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NÒSTOI/VIEWROOM. Quando il ritorno a casa è un punto di partenza.

Conversazione davanti a un caffè con Andrea Zardi, danzatore, ideatore e regista dello spettacolo Nòstoi/Viewroom, nonché referente all’interno del DAMS di Torino del team di ricerca per gli esperimenti neuroscientifici sulla ricezione della danza in collaborazione con il NIT (Centro Interdipartimentale di Studi Avanzati di Neuroscienze). Lo spettacolo di danza contemporanea andrà in scena venerdì 18 novembre alle Fonderie Teatrali Limone di Moncalieri. Continua la lettura di NÒSTOI/VIEWROOM. Quando il ritorno a casa è un punto di partenza.

DONNE CHE SOGNARONO CAVALLI

” Mi interessa commuovere lo spettatore, non spiegargli delle cose”     – Daniel Veronese

Uno spettacolo complesso ma maledettamente semplice quello andato in scena alle Fonderie Limone, a conclusione  del Festival delle Colline Torinesi.  “Un successo di pubblico e un livello contenutistico altissimo raggiunti in questa edizione con l’augurio di migliorarci ancora per il prossimo anno”,  ha dichiarato  Sergio Ariotti. 

Una famiglia contemporanea ci racconta la Storia dei desaparecidos attraverso la propria storia fatta di intrecci, bugie e violenza.  “Ho voluto usare il micro per parlare del macro” spiega in una formula il regista Roberto Rustioni durante la “Mezz’ora con…”

E direi che ci è riuscito benissimo. Lo spettacolo è claustrofobico, un allestimento minimale che osserviamo con occhio cinematografico e che ci fa entrare a casa di una delle tre coppie

donne che sognarono cavalli 2protagoniste durante uno sfortunato pranzo di famiglia.

“Ho apprezzato molto la scenografia. Gli attori sono stati terribilmente credibili, mi son sentita coinvolta dalla storia grazie a loro. La disposizione del pubblico ha fatto accrescere la bellezza dello spettacolo a mio parere” leggo e condivido il pensiero di questa spettatrice da  http://www.tipstheater.com/donne-che-sognarono-cavalli

Attraverso Lucera, giovane figlia di desaparecidos che tenta dolorosamente di ricostruire il passato della sua famiglia raccontandosi al pubblico e rompendo la quarta parete, scopriamo le vite conflittuali dei tre fratelli con un’azienda di famiglia fallita sulle spalle, donne diversissime tra loro riunite in unico luogo – ideale e fisico- un pony morto e alcool e fumo a condire le tensioni crescenti.

Momenti di chiacchiere futili si mescolano a violenti liti , sembra non succedere niente, ma tutto è successo e tutto succederà, confessioni che sfuggono, verità nascoste, tradimenti velati, un bambino che sta per nascere.

I quadri non seguono un ordine cronologico, sta allo spettatore ricostruirlo e questo ci porta alla citazione iniziale dell’autore del testo. Il pubblico è coinvolto emotivamente e deve essere attivo e attento durante tutto il disperato tentativo di riconciliazione familiare.

Un occhiolino di una delle attrici prima dell’inizio dello spettacolo e la vicinanza estrema alla scena mi portano direttamente dentro quella casa dove una strage per mano di Lucera si consuma lentamente durante tutto lo spettacolo e improvvisamente nel quadro finale quando la ragazza stermina la sua famiglia…                                                                scusate, quella che doveva a tutti i costi essere la sua famiglia.

 

di Daniel Veronese
regia Roberto Rustioni

adattamento Roberto Rustioni
con Valeria Angelozzi, Maria Pilar Perez Aspa, Michela Atzeni, Paolo Faroni, Fabrizio Lombardo, Valentino Mannias
assistente alla regia Soraya Secci
scene e costumi Sabrina Cuccu
assistente scenografo Sergio Mancosu
luci Matteo Zanda
foto Alessandro Cani

co-produzione Fattore K – Sardegna Teatro – Festival delle Colline Torinesi
con il sostegno di Fondazione Olinda Teatro La Cucina

SOCRATE IL SOPRAVVISSUTO / come le foglie

“Davvero tanto su cui riflettere”: ecco quello che ho pensato appena terminata la lunga serie di applausi per gli attori/performer dello spettacolo Socrate il sopravvissuto/come le foglie in scena alle Fonderie Limone la sera del 20 giugno.

Un proiettile, una classe, un professore, uno schermo, una storia. O meglio, tante storie.

