” Sono nata due volte: la prima volta femmina e la seconda maschio.”
Silvia Calderoni, attrice della compagnia “Motus”, in MDLSX si mostra capace di manovrare qualunque strumento al proprio servizio.
Sul palco interpreta la figura del Cyborg in veste di vj-dj, avvalendosi di strumenti tecnologici come microfoni che filtrano, a seconda della tipologia, in modo diverso la sua voce; un traktor che le permette di accompagnare la sua performance con numerose tracce musicali significative; un Go Pro usato per filmarsi in alcuni momenti dello spettacolo; un video-proiettore che a volte proiettava su una parte del fondale del Palco, le immagini registrate dal Go Pro, mentre altre volte trasmetteva video di brandelli autobiografici.
Ho appena definito il personaggio della Calderoni come Cyborg, tralasciando però di spiegare chi e che cosa sia il Cyborg.
Dunque, questa figura è allo stesso tempo uomo e macchina, è un individuo non sessuato, né maschio né femmina, collocato oltre le categorie che noi abitualmente usiamo per interpretare il mondo.
Il Cyborg è arrivato a comprendere che i confini determinati dal sesso, dal colore della pelle, dalla nazionalità sono costruzioni culturali e imposizioni della società.
Inoltre è consapevole di come e quanto la scienza sia penetrata nel quotidiano e abbia trasformato la nostra vita, influenzando soprattutto la concezione del corpo, che non è più inalterabile e intoccabile, ma diventa manipolabile e campo di sperimentazione; pensiamo ad esempio all’ utilizzo delle lenti a contatto oppure all’ aggiunta di protesi.
Quindi, se il corpo può essere “gestito”, viene smentita l’ idea che vede esso come, esclusivamente, sede di naturalità.
Ecco che andare oltre le categorie e oltre i confini sociali significa superare i dualismi (maschio-femmina, naturale-artificiale, bianco-nero, corpo- mente) e semplicemente essere e riflettere sé stessi.
Silvia Calderoni affronta per un’ ora e mezza un viaggio-performance, raccontandoci con parole, canzoni, video, azioni simboliche, spesso forti e spiazzanti, la storia di un individuo Cyborg: una bambina nata femmina che si abbandonerà al flusso del cambiamento, per lei necessario e inevitabile, e rinascerà una seconda volta.
Sul palco il tavolo con la strumentazione della Cyborg Donna.
Un grande telo triangolare a terra.
Sullo sfondo una circonferenza sporgente dove viene proiettato un filmato di un ricordo dell’ infanzia della nostra protagonista: lei da bambina che canta al microfono.
È particolarmente stonata, il pubblico in sala ride.
Ecco che entra in scena dalla platea Silvia Calderoni, raggiunge il palco, afferra una bomboletta e inizia a spruzzarsi i capelli, muovendosi nevroticamente (per quasi tutta la performance manterrà un atteggiamento nevrotico, con gesti agitati e compulsivi e scatti continui).
Fa partire la prima traccia musicale e inizia a raccontare…
Così come la nostra attrice è stata diretta e “cruda”, spesso spiazzante, nell’ esporci la storia, lo sarò anche io riassumendovela.
Nel 1960 nacque una bambina dai lineamenti del viso particolarmente maschili.
Crescendo il suo fisico era sempre meno femminile, il seno non compariva, il suo petto era simile a una tavola da Surf, si ritrovò perciò rinchiusa in un corpo avente un unico elemento che la identificava come appartenente alla categoria genetica “donna”: la vagina.
Durante l’ adolescenza foltissimi cespugli di peli iniziarono a crescerle in modo spropositato. Silvia interpreta questo momento della vita della Protagonista avvalendosi di peli mostruosamente lunghi, che infila nella manica della maglietta e sotto i pantaloni, facendoli fuoriuscire all’ altezza delle ascelle e del pube.
Prende il sopravvento sulla Ragazza-Maschio la paura dello specchio, che la induce a riflettere sulla propria identità, a cercare risposte a domande scaturite dal confronto del proprio corpo con quello delle altre adolescenti che avveniva, ad esempio, nello spogliatoio di Hockey; ma soprattutto, dal fatto di essere consapevole che il suo corpo, i suoi cromosomi, insomma la sua “malattia” fosse oggetto di studio di un dottore.
