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L’ULTIMA ESTATE – CHIARA CALLEGARI

Teatro Gobetti, 5 dicembre 2024.

Rumore: frastuono e sirene si sovrappongono alle voci dei notiziari.

L’atmosfera è caotica e molto agitata, lo spettacolo si apre con la notizia dell’esplosione di 140 kg di tritolo alle 16:58 del 23 maggio 1992 a Capaci.

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È una vicenda troppo conosciuta e troppo recente per lasciare indifferente il pubblico che, seduto con la schiena dritta, la testa sporta in avanti e gli occhi strabuzzati, sembra rivivere l’apprensione di quel giorno.

La sfumatura scelta dalla regia di Chiara Callegari intende avvicinare le figure di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino al pubblico, mostrando il loro lato più umano e quotidiano oltre al loro lavoro nella lotta contro la mafia.

Motivo di tale scelta, indicato dalla stessa regista dal palco alla fine dello spettacolo, è mostrare sfaccettature di normalità nella vita di due uomini che a seguito delle loro azioni sono divenuti eroi e spesso vengono idealizzati, azione che rischia di allontanarli dalla quotidianità e lasciare che le persone si deresponsabilizzino credendo che la lotta alla mafia stia solo all’interno dei tribunali e non nelle scelte che si compiono ogni giorno.

Il racconto parte dal 1985, all’interno di una stanza in un carcere. L’ambientazione è un ufficio disordinato, pieno di faldoni e scartoffie, in cui risuonano il ticchettio dei tasti di una macchina da scrivere e lo scambio di battute giocose tra Falcone e Borsellino.

120 le esecuzioni di Cosa Nostra di cui stavano prendendo nota. Falcone, interpretato da Simone Luglio, appare più fiducioso nella buona riuscita del pool antimafia e del Maxiprocesso a Palermo, a differenza di ciò che era successo precedentemente nei processi a Bari e Torino, luoghi nei quali il tentativo di condanna di massa di crimini mafiosi non aveva avuto l’esito sperato. Borsellino invece, interpretato da Giovanni Santangelo, in questa prima fase è più arrabbiato e diffidente nei confronti dello Stato e del popolo italiano.

La diffidenza di Borsellino trova le sue ragioni nel corso dello spettacolo: vengono mostrati i cambiamenti di atteggiamento nei loro confronti da parte di personaggi dello Stato e persone comuni, atteggiamenti che oscillano da diffidenza e ostacolazione a idealizzazione e fama, sfruttati per proprio tornaconto personale.

Dopo tre anni dall’inizio del Maxiprocesso, infatti, il pool antimafia venne smantellato per decisione del giudice Antonino Meli, ma Falcone scelse di non fermarsi, scelta che gli costò la vita.

L’attentato in cui perse la vita Falcone non fu l’unico contro di lui, già una volta avevano provato a utilizzare il tritolo, mettendo cinquanta candelotti in mezzo agli scogli dove era solito andare in spiaggia, ma due carabinieri subacquei, Nino Agostino ed Emanuele Piazza, erano riusciti a trovare i candelotti e ad avvisare in tempo la scorta di Falcone. La bomba venne fatta brillare senza controllare le prove e i due carabinieri subacquei vennero poi uccisi, il primo per presunto delitto passionale con la moglie e il secondo fu strangolato e sciolto dell’acido.

Nel susseguirsi di informazioni, abbiamo l’impressione di essere sovrastati, di non avere i mezzi necessari per difenderci: l’impressione che ogni azione porterà con sé un’ombra di vendette e omicidi.

Lo stesso Borsellino mostra insofferenza per una situazione che sembra troppo grande per essere fronteggiata. Eppure, il punto forte dello spettacolo è quello di mostrare come sia stato possibile a partire da due soli uomini fare la differenza.

Dando nuova speranza, mostrando che non serve essere eroi per cambiare le cose, Falcone e Borsellino sono riusciti a dare un nuovo volto alla legalità, che vive tuttora.

