Archivi tag: Festival delle Colline Torinesi

FINE PENA ORA – TEDACA’

L’uomo per natura non compie mai azioni giuste o azioni sbagliate quindi ciò che spiega le sue azioni è il contesto in cui è inserito. Questa è la storia di Salvatore ed Elvio. La storia di un uomo, il primo, nato in un contesto sociale degradato, privo di una cultura inclusiva per i giovani dove la criminalità organizzata crea un secondo Stato, nascosto, tra la gente. Salvatore è un criminale, un ergastolano, condannato nel maxiprocesso al Clan dei Catanesi dell’85 dal magistrato Elvio Fassone. Quello che vediamo in scena è la rappresentazione di uno scambio epistolare, durato più di 30 anni, tra Salvatore e Elvio, recitati magistralmente da Salvatore D’Onofrio e Giuseppe Nitti. Notevole il lavoro di adattamento attuato da Simone Schinocca, regista dello spettacolo, che pone al centro dello spettacolo il rapporto umano tra Salvatore ed Elvio.

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Tito Rovine d’europa

In occasione della 24a edizione del Festival delle Colline Torinesi è andato in scena al ‘Teatro Astra’ di Torino, il 16 giugno, Tito Rovine d’Europa, il nuovo spettacolo di Michelangelo Zeno con la regia di Girolamo Lucania (già collaboratori per lo spettacolo Blatte, in cartellone nella stagione 2017/2018 del TST).

Lo spettacolo è ispirato al Tito Andronico di William Shakespeare, considerata la tragedia più brutale dell’autore inglese, e dalla rilettura di Heiner Müller Tito Fall of Rome che chiedeva al lettore di compiere l’operazione: «dismember/remember», cioè distruggere per ricordare, uno dei temi principali di questo dramma; inoltre, parte della troupe, come ha raccontato il regista a Mezz’ora con…, ha intrapreso un viaggio attraverso le ‘rovine’ d’Europa, che ha ispirato i vari componenti e ha fornito materiale utilizzato in seguito per la scenografia (come le fotografie di Vittorio Mortarotti) e per la drammaturgia.

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kingdom – agrupacion Señor serrano

Estamos bien!

Pablo Rosal prende il microfono, appoggiandosi ad una grande tavola. Lui e gli altri quattro uomini in scena, tutti dall’aria poco seria, a stento trattengono il riso. Sembrano trovarsi sotto ai riflettori quasi per caso, colti alla sprovvista. Eppure durante l’ingresso del pubblico in sala, quegli stralunati individui erano tranquillamente seduti sullo stesso tavolo, a proprio agio come nel salotto di casa, mentre osservavano la gente cercare il proprio posto.

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Something About You – Quel che rimane

In occasione della 24a edizione del Festival delle Colline Torinesi è andato in scena al ‘Cubo Teatro’ di Torino, l’8 e l’11 di giugno, Something About You – Quel che rimane il nuovo spettacolo di Francesca Garolla con la regia di Alba Maria Porto (già regista di Arte, di Yasmina Reza, in cartellone nella stagione 2017/2018 del TST ).

Ispirato dall’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano (Toscana), archivio dedicato alla memoria delle persone comuni, Something About You racconta la storia di una donna (interpretata da Matilde Vigna), madre di due figli (Roberta Lanave e Mauro Bernardi), che soffre di depressione da 17 anni ed è ricoverata in un istituto all’interno del quale ha un’amica, affetta anche lei dalla stessa malattia, con cui riesce a parlare e a condividere i propri pensieri.

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Trilogia del tavolino

Una comica e amara bellezza

Il teatro comincia quando si esce dalla sala.
Emblema della loro poetica e del tipo di teatro che da molti anni propongono, Claudio Morganti e Rita Frongia lo scrivono arrivando dritti al punto, in uno dei loro manifesti provocatori. Trasformare delle semplici parole in fatti è un’impresa ardua, che quasi mai ha riscontri. Eppure la Trilogia del tavolino di Rita Frongia ci riesce.

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INTERVISTA A LEONARDO LIDI – IL DITO

Leonardo, puoi presentarci il testo sul quale si baserà lo spettacolo Il Dito che andrà in scena sabato 22 al Festival delle Colline?

