My walking is my dancing è il principio che nutre il campo di ricerca delle più recenti creazioni della coreografa e danzatrice fiamminga Anne Teresa De Keermaeker. Il camminare è un’azione semplice che può insegnare qualcosa della complessità ritmica che ognuno di noi vive nel tempo e nello spazio. La camminata lenta come forma di meditazione trova origine nel buddismo dove, a differenza della meditazione da seduti nella quale si mantengono gli occhi chiusi, viene rinforzata la connessione tra l’individuo e l’ambiente che lo circonda.
Il progetto Slow walk si inscrive nella continuità del lavoro della De Keermaeker (una camminata lenta, sulla musica di Brian Eno, è all’inizio dello spettacolo Golden Hours) e si presenta come un’opportunità, gratuita e aperta a tutti, di sperimentare un rallentamento del corpo e dello spirito e allo stesso tempo di abitare lo spazio urbano attraverso una prospettiva inusuale. Opportunità particolarmente preziosa in una città come Parigi, nella quale regna sovrana una velocità frenetica che fagocita ogni spazio.
Per camminata lenta si intende un movimento a circa cinque metri al minuto, quattro ore per un itinerario che migliaia di persone percorrono ogni giorno in dieci minuti. Il ritmo è stato scandito dai danzatori della compagnia Rosas e dagli allievi della scuola P.A.R.T.S. Lo Slow walk ha condotto in piazza della République dove un breve workshop tenuto dalla De Keermaeker si è concluso con una sfrenata danza collettiva.
Durante il percorso molte persone fotografavano e filmavano i gruppi che procedevano lenti e la domanda più frequente è stata: perché? Anne Teresa De Keermaeker rispondeva semplicemente che si tratta di sperimentare un cambiamento della percezione. Un venditore di oggetti d’antiquariato ha chiesto se non fosse un po’come camminare sulla luna. La coreografa ci ha pensato un momento e poi ha risposto: No, perché qui c’è la gravità. Dalla camminata può partire una ricerca che porta lontano, fino al desiderio di volare, come ha dichiarato la De Keermaeker in un’intervista. Viene in mente Trisha Brown con la sua continua sfida alle leggi gravitazionali e il suo misurarsi non con lo spazio della scena, ma con l’ambiente esterno, includendo anche danzatori non professionisti.
Nel workshop in piazza della République si è passati dalla meditazione alla gioia del movimento e della condivisione, sotto gli occhi di bronzo della Marianne. Al di là della ricerca degli infiniti strati di significato celati da un gesto si ritrova allora quel desiderio, posato in ognuno di noi, dichiarato e segreto allo stesso tempo, espresso dalla canzone di Withney Houston, sulla quale ci si scatena: I wanna dance with somebody. With somebody who loves me.