Dopo la morte di Falcone, Borsellino diventa più determinato e acquista nuovo coraggio grazie alla consapevolezza di poter testimoniare e fare qualcosa, di poter dare un senso alla morte del suo collega, conscio però che mai come prima la sua stessa vita avesse i giorni contati.

Lo scorrere del tempo aumenta vorticosamente la velocità: i giorni diventano ore, le ore minuti e i minuti secondi.

La morte fa paura, ma si può morire in molti modi: Falcone e Borsellino hanno riconosciuto il valore di morire per ciò in cui si crede.

In un riferimento a Il Gattopardo vengono riprese le parole di Giuseppe Tomasi di Lampedusa “le logiche della Mafia sono le logiche del potere”. Viene svelata la banalità delle dinamiche che stanno dietro a orrori, omicidi e crudeltà.

Lo spettacolo sembra finire in un primo momento un po’ in sospeso con una frase che dichiara che il lavoro iniziato da Falcone e Borsellino sarebbe stato portato a termine da altri.

Una conclusione che non avrebbe reso giustizia alla profondità dello spettacolo, che ha saputo trattare temi complessi talvolta anche con leggerezza, ma mai con superficialità e che viene subito dopo smentita dai riferimenti alle recenti dichiarazioni della Corte d’Assise e d’Appello del settembre 2021, che accerta la collaborazione Stato-Mafia, pur ammettendo che non costituisce reato.

Appare palese come ancora oggi ci sia molta strada da fare.

Chiaro è il passaggio di testimone al pubblico: convincente la scelta di non chiudere il sipario e concludere lo spettacolo lasciando spazio a domande, interventi e confronti.

Uno spettacolo che mostra vite vere e umane dietro i volti degli eroi che, conosciuti nella loro apoteosi, rischiano di rimanere appesi come quadri e lontani dalla concretezza della vita reale.

Marta Cavalliere

testo di Claudio Fava
un Progetto di Simone Luglio
con Simone Luglio e Giovanni Santangelo
regia Chiara Callegari
voce Fuori Campo Luca Massaro
scene e costumi Simone Luglio
musiche originali Salvo Seminatore
disegno luci Massimo Galardini
Emilia Romagna Teatro Ert / Teatro Nazionale
in collaborazione con Knk Teatro
progetto realizzato con la collaborazione
di Teatro Metastasio e Collegamenti Festival

PAGINA – lo spazio dell’immaginazione

Festival delle Colline Torinesi. Fondazione Merz. 1 e 2 novembre 2024. Giovanni Ortoleva e Valentina Picello danno origine a Pagina, spettacolo in cui le parole del libro di Italo Calvino Il cavaliere inesistente si fanno vive e tangibili.

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PASOLINACCI E PASOLINI – SERATA CONCLUSIVA DELLA RASSEGNA LUCI SULLE ALBE

C’è un paradosso che chi si accosta al teatro da studioso o da appassionato si trova ad affrontare. Da un lato il fatto teatrale è fragile: si potrebbe dire che muore, non già dopo il parto, ma durante, per mezzo del suo parto, e addirittura perché nasca è necessario il suo dissolversi. Non tollera una storicizzazione perché di sé non lascia che tracce labilissime, poche scie. Eppure, e qui arrivo al paradosso, gli artisti più interessanti sono quelli che non vivono il singolo lavoro come un unicum concluso in sé, che si dissolve, ma come un tassello di un mosaico molto grande che ingloba e si nutre di altri lavori teatrali, di letture, cinema arte e soprattutto esperienze di vita, così che ogni atto artistico logora sempre di più quel confine tra arte e vita, fino a farlo sparire. Anzi col proprio operato mettono l’accento a quella e di congiunzione che diventa copula.
Arte è vita.

