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Lavanderia a Vapore – Collegno | Piemonte dal Vivo

Il Blog TeatroD@ms Torino, è lieto di invitare tutti i nostri cari lettori all’incontro organizzato presso l’università con la Lavanderia a Vapore, che incontrerà gli studenti e non solo, per presentarsi e raccontare i propri progetti e la sua ricca programmazione di danza e teatro dell’anno 2017/2018.

L’incontro si terrà mercoledì 22 novembre ore 12, aula 25 di Palazzo Nuovo.

Vi aspettiamo Numerosi!!

La Lavanderia è un centro coreografico di notevole importanza nel contesto italiano ed europeo, nonché sede di rassegne, progetti e programmazioni di danza e di teatro di alta qualità.

Team TeatroD@ams

L’INSONNE: MEMORIE DAL SOTTOSUOLO

Il tempo si lacera […] Le stagioni hanno perduto il loro significato. Domani, ieri, che vogliono dire queste parole? Non c’è che il presente […] Tutto ciò è adesso. Non è stato, non sarà. È. Sempre. Tutto insieme. Perchè le cose vivono in me e non nel tempo. E in me tutto è presente.

Con un’eco quasi bergsoniana cala il sipario sullo spettacolo che Raffaele Rezzonico e Claudio Autelli hanno liberamente tratto da Ieri, romanzo della scrittrice ungherese Agota Kristof.

Partire dalla battuta finale è quantomai appropriato: questa è infatti una storia di riemersione

Tobias nasce in un villaggio senza nome e trascorre la sua infanzia all’ombra della madre, la prostituta del paese. Un giorno, quando tra i tanti uomini che frequentano la casa individua suo padre, prende un coltello e glielo affonda nella schiena con l’intento di uccidere anche la madre, stesa sotto di lui. Tobias è allora costretto alla fuga. Cambia identità: diventa Sandor e lavora in una fabbrica di orologi. La sua giornata è un susseguirsi di gesti vuoti, l’unica cosa che pare confortarlo è la scrittura. Scrive e si rifugia nell’ ossessionante attesa di Line, una donna appartentente al passato e affidata all’immaginazione. Un giorno però Line arriva. I due si riconoscono e si amano di un amore impossibile. Potrebbe essere l’inizio di un futuro diverso, ma il passato grava sui due amanti con il suo limite di invalicabilità. Line infatti ha un terribile segreto: è la sorellastra di Tobias… ma non lo sa.

coppia

La narrazione della storia non è lineare, ma costruita su continui dislivelli. Il tempo permea di sè l’intera vicenda, senza tuttavia mai lasciarsi delimitare. I contorni sfumano in suggestioni oniriche, la percezione sfugge, tutto si fa dilatato, confuso. Passato e futuro sono entrambi destinati a confluire nel presente sotto forma di ricordo e immaginazione.

La commistione dei livelli temporali è resa con straordinaria efficacia dall’organizzazione dello spazio scenico e dalla modulazione della luce.

Al centro del palcoscenico un cubo, le cui pareti consistono in pannelli semitrasperenti. All’interno del cubo una stanza con un letto e un tavolo, all’esterno il vuoto. I due attori padroneggiano indistintamente entrambi gli spazi. Questa contrapposizione interno-esterno permette l’alternanza di scene agite e scene narrate e si presta meravigliosamente alla resa scenica di un viaggio tutto giocato sull’accavallarsi di temporalità differenti.

La luce è altrettanto fondamentale, perchè diventa la guida di questo viaggio. Dietro al cubo un faro mobile si sposta di continuo creando suggestivi effetti d’ombra. Seguire il fascio di questa luce è come seguire la memoria nel suo impietoso scandagliare. Le zone illuminate sono le zone del ricordo, l’oscurità invece pertiene all’oblio.

spazio

Impossibile non cogliere il riferimento alla psicanalisi. Non tanto perché il vissuto di Tobias richiama il più classico dei complessi, quello edipico, quanto perchè è lo stesso spettacolo ad assumere – fin dall’inizio – le sembianze di una seduta psicanalitica. Il tutto costruito con grande intelligenza. Non c’è l’assurda pretesa di psicanalizzare un personaggio della finzione, ma la volontà di mostrare un percorso di riemersione nel suo fluire disordinato.

La fantasia dei drammaturghi ha valorizzato la sapiente tessitura del romanzo. Il testo viene rispettato nei suoi snodi principali e nell’uso di una prosa asciutta, messa in risalto da una recitazione mai sopra le righe.

Ad essere riproposti con fedeltà anche i richiami autobiografici che costellano l’opera. La Kristof condivide con i suoi personaggi un destino fatto di fuga dalla patria e ossessione per la scrittura. Scrivere rappresenta per entrambi il tentativo di raccontare la propria storia.

