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PAGINA – lo spazio dell’immaginazione

Festival delle Colline Torinesi. Fondazione Merz. 1 e 2 novembre 2024. Giovanni Ortoleva e Valentina Picello danno origine a Pagina, spettacolo in cui le parole del libro di Italo Calvino Il cavaliere inesistente si fanno vive e tangibili.

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Attraversando un percorso nell’arte povera delle opere di Mario Merz si giunge in una piccola stanza adibita ad area di spettacolo. La scenografia è minimalista ed essenziale, costituita da luci di scena e un palcoscenico costituito da due assi bianche inclinate che, creando una conca nel mezzo, assumono l’aspetto di un libro. Il vociare delle persone che scema man mano al diminuire dell’illuminazione immerge in una dimensione teatrale intima e raccolta. Buio e Silenzio. Sul palco appare una piccola luce che ricorda una lampada da lettura che illumina il palco-libro. Con essa appare una figura che si muove attraverso le pagine bianche: si tratta di Suor Teodora, personaggio impersonato da Valentina Picello. Suor Teodora con le sue prime parole dà voce a riflessioni che nascono davanti a una finestra immaginaria. “Cos’è che ti sveglia? Un rumore o un pensiero?” questo è il quesito di base attraverso il quale si sviluppa lo spettacolo. Il valore delle parole e del silenzio, la forza del pensiero e dell’immaginazione sono i punti focali di quest’opera. Nelle troppe parole che emergono da una scrittura ansiosa può esserci una perdita di significato, nel silenzio, invece, si dà spazio al pensiero, in grado di dare consistenza all’immaginazione e arrivare all’essenza di tutto. Allo stesso modo la durata dello spettacolo, trenta minuti, è ridotta, ma non per questo l’opera risulta meno significativa. La pagina bianca non è solo difficoltà a scrivere ma spazio per poter immaginare e creare. Quasi in una dimensione onirica, lo spettacolo mostra come il pensiero, l’immaginazione e il sogno possano avere effetti tangibili sulla realtà. L’attrice, dotata di ottima presenza scenica, è in grado di creare un legame empatico con lo spettatore che, proprio come il cavaliere inesistente di Calvino, esiste perché sente e compartecipa all’esperienza teatrale. Microcosmo e macrocosmo sono legati da una riflessione esistenziale. Il mondo tangibile e il mondo delle idee trovano una sintesi nella realtà e il cavaliere inesistente “essendo tutto non è niente”, è in grado di essere e non essere nello stesso momento, di esistere pur essendo intangibile. Ambiente suggestivo e coinvolgente, attrice capace di trasmettere tutto anche senza dire niente. Un’aderenza al personaggio e all’autore capaci di rendere giustizia a un libro talvolta incompreso e sottovalutato rispetto agli altri capolavori di Calvino. Lo spettacolo è stato un piacevole viaggio introspettivo apparentemente leggero ma denso di significato.

Marta Cavalliere e Gabriele Da Campo,


di Giovanni Ortoleva e Riccardo Baudino

regia Giovanni Ortoleva

liberamente ispirato a “Il cavaliere inesistente” di Italo Calvino

con Valentina Picello

musiche Pietro Guarracino

movimenti a cura di Anna Manella

luci Davide Bellavia

produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse di Genova

fotografie Andrea Macchia

I RIFIUTI, LA CITTÀ E LA MORTE – GIOVANNI ORTOLEVA

Scritto da Rainer Werner Fassbinder nel 1975 nel corso di un unico viaggio aereo (così si dice, almeno), I rifiuti, la città e la morte suscitò scalpore a causa dei pesanti temi trattati, e venne quasi immediatamente censurato, cosicché la prima messa in scena tedesca del testo è avvenuta soltanto nel 2009, a trentaquattro anni dalla sua stesura e a ventisette dalla morte del suo autore.

In occasione della 27eisma edizione del Festival delle Colline torinesi, il regista Giovanni Ortoleva lo ha fatto rivivere sul palcoscenico del teatro Astra, il 18 ottobre 2022.

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I RIFIUTI, LA CITTA’ E LA MORTE – GIOVANNI ORTOLEVA; LE ETIOPICHE – MATTIA CASON

Discriminazione e inclusione

Al Teatro Astra, per il Festival delle Colline Torinesi, due spettacoli hanno portato in scena la tematica della discriminazione e della guerra. Se il primo (I rifiuti, la città e la morte) ha una visione pessimista sull’argomento, il secondo (Le Etiopiche) rappresenta un’idea ottimista al punto da risultare quasi utopica.

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