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S 62° 58’, W 60° 39’ – PEEPING TOM

Lo scorso 24 ottobre Torino Danza Festival, in convenzione con il Festival delle Colline Torinesi, ha ospitato alle Fonderie Limone di Moncalieri la prima nazionale della nuova produzione della compagnia belga di teatro danza Peeping Tom diretta da Gabriela Carrizo e Franck Chartier.

La compagnia è famosa in tutto il mondo per i suoi spettacoli altamente provocatori e complessi e “S 62° 58’, W 60° 39’” non è da meno, per questo abbiamo deciso di provare a restituire un doppio punto di vista riportando due recensioni scritte rispettivamente da Graziana Distefano e Mirella Oliveri.

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IL CALCO POMPEIANO DI ADRIANO BOLGNINO

Non si può dire che i due personaggi fossero amanti. Ma considerata la loro posizione, si può ipotizzare. (Massimo Osanna, archeologo)

Per anni un calco pompeiano è rimasto nascosto ai visitatori. Si tratta di due figure distese per terra intrecciate in un tenero abbraccio, rinvenute nel 1922 a Pompei. Anche questi corpi sono stati sorpresi dall’eruzione del Vesuvio che ha, per sempre, immobilizzato il loro legame di cui rimane una sola immagine dopo oltre 2000 anni.

È stato il giovane coreografo Adriano Bolognino a dare possibilità di movimento a queste due figure intrecciate, con la coreografia Gli Amanti, lo stesso nome con cui è conosciuto il calco. La performance è stata presentata, con la prima regionale, nella serata di Interplay Festival ’22 il 25 maggio 2022 presso la Casa della Danza in Piemonte, La Lavanderia a Vapore.

https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/cronaca/17_aprile_06/scavi-pompei-abbraccio-gay-un-calco-domus-criptoportico-f89d5ae2-1ad3-11e7-adb5-4896456c7777.shtml
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LE SEDIE. DELL’URGENZA DI DIRSI AMATI

“[…] il discorso amoroso è oggi d’ una estrema solitudine. Questo discorso è forse parlato da migliaia di individui (chi può dirlo?), ma non è sostenuto da nessuno; […]”

Frammenti di un discorso amoroso – Roland Barthes  (Traduzione di Renzo Guidieri)

Per i non patentati è più semplice prendere un treno per Milano e poi una metro che ti apre le porte dell’ascensore a pochi metri dal Teatro Carcano, piuttosto che far partire la questua tra gli appassionati e, nei casi più disperati, estenderla anche ai meno interessati al fatto teatrale, purché guidatori disposti a condurti da Torino alle Fonderie Limone (e in quei giorni organizzativi è tutto un “dai, ma sarà bellissimo… La noia? A teatro? Ma non si è mai sentita… è più facile che un cammello passi da una cruna di un ago che… e poi passa quel maledetto cammello che bisogna cancellare lo sventurato dall’agendina dei possibili accompagnatori per spettacoli futuri).
Dunque Le sedie di Eugene Ionesco con la regia di Valerio Binasco, prodotto dal Teatro Stabile di Torino che ha fatto il suo debutto proprio alle Fonderie Limone di Moncalieri lo abbiamo visto comodamente nella sua tappa meneghina.

 Adesso che si tratta di un ottimo lavoro, possiamo dirlo con cognizione di causa e anzi, vi invitiamo a rincorrerlo nelle prossime tappe: il 5 aprile all’Ermanno Fabbri di Vignola, poi dal 7 al 10 aprile allo Storchi di Modena, e infine, dal 28 aprile al 1 maggio al Dante Alighieri di Ravenna. A cuor leggero potrete portarvi i vostri amici non habitué: non si annoieranno! 

Ph. Luigi De Palma


All’ingresso in sala il sipario è aperto. Ci accoglie la scena post-apocalittica dell’acclamato premio Ubu Nicolas Bovery: le rovine un palazzo, forse reduce di un bombardamento (?) (difficile non pensare alla guerra, così presente in questi giorni), in cui si sente il peso degli anni, dei secoli. Sul lato destro del palco una catasta di sedie, a sinistra sulla parete di fondo una finestra che si illuminerà durante lo spettacolo, ricordando i quadri di Mark Rothko.