C’era l’impossibilità del professore di raccontare la storia dell’umanità ad una classe liceale. Di spalle e con l’aiuto del microfono il professore di storia e filosofia prova a spiegare il suo tormento: fingere, recitare una parte davanti ai suoi ragazzi. Loro si sciolgono, ad uno ad uno, tra la sedia e il banco, vittime consenzienti dell’inganno. Ne manca solo uno, sempre, ad ogni lezione, non è mai in scena. Un proiettile…

Ma abbiamo detto che c’era anche uno schermo e qui troviamo il parallelo con Socrate. Lui nella sua palestra (in video), il professore nella sua classe (in scena).  Storie che si intrecciano e si contaminano.

Un viaggio alla scoperta della figura dell’educatore, del suo potere e del suo dovere. Una profonda riflessione sul ruolo dell’insegnante e su quanto possa fare oggi un professore che non vuole limitarsi a terminare il programma annuale e far capire agli alunni che c’è molto di più di quanto vogliano far credere loro, ma si scontra con l’apatia, il sistema scolastico e se stesso.

E il proiettile?

Maggio, ottobre, giugno i momenti raccontati dal professore. Sembra non esserci via di fuga o soluzione. Ogni volta l’impossibilità di insegnare prevale. E allora i ragazzi si esibiscono, ora mettendo in scena la distruzione dei libri (completamente bagnati, accatastati malamente), ora mediante coreografie ritmate ed ossessive, fino ad un tentativo di dialogo e avvicinamento che ci porta alla  storia di Socrate e dell’allievo Alcibiade – il  momento di massima tensione, a mio parere. Un lungo confronto dialogico tra i due sull’esistenza umana, sulla crescita dell’individuo, sul sapere e sul potere.

Eppure, alla fine arriva il momento degli esami… e quello del proiettile. Quell’alunno sempre assente dalla classe del professore si presenta al suo esame orale e uccide tutti i suoi insegnanti, tranne uno.

Tanto su cui riflettere, appunto.

 

di Simone Derai e Patrizia Vercesi
regia Simone Derai

dal romanzo   Il Sopravvissuto di Antonio Scurati
con innesti liberamente ispirati a   Platone e a Cees Nooteboom
con   Marco Menegoni, Iohanna Benvegna, Marco Ciccullo, Matteo D’Amore, Piero Ramella, Francesca Scapinello, Margherita Sartor, Massimo Simonetto, Mariagioia Ubaldi
maschere   Silvia Bragagnolo e Simone Derai
costumi   Serena Bussolaro e Simone Derai
musiche e sound design   Mauro Martinuz

video Simone Derai e Giulio Favotto
con Domenico Santonicola (Socrate), Piero Ramella (Alcibiade), Francesco Berton, Marco Ciccullo, Saikou Fofana, Giovanni Genovese, Elvis Ljede, Jacopo Molinari, Piermaria Muraro, Massimo Simonetto
riprese aeree Tommy Ilai e Camilla Marcon
concept ed editing Simone Derai e Giulio Favotto
direzione della fotografia e post produzione Giulio Favotto / Otium
regia Simone Derai

produzione Anagoor
co-produzione Festival delle Colline Torinesi, Centrale Fies

progetto realizzato con il sostegno del bando ORA! Linguaggio contemporanei produzioni innovative della Compagina di san Paolo

Verità nascosta da una farfalla

Ieri è andato in scena 1983 BUTTERFLY, spettacolo della “Piccola Compagnia della Magnolia” in prima assoluta al Festival delle colline.

Il lavoro narra la storia di Bernard Boursicot e Shi Pei Pu, persone realmente vissute, in maniera molto intima, raccontando e mettendo in scena pagine del diario di Boursicot.

Un giovane contabile francese, in viaggio per lavoro nella Pechino del 1962 incontra un cantante d’opera, Shi Pei Pu, che si è appena esibito nella “Madame Butterfly”. Nonostante si dica che i cinesi odino la Butterfly come opera perché vi ritrovano l’oppressione dell’uomo occidentale sulla donna orientale, Bernard trova che in Shi ci sia qualcosa di speciale.
Tra i due nasce un sentimento, Shi gli racconta che in realtà è una donna, avranno un figlio insieme. Andranno a vivere in Francia tutti e tre.
Bernard inizierà a passare documenti francesi alla Cina per poter proteggre la sua famiglia.
Qualcosa smuove l’apparente felicità che c’è in questa sorta di famiglia. Un’accusa di controspionaggio. Una rivelazione che sconvolge tutto.