Un giorno si ritrova davanti alla sua cartella clinica, la apre, la legge, prende l’ enciclopedia, cerca la definizione della sua malattia, nella descrizione viene indicato un rimando a un’ altra patologia, da quest’ ultima un’ altro collegamento, un’ altro termine, sfoglia, legge e si ritrova vittima di un effetto domino di definizioni che lei omologa e traduce con un solo termine:
<<MOSTRO. MOSTRO. MOSTRO. SONO UN MOSTROOOO! MI VEDONO COME UN MOSTRO!!>>.
Il momento del cambiamento necessario è arrivato.
Decide di partire, prende la valigia e si avvia verso la sua RI-nascita: lei, individuo nata femmina, rinasce maschio diventando LUI.
Si apre una nuova parentesi della sua vita che resta pur sempre infelice.
Ora indossa una coda da sirena e vende il suo corpo, “sballato” perso.
Prima di ricevere i clienti fuma numerose canne e beve acqua, che non era solo acqua, come se fosse solo acqua, arrivando a percepire sempre meno il cliente e tuffandosi nella piscina dello sballo, dove, illusoriamente i pensieri che vuole evitare, annegano.
<< Una volta ero talmente sballato che feci una cosa che non avevo mai fatto: mi sono buttato nella vasca e ho aperto gli occhi sotto acqua e ho visto i visi dei clienti. >> .
Si accendono le luci in sala gradualmente. Silenzio. Qualche minuto di sospensione, la Calderoni ferma sul palco, come se lo spettacolo fosse concluso. Ho avuto quasi l’ impressione che l’ intento di quella situazione fosse proprio quella di portare il pubblico a guardarsi.
Riprende la storia…
Una “sfortunata” sera arriva la polizia al locale, le viene data la possibilità di chiamare un famigliare e lui decide di chiamare suo fratello.
Insieme, fratello e FRATELLO tornano a casa, arrivati suo padre apre la porta e….
<< Papà io sono sempre stato così>>.
Frase accompagnata dalla proiezione di un filmato che mostra una piccola festicciola famigliare, dove padre e figlia/figlio ballano e cantano serenamente.
Il padre, il fratello e il personaggio interpretato da Silvia, tutti quanti sono andati oltre, oltre le imposizioni sociali, oltre le categorie che altro non sono che costruzioni culturali, oltre i dualismi, oltre il genere maschile o femminile.
Lo spettacolo affronta in modo particolare, comunicando sia attraverso la parola, il gesto e la musica, un tema non facilmente accessibile e che richiede profonde riflessioni.
Silvia Calderoni si immerge in una performance piuttosto spiazzante, sparisce dietro il personaggio da lei interpretato, si mostra disinibita e “pronta” nelle scene di nudo dove strofina violentemente le sue parti pubiche, si trasforma insieme all’ individuo Cyborg.
Le luci, l’ atmosfera della struttura delle Lavanderie a Vapore, la voce della Calderoni e le tracce musicali accompagnano lo spettatore nel viaggio oltre i confini e oltre le categorie, fornendogli numerosi input significativi per iniziare a riflettere su un tema a cui probabilmente non han mai dedicato molta attenzione: l’ identità è un genere?
Ammetto che la comprensione dello spettacolo non è stata immediata, ma frutto di una riflessione e di una rielaborazione della performance vista e ascoltata.
Lo spettacolo mi ha spinta a provare a ragionare sull’ individuo Cyborg, ho cercato informazioni riguardo argomenti di cui prima ignoravo l’ esistenza.
Insomma MDLSX è uno di quegli spettacoli che, seguito con attenzione, e allo stesso tempo lasciandosi trasportare dal viaggio che ti propone e tendente all’ OLTRE, ti colpisce, fa scattare qualcosa in te e improvvisamente ti ritrovi travolto da una cascata di domande: con il fiato sospeso inizi a ragionare alla ricerca di risposte!
di Daniela Nicolò e Silvia Calderoni
regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
drammaturgia Daniela Nicolò e Silvia Calderoni
suoni Enrico Casagrande
in collaborazione con Paolo Panella e Damiano Bagli
luci e video Alessio Spirli
produzione Motus
in scena alle Lavanderie a Vapore