Per Tobias la funzione salvifica della scrittura si carica di un valore aggiunto. È la forza che alimenta l’attesa della donna amata.

In fondo, amare e scrivere altro non sono che due facce della stessa medaglia, perchè fermano il tempo.

Cecilia Nicolotti

L’INSONNE

di Raffaele Rezzonico e Claudio Autelli
regia Claudio Autelli

liberamente tratto da Ieri di Agota Kristof
drammaturgia Raffaele Rezzonico e Claudio Autelli
con Alice Conti e Francesco Villano
scene e costumi Maria Paola Di Francesco
luci Simone De Angelis
suono Fabio Cinicola
responsabile tecnico Giuliano Bottacin
assistenti alla regia Piera Mungiguerra e Andrea Sangalli
voce registrata Paola Tintinelli

co-produzione Lab121, CRT Milano
spettacolo vincitore In-Box 2015
selezione Visionari Kilowatt Festival 2015
presentato in collaborazione con Fondazione Live Piemonte dal Vivo

 

Acqua di colonia

Giornali, radio, televisione, social network, politica, libri di scuola… Perché nessuno parla del colonialismo? Perché fin dall’inizio venne dimenticato? Sono proprio queste domande che i due attori Elvira Frosini e Daniele Timpano si sono posti quando due anni fa hanno ideato lo spettacolo Acqua di colonia. Uno spettacolo in cui sono riusciti a portare in scena un momento importante della storia italiana che, al contrario di come viene ricordato (ammesso che sia conosciuto), ebbe inizio sin dal 1882, e non si riduce quindi solamente ai cinque anni dell’Impero Fascista. Una storia banalizzata, schernita, nascosta e camuffata il più possibile per poi essere dimenticata. E così, come gli attori all’inizio dello spettacolo hanno fatto con il pubblico, anch’io chiedo a voi: “Qualcuno si ricorda qualcosa sul colonialismo? Qualcuno ricorda di averlo mai studiato a scuola?” Se la memoria vacilla possiamo allora affidarci alla lettura di libri, magari testi scolastici. Sapete cosa troveremmo? Nulla. Vuoto. Silenzio. Completo silenzio. Quel silenzio di chi sa e non dice, di chi ha subìto e non ha potuto gridare. Orecchie troppo sorde per udire voci ormai troppo consumate, strappate da chi non voleva che si udissero. E a questo punto, perché interessarsi? Perché scavare a fondo? Ormai le nuove generazioni non si sentono più responsabili di nulla. “Tanto erano altri tempi, non eravamo noi, chi se ne importa. È acqua passata, acqua di colonia, cosa c’entra col presente?”
Siamo attorniati da etichette già pronte, schemi di pensiero già formulati per noi, stereotipi già confezionati, dalla pubblicità alla politica, tutti ci bersagliano e noi non ce ne rendiamo conto.

I due attori, con il loro spettacolo alle Lavanderie a Vapore, di cui ho avuto l’occasione di essere spettatrice solo alla prima parte, si sono presentati al pubblico come chi deve mettere in scena un lavoro e si chiede da dove partire. Iniziano così a cercare di capire cosa sia stato il “colonialismo”, ma la disinformazione risulta un ostacolo molto difficile da superare. Cercano risposte nei filosofi, nei pensatori degli ultimi due secoli, ma hanno grandi delusioni. Allora tentano un’altra tecnica: l’immedesimazione, di se stessi e del pubblico, nella condizione di carnefici di altri uomini. Provano ad immaginare di doversi sbarazzare di alcuni peluche vecchi dell’infanzia, di immaginarli lì sul pavimento morti e di prenderli ad uno ad uno e, guardandoli, buttarli in un sacco nero dell’immondizia. Immaginare tutto il sangue sparso. Ma era necessario, andava fatto, era ormai roba vecchia, già passata.
Naturalmente il rimando alla situazione attuale dell’immigrazione, alle condizioni degli immigrati, sulla nostra consapevolezza e sul nostro dovere di agire, era spontaneo e loro non se lo sono fatti mancare.
E infatti, dopo aver provato a domandarsi come avrebbero potuto fare per capire, spiegare il colonialismo e la sua rimozione, giungono alla conclusione che è inutile preoccuparsi. Tanto vale rilassarsi, “Ora possiamo andare anche noi al mare, ma non sul fondo..!”.
Alessandra Botta

Di Daniele Timpano e Elvira Frosini

Regia: Daniele Timpano e Elvira Frosini

interpretazione: Daniele Timpano e Elvira Frosini

consulenza: Igiaba Scego

aiuto regia e drammaturgia: Francesca Blancato

scene e costumi: Alessandra Muschella e Daniela De Blasio

disegno luci: Omar Scala

progetto grafico: Antonello Santarelli e Valentina Pastorino

con la partecipazione di Suad Omar

produzione: Elvira Frosini e Daniele Timpano

 

 

 

MDLSX: un viaggio oltre i confini del corpo, oltre i generi, OLTRE!