Lo spettacolo è realizzato da due soli attori.
I due si scambiano i ruoli di sesso, Davide Giglio interpreta Shi, Giorgia Cerutti interpreta Bernard. Devo ammettere che magnolia foto repertorio 1per la prima parte dello spettacolo la cosa mi ha turbato. Mi chiedevo il perchè di questa scelta. Ma, a un certo punto, sono le stesse parole del diario di Bernard a spiegarci che la sessualità non ha importanza. A fronte di ciò, ritengo che gli attori abbiano giocato molto bene su questo aspetto e abbiano saputo sfruttarla per una resa scenica ancora più di impatto.
Non ho apprezzato molto però l’uso dei microfoni. Mi sembra che servissero puramente per amplificare la voce e non per creare effetti particolari. E’ vero, i due attori hanno camuffato la voce per tutta la durata dello spettacolo, però sono ancor dell’idea che in teatro la parola debba arrivare senza mezzi intermediari.
Altro protagonista è lo schermo : stretto e a tutta altezza, ci mostra i fatti, ci porta da un luogo all’altro, da un anno all’altro, permettendo così alla compagnia di usare una scena molto essenziale e pulita. Un pavimento bianco, un bancone rosso, sei candele : tre a un capo del bancone e tre dalla parte opposta.
La storia di per sé è molto cruda, ma racchiude un non so che di poetico. Negli anni passati era già stata portata alla luce e i protagonisti resi immortali da un film . Ma grazie al teatro si è potuto rinnovare questa poesia e libertà delle proprie scelte che porta a un destino triste e infelice.

Elisa Mina

 

di Giorgia Cerruti
regia Giorgia Cerruti

assistente alla regia Cleonice Fecit
con Davide Giglio e Giorgia Cerruti
scene e luci Lucio Diana
costumi Gaia Paciello – atelier Pcm
musiche Giorgia Cerruti – Cleonice Fecit
organizzazione Giulia Randone

produzione Piccola Compagnia della Magnolia, Festival delle Colline Torinesi

Anteprima Killing Desdemona

16/06/2016

Ieri pomeriggio (il 16 giugno) ho avuto la possibilità di assistere alla prova generale di Killing Desdemona, presentato al Festival delle colline in Anteprima Nazionale della compagnia BALLETTO CIVILE.
Lo spettacolo ideato da Michela Lucenti e Maurizio Camilli, con musica dal vivo Jochen arbeit è bellissimo.
Premettiamo che “prova” non è mimimamente sembrata, gli attori e i ballerini sono stati all’altezza di una vera e propria replica.

Il lavoro racconta la vicenda dell’ Otello tentando di sottolineare in maniera ancora più marcata la posizione e l’amore di Desdemona. La compagnia ha un uso molto suggestivo dei microfoni grazie ai quali si riescono a creare effetti nuovi, frusciiBALLETTO CIVILE_7, echi lontani e canti che ci trasportano in un altro mondo.
Molto forti e toccanti sono le coreografie di tutti i personaggi che col corpo danno vita alle vere parole del testo: quelle non dette. Ciò accade fin da subito, con Desdemona e il Moro, che entrano in questa sorta di danza mentre cinti l’uno all’altra si amano, e poi anche con gli scontri comici tra Iago e Cassio, tra Otello e Iago, che ci mostrano la vera forza di questa storia di gelosia, amore e rabbia.

Per la rappresentazione di oggi la compagnia ha gia il tutto esaurito.
Non mi resta che augurarvi, cari lettori : buono spettacolo…

KILLING DESDEMONA
Ideazione Michela Lucenti e Maurizio Camilli
Regia e Coreografia Michela Lucenti
Musica originale eseguita dal vivo Jochen Arbeit (Einstürzende Neubauten)
Interpretato e creato da : Fabio Bergalio, Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Ambra Chiarello, Michela Lucenti, Demian Troiano, Natalia Vallebona
Scene e costumi Chiara Defant
Realizzazione scene Alessandro Ratti

Produzione Balletto Civile, Festival delle Colline Torinesi, Ravello Festival, Neukoellner Oper Berlin, Compagnia Gli Scarti
con il sostegno di Mare Culturale Urbano , CTB Centro Teatrale Bresciano , Festival Resistere e Creare, Centro Dialma Ruggiero-FuoriLuogo

Elisa Mina

Reality: i diari di Janina Turek

Cosa darei ogni tanto per essere morta, anche solo per cinque minuti”

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Una donna e un uomo inscenano una morte, provandola e riprovandola, cercando di renderla più “realistica” possibile, badando tuttavia a dettagli plateali quali una ciocca di capelli sul volto o la posa che assume un corpo privo di vita una volta caduto a terra. Da questo studio incomincia la storia di Janina Turek, partendo proprio dalla sua morte, avvenuta all’età di 80 anni a causa di un infarto, per le strade di Cracovia.