Il testo di Doruntina Basha parla fondamentalmente di due donne a confronto, due generazioni diverse che devono in qualche modo rapportarsi con un’assenza, un lutto, un fatto tragico. Anche se non conosciamo bene il destino del ragazzo evocato nel testo, possiamo in qualche modo supporlo. È la perdita di un uomo in guerra, che è il figlio di una delle due donne ed è il marito dell’altra. Come ci si può rapportare con un fatto del genere, che parla del significato dell’assenza? Da un lato, c’è la capacità di andare avanti, andare oltre, dall’altro l’impossibilità di riuscirci e, dunque, rimanere immobili, immobilizzati in quel dolore. E’ proprio la gestione del dolore il tema che vogliamo approfondire di più, un tema che è venuto spesso fuori durante le prove con le quattro attrici.

Ecco sì, parlaci di queste quattro attrici.

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Quasi niente, Qohélet ironico di Deflorian/Pagliarini

Quasi niente, ultimo lavoro di Daria Deflorian e Antonio Pagliari, in scena alla ventiquattresima edizione del Festival delle colline è un ritratto autoironico e colto dell’uomo occidentale contemporaneo.

L’origine, l’idea generativa è Deserto Rosso di Antonioni, ma affiora poco nei discorsi degli attori, lo spettacolo infatti conserva una sua autonomia.

Immaginiamoci – noi contemporanei – come fossimo un quadro impressionista. Immaginiamo che un Renoir ci abbia detto di osservarci alla distanza di un braccio. Ebbene, con Quasi niente, Deflorian/Tagliarini disobbediscono: prendono uno specchio e ce lo mettono di fronte, ma non seguendo le prescrizioni del Pierre-Auguste. No, lo mettono vicino, mostrandoci la nostra inadeguatezza nei confronti della vita, la nostra scomodità nell’abitare il mondo e ci regalano la possibilità di ridere di noi stessi attraverso una delle armi più potenti dell’essere umano: l’autoironia. Lo fanno in uno spettacolo raffinato, pieno di riferimenti colti: dalla Munro a David Foster Wallace, passando per Mark Fisher e Han Kang.

Deflorian segue con grande efficacia la lezione di Peter Brook: la scenografia è essenziale – pochi mobili, tra cui una poltrona, collocati ai margini della scena – saranno poi gli attori a portarli più al centro, nel momento in cui li menzionano –  alcuni inizialmente ribaltati.

 Lo spettacolo è in mano agli attori, davvero notevoli, che attraverso gesti e tempi comici perfetti creano il mondo scenico. Teatro nella sua accezione più pura.

I cinque attori interpretano cinque manifestazioni diverse dell’uomo contemporaneo: Monica Piseddu è una quarantenne depressa, Daria Deflorian una sessantenne ipocondriaca e ansiosa, Francesca Cuttica, una trentenne che si sente buona a nulla, Bruno Steinegger e Antonio Pagliarini, rispettivamente, un quarantenne e un sessantenne, l’uno oppresso dal lavoro, l’altro omosessuale in solitudine.

Quasi niente mostra tante manifestazioni della sofferenza, denunciando, senza reticenze e senza smancerie, che stare al mondo è difficile, che la vita è storta e che vani sono i nostri tentativi di raddrizzarla. Inadeguate si rivelano le strutture con cui cerchiamo di dare un senso, un ordine nostro vivere. L’unica arma è l’autoironia, nell’attesa di un nuovo dolore.

Quasi niente è lavoro di grande umanità, come tale molto coraggioso, perché denunciando, con pungente ironia, il non senso, l’impossibilità della cura definitiva, questo Qohélet teatrale dà i necessari anticorpi per resistere alla società del Think positive! che ci pretende sempre performanti e ci illude di poter cancellare totalmente la sofferenza. Ribadendo con grande intelligenza che i momenti più vitali sono proprio quelli dei piccoli grandi tormenti. Non rimane che amarsi e ridere insieme: Quasi niente, ma non è poco!

Giuseppe Rabita

STRANGE TALES

Il mondo multimediale di Violet Louise

All that we see or seem is but a dream within a dream

Un sogno delirante, nella musicalità intrinseca delle parole taglienti di Edgar Allan Poe, quello in cui ci si inabissa con lo spettacolo Strange Tales.
Prodotto dal Festival di Atene e Epidauro 2018, dove ha riscosso grande successo, la performance multimediale è diretta e interpretata dalla greca Violet Louise, anche traduttrice, autrice della musica e della drammaturgia visiva e sonora, affiancata nel ruolo di protagonista da Aglaia Pappas.

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