” Sono nata due volte: la prima volta femmina e la seconda maschio.”

Silvia Calderoni,  attrice della compagnia “Motus”, in MDLSX si mostra capace di manovrare qualunque strumento al proprio servizio.

Sul palco interpreta la figura del Cyborg in veste di vj-dj, avvalendosi di strumenti tecnologici come microfoni che filtrano, a seconda della tipologia, in modo diverso la sua voce; un traktor che le permette di accompagnare la sua performance con numerose tracce musicali significative; un Go Pro usato per filmarsi in alcuni momenti dello spettacolo; un video-proiettore che a volte proiettava su una parte del fondale del Palco, le immagini registrate dal Go Pro, mentre altre volte trasmetteva video di brandelli autobiografici.

Motus: MDLSX (http://www.bunker.si/slo/motus-mdlsx-italija), Stara mestna elektrarna, 27.8.2015

Ho appena definito il personaggio della Calderoni come Cyborg, tralasciando però di spiegare chi e che cosa sia il Cyborg.

Dunque, questa figura è allo stesso tempo uomo e macchina, è un individuo non sessuato, né maschio né femmina, collocato oltre le categorie che noi abitualmente usiamo per interpretare il mondo.

Il Cyborg è arrivato a comprendere che i confini determinati dal sesso, dal colore della pelle, dalla nazionalità sono costruzioni culturali e imposizioni della società.

Inoltre è consapevole di come e quanto la scienza sia penetrata nel quotidiano e abbia trasformato la nostra vita, influenzando soprattutto la concezione del corpo, che non è più inalterabile e intoccabile, ma diventa manipolabile e campo di sperimentazione; pensiamo ad esempio all’ utilizzo delle lenti a contatto oppure all’ aggiunta di protesi.

Quindi, se il corpo può essere “gestito”, viene smentita l’ idea che vede esso come, esclusivamente, sede di naturalità.

Ecco che andare oltre le categorie e oltre i confini sociali significa superare i dualismi (maschio-femmina, naturale-artificiale, bianco-nero, corpo- mente) e semplicemente essere e riflettere sé stessi.

Silvia Calderoni affronta per un’ ora e mezza un viaggio-performance, raccontandoci con parole, canzoni, video, azioni simboliche, spesso forti e spiazzanti, la storia di un individuo Cyborg: una bambina nata femmina che si abbandonerà al flusso del cambiamento, per lei necessario e inevitabile, e rinascerà una seconda volta.

Sul palco il tavolo con la strumentazione della Cyborg Donna.

Un grande telo triangolare a terra.

Sullo sfondo una circonferenza sporgente dove viene proiettato un filmato di un ricordo dell’ infanzia della nostra protagonista: lei da bambina che canta al microfono.

È particolarmente stonata, il pubblico in sala ride.

Ecco che entra in scena dalla platea Silvia Calderoni, raggiunge il palco, afferra una bomboletta e inizia a spruzzarsi i capelli, muovendosi nevroticamente  (per quasi tutta la performance manterrà un atteggiamento nevrotico, con gesti agitati e compulsivi e scatti continui).

Fa partire la prima traccia musicale e inizia a raccontare…

MDLSX © Ilenia Caleo DSC07986

Così come la nostra attrice è stata diretta e “cruda”, spesso spiazzante, nell’ esporci la storia, lo sarò anche io riassumendovela.

Nel 1960 nacque una bambina dai lineamenti del viso particolarmente maschili.

Crescendo il suo fisico era sempre meno femminile, il seno non compariva, il suo petto era simile a una tavola da Surf, si ritrovò perciò rinchiusa in un corpo avente un unico elemento che la identificava come appartenente alla categoria genetica “donna”: la vagina.

Durante l’ adolescenza foltissimi cespugli di peli iniziarono a crescerle in modo spropositato. Silvia interpreta questo momento della vita della Protagonista avvalendosi di peli mostruosamente lunghi, che infila nella manica della maglietta e sotto i pantaloni, facendoli fuoriuscire all’ altezza delle ascelle e del pube.

MDLSX motus_©DIANE_ilariascarpa_9505

Prende il sopravvento sulla Ragazza-Maschio la paura dello specchio, che la induce a riflettere sulla propria identità, a cercare risposte a domande scaturite dal confronto del proprio corpo con quello delle altre adolescenti che avveniva, ad esempio, nello spogliatoio di Hockey; ma soprattutto, dal fatto di essere consapevole che il suo corpo, i suoi cromosomi, insomma la sua “malattia” fosse oggetto di studio di un dottore.