Ph. Luigi De Palma

Il testo l’abbiamo letto in treno. La trama è presto detta.
Due coniugi, anzianissimi, si sono amati per tutta la vita (una vita piena anche di macerie, occasioni mancate, lutti) preparano la casa per ospitare tutte le autorità. Il vecchio infatti ha un messaggio sul senso ultimo dell’esistere che ha consegnato ad un oratore che lo dovrà dire in pubblico, l’oratore però è sordomuto. Debutta nel 1952: lo stesso anno di Aspettando Godot; ma se Beckett ci ingabbia in una realtà autistica in cui perfino l’incontro con l’alterità è negato, Ionesco pur nell’urlo della vacuità del senso, lascia spazio per l’altro. Ed  proprio sulla relazione amorosa che insiste la regia di Binasco, che come al solito è un amante del testo molto fedele, ma sempre amante, mai marito! La sua è infatti una regia che viaggia sui binari di Ionesco, ma che non teme autorialità nella scrittura scenica.
Questi due clown-clochard molto felliniani (vestiti molto sapientemente da Alessio Rosati) mentre preparano la casa per questa conferenza, e poi arrivano le immaginarie autorità, mentre aspettano l’oratore, si amano, danno testimonianza del loro amore, così logoro, lercio eppure ancora in vita, nutrito dalla fantasia e dal potere del racconto: un racconto di routine, che si dicono e ridicono da anni, ma che suona sempre nuovo agli orecchi degli amanti. 

[…] È una musica troppo vecchia ormai… Parliamo d’altro…
Gioia mia, io non me ne stanco mai… È la tua vita, e mi appassiona. 
La conosci a menadito.
Per me è come se dimenticassi sempre tutto… Ho lo spirito nuovo tutte le sere… Ma si, vedi, lo faccio apposta, prendo delle purghe… ridivento nuova per te, mio tesoro, tutte le sere… 

Tutto è ben saldo in questo lavoro e la recitazione di Michele di Mauro e Federica Fracassi è tutta agita per sottrazione, lirica e tenera, attenta a tenere in vita quel gioco fragilissimo che è il teatro (cos’altro è ? se non un “facciamo finta che…” giocato molto seriamente). Si fa fatica a trattenere qualche lacrima. E se tutti ci aspettiamo l’oratore, questo non arriva nell’edizione di Binasco, ma una luce lo cerca tra il pubblico. 

Quando il mondo va rotoli, sta per finire, non resta che farsi testimoni e narratori (sordomuti) dell’amore, di quel discorso amoroso, sempre incomprensibile, ma sempre attuale, urgente. Urgentissimo. 

Detto questo, possiamo anche fare il salto nel vuoto. 

Buio.

di Eugène Ionesco
traduzione Gian Renzo Morteo
con Federica Fracassi e Michele Di Mauro
regia Valerio Binasco
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Alessio Rosati
musiche Paolo Spaccamonti
assistente regia Giordana Faggiano
assistente scene Nathalie Deana 


Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

Giuseppe Rabita

MADE4YOU 2022 – EKODANCEPROJECT

Coreografie pink al Made4you 2022

Il 4 e 5 marzo 2022 è andata in scena Made4you-pink, la produzione a firma di Eko International Dance Project all’interno della rassegna Palcoscenico Danza 2022, diretta da Paolo Mohovich. Dopo due anni di attesa e di rinvii causati dalla situazione pandemica è stato recuperato lo spettacolo (già pronto dal febbraio 2020) che propone i lavori di cinque coreografe ed è dedicato al ricordo di Mirella Freni, Carla Fracci e Raffaella Carrà. Spiega la direttrice artistica di Eko Dance Project, Pompea Santoro: «Finalmente il Made4You – pink andrà in scena. Mancavano due giorni al debutto previsto per il 25 febbraio 2020 e doveva essere una serata dedicata al ricordo del soprano Mirella Freni, scomparsa proprio in quei giorni. Poi lo scoppio della pandemia. Sono passati due anni e, nonostante il nostro tempo si sia fermato, la vita è andata avanti portandosi via altre due grandissime artiste: Carla Fracci e Raffaella Carrà. Tre donne, che con la loro arte ci hanno ispirato lasciandoci un grande patrimonio artistico a cui attingere. A loro sarà dedicata la serata. Il gruppo di danzatori oggi è molto diverso rispetto a quella prima edizione, ma è proprio questo a rendere il progetto così speciale. Le coreografie vengono cucite addosso ai danzatori, con uno scambio creativo tra danzatore e coreografo che quest’anno è tutto al femminile».

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FAVOLA PERSONALE. GLI AMORI DIFFICILI ALL’HOTEL OVIDIO

Palermo, 5 marzo 2022.  Quando arriviamo nel capoluogo siciliano, il cielo è pulito, anche se qualche nuvola tenta, senza tuttavia riuscirvi, di guastarlo.
Dopo un breve pellegrinaggio ad almeno due degli oratori del Serpotta: quello di Santa Cita e del Rosario di san Domenico e a un paio di pasticcerie (Ruvolo e Antico Caffè Spinnato), ci dirigiamo verso il Teatro Biondo. Assisteremo alla penultima replica palermitana di Favola Personale, spettacolo di Giuliano Scarpinato. Lo spettacolo la prossima settimana giungerà a Napoli, al Teatro San Ferdinando con repliche da martedì, 8 marzo fino a domenica, 13 marzo 2022. Vi invitiamo dunque ad assistervi e a discuterne attraverso i nostri canali social (Facebook e Instagram).

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FEDRAH O LA SPIETÀ DELL’AMORE;– PICCOLA COMPAGNIA DELLA MAGNOLIA IN BILICO TRA SARAH KANE E GLI AGNELLI

Sul palco dell’OFF TOPIC, all’interno della stagione di Fertili Terreni Teatro va in scena FEDRAH o la spietà dell’amore. Un lavoro della Piccola Compagnia della Magnolia realizzato con la collaborazione di Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare. La regia e il testo sono a firma di Michele di Mauro che recentemente abbiamo potuto apprezzare nei panni di Bottom nel Sogno di una notte di mezza estate al Teatro Carignano.
Sul palco Giorgia Cerruti veste i panni di Fedrah e il suo sodale Davide Giglio è un depresso e annoiato Ippolito; a loro si aggiunge Francesca Cassottana, una sexissima lasciva Strofe, figlia di Fedra di primo letto.

Ph. Elvis Flanella
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TUTTO BRUCIA – MOTUS

Dopo Alexis. Una tragedia greca (2010), rilettura dell’Antigone alla luce della crisi greca, Motus, Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, torna a confrontarsi con una grande opera del teatro antico: Tutto Brucia “pone la questione fortemente politica di quali siano i corpi degni di lutto”, a partire da Le troiane di Euripide.

Qui tutto è polvere, e acqua; l’erosione del tempo, la violenza delle onde, metalli e fuochi della guerra hanno polverizzato una città dell’Asia. La scena è cosparsa di cenere, sullo sfondo una membrana nera come un mare verticale vomita forme di vita, sciacalli e bestie marine s’aggirano fra le rovine degli abissi a dilaniare gli annegati; forse sulla terraferma, a smembrare i corpi carbonizzati. Sulla spiaggia di cenere le donne superstiti attendono il verdetto dei vincitori. Cosa faranno di loro gli stranieri? Le imbarcheranno sulle navi e poi verso l’Europa, saranno il bottino di guerra. Allora gridano e imprecano contro il destino che le ha fatte prima regine, poi schiave in terra straniera – “a fare le puttane[…] a pulire il culo ai vecchi”.

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