Subito le lancette del tempo vengono spostate indietro, nel febbraio 1943, poco dopo Continua la lettura di Reality: i diari di Janina Turek

Un gabbiano quasi… sognato

È stato in scena dal 13 al 16 aprile presso le Fonderie Limone di Moncalieri, penultimo spettacolo del ciclo Progetto Internazionale del Teatro Stabile di Torino : Il Gabbiano di Anton Cechov diretto da Thomas Ostermeier.

Lo spettacolo arriva a Torino, con la sua unica tappa Italiana in una tournée europea. Uno spettacolo nuovo, visionario e attuale, marchio del regista tedesco Ostermeier.
Un lavoro che inizia spiazzando gli spettatori che non appena entrano in sala vedono una scena spoglia, con gli attori seduti ai lati di un palco chiuso che dà verso la platea. L’attore francese, con un italiano non perfetto si rivolge al pubblico, facendoci capire che è inutile che noi siamo lì, dovremmo preoccuparci di quello che sta succedendo nel mondo, che sta accadendo in Siria. Il pubblico, attonito, non capisce se sia o no da copione. Ma lo spettacolo inizia, e le pareti grigie iniziano a prendere forma anche grazie a un disegno che un artista crea sullo sfondo tra una scena e l’altra.

Quello che vediamo è un Gabbiano moderno dove bastano pochi oggetti per creare un palco, un pontile, una stanza… Qui sono importanti le parole, parole spesso interrotte da semi-improvvisazioni che ci riportano alla realtà, al 2016. Straniamenti degli attori che ci attirano molto di più delle stesse parole di Cechov.
Per tutto il corso dello spettacolo subiamo un processo di straniamento, che permette di riflettere sul presente, su come stia cambiando il modo di fare e di scrivere il teatro oggi.  E questo nuovo modo, lo mostra molto bene Konstantin con la rappresentazione del suo spettacolo. Il tema della piccola rappresentazione  è un mondo che non sappiamo se esisterà ancora in futuro, un mondo che non si capisce oggi e che piano piano stiamo distruggendo. A rendere moderno questa forma di metateatro, è soprattutto la costruzione di una figura quasi onirica del personaggio/voce interpretato da Nina, nella piccola, ma molto intensa rappresentazione. Continua la lettura di Un gabbiano quasi… sognato

Amleto a Gerusalemme – La verità pericolosa

A Torino, più precisamente alle Fonderie Limone di Moncalieri, Amleto a Gerusalemme, Palestinian kids want to see the sea è stato presentato in prima assoluta dal 29 marzo fino al 10 aprile 2016, uno spettacolo di Gabriele Vacis e Marco Paolini con la regia di Gabriele Vacis.

Fin dal titolo si percepisce qualcosa che cattura l’attenzione perché pare strano sapere che il più famoso principe di Danimarca della storia del teatro abbia a che fare con la città santa, però non bisogna dimenticare che l’Amleto di Shakespeare è il testo della verità scomoda, una verità che non piace e che non vogliamo sentire, proprio come le storie che ci raccontano i protagonisti di questo spettacolo. Sul palco troviamo cinque ragazzi palestinesi, Alaa, Bahaa, Mohammad, Ivan e Nidal che nella loro lingua raccontano a un turista, impersonato da Marco Paolini, le loro storie comuni che sono accadute per davvero, portando loro stessi sul palco e di fronte al pubblico. Tra i protagonisti sentiamo di chi è arrabbiato con la propria famiglia perché vivevano negli USA e per la madre sono tornati nel loro paese e adesso, il figlio più piccolo non può neanche andare al mare perché è nato lì e non ha il passaporto americano; c’è chi racconta che la madre beveva da una fonte dove l’acqua era cristallina, ma il figlio le mostra che di quello che raccontava della sua infanzia non c’è nulla e dove una volta c’era l’acqua ora c’è una fogna, e oggi l’acqua la possono bere solo in bottiglia. Bottiglie, la scenografia è costituita solo da bottiglie di plastica, che prima sono pioggia, ma una piog08_Amleto a Gerusalemme_prove_MG_1760gia che distrugge, che fa male. Poi diventano mattoni per costruire la città e catapultarci nella Gerusalemme odierna dove non c’è più la spensieratezza di un tempo, dove si sente un pregare continuo e una puzza quasi nauseabonda di frittelle e dove si sbatte in continuazione addosso a negozietti che vendono gadget religiosi. Continua la lettura di Amleto a Gerusalemme – La verità pericolosa