Un giorno si ritrova davanti alla sua cartella clinica, la apre, la legge, prende l’ enciclopedia, cerca la definizione della sua malattia, nella descrizione viene indicato un rimando a un’ altra patologia, da quest’ ultima un’ altro collegamento, un’ altro termine, sfoglia, legge e si ritrova vittima di un effetto domino di definizioni che lei omologa e traduce con un solo termine:

<<MOSTRO. MOSTRO. MOSTRO. SONO UN MOSTROOOO! MI VEDONO COME UN MOSTRO!!>>.

 

Il momento del cambiamento necessario è arrivato.

Decide di partire, prende la valigia e si avvia verso la sua RI-nascita: lei, individuo nata femmina, rinasce maschio diventando LUI.

Si apre una nuova parentesi della sua vita che resta pur sempre infelice.

Ora indossa una coda da sirena e vende il suo corpo, “sballato” perso.

Prima di ricevere i clienti fuma numerose canne e beve acqua, che non era solo acqua, come se fosse solo acqua, arrivando a percepire sempre meno il cliente e tuffandosi nella piscina dello sballo, dove, illusoriamente i pensieri che vuole evitare, annegano.

<< Una volta ero talmente sballato che feci una cosa che non avevo mai fatto: mi sono buttato nella vasca e ho aperto gli occhi sotto acqua e ho visto i visi dei clienti. >> .

Si accendono le luci in sala gradualmente. Silenzio. Qualche minuto di sospensione, la Calderoni ferma sul palco, come se lo spettacolo fosse concluso. Ho avuto quasi l’ impressione che l’ intento di quella situazione fosse proprio quella di portare il pubblico a guardarsi.

Riprende la storia…

Una “sfortunata” sera arriva la polizia al locale, le viene data la possibilità di chiamare un famigliare e lui decide di chiamare suo fratello.

Insieme, fratello e FRATELLO tornano a casa, arrivati suo padre apre la porta e….

<< Papà io sono sempre stato così>>.

Frase accompagnata dalla proiezione di un filmato che mostra una piccola festicciola famigliare, dove padre e figlia/figlio ballano e cantano serenamente.

Il padre, il fratello e il personaggio interpretato da Silvia, tutti quanti sono andati oltre, oltre le imposizioni sociali, oltre le categorie che altro non sono che costruzioni culturali, oltre i dualismi, oltre il genere maschile o femminile.

Lo spettacolo affronta in modo particolare, comunicando sia attraverso la parola, il gesto e la musica, un tema non facilmente accessibile e che richiede profonde riflessioni.

Silvia Calderoni si immerge in una performance piuttosto spiazzante, sparisce dietro il personaggio da lei interpretato, si mostra disinibita e “pronta” nelle scene di nudo dove strofina violentemente le sue parti pubiche, si trasforma insieme all’ individuo Cyborg.

Le luci, l’ atmosfera della struttura delle Lavanderie a Vapore, la voce della Calderoni e le tracce musicali accompagnano lo spettatore nel viaggio oltre i confini e oltre le categorie, fornendogli numerosi input significativi per iniziare a riflettere su un tema a cui probabilmente non han mai dedicato molta attenzione: l’ identità è un genere?

Ammetto che la comprensione dello spettacolo non è stata immediata, ma frutto di una riflessione e di una rielaborazione della performance vista e ascoltata.

Lo spettacolo mi ha spinta a provare a ragionare sull’ individuo Cyborg, ho cercato informazioni riguardo argomenti di cui prima ignoravo l’ esistenza.

Insomma MDLSX è uno di quegli spettacoli che, seguito con attenzione, e allo stesso tempo lasciandosi trasportare dal viaggio che ti propone e tendente all’ OLTRE, ti colpisce, fa scattare qualcosa in te e improvvisamente ti ritrovi travolto da una cascata di domande: con il fiato sospeso inizi a ragionare alla ricerca di risposte!

 

di Daniela Nicolò e Silvia Calderoni
regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò

drammaturgia Daniela Nicolò e Silvia Calderoni
suoni Enrico Casagrande
in collaborazione con Paolo Panella e Damiano Bagli
luci e video Alessio Spirli

produzione Motus

in scena alle Lavanderie a Vapore

Rising. Danzando verso il Cosmo

Danzatore anglo-indiano di Kathak e Bharata Natyam, due danze tradizionali dell’India, Aakash Odedra è stato ospite della Lavanderia a Vapore di Collegno il 18 aprile. Lo spettacolo si compone di quattro assoli che, certamente, possono avere vita autonoma sulla scena, ma allo stesso tempo accompagnano lo spettatore in un percorso che trae origine dalla Madre Terra, percossa con i piedi, passa attraverso una dimensione animalesca a tratti felina, giunge a una sfuggente
dimensione umana per approdare, infine, alle più alte sfere del Cosmo. Continua la lettura di Rising. Danzando verso il Cosmo