storie, per amarle o per non aprezzarle, e per trovarvi significati nascosti.

 

a cura di Alice Del Mutolo

 

di Chiara Lagani
regia Luigi De Angelis

con Chiara Lagani
testi di Frank Baum tradotti da Chiara Lagani per I Millenni di Einaudi
illustrazioni Mara Cerri
paesaggio sonoro Mirto Baliani
animazioni video Luigi De Angelis

produzione Elastica, E/Fanny & Alexande

presentato in collaborazione con Giulio Einaudi Editore