Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla. (A. Baricco)
Sin da bambina mi hanno sempre affascinato le persone che avessero la capacità di raccontare storie, quelli che durante le cene di famiglia hanno sempre qualcosa di assurdo e straordinario di cui parlare: il migliore in questo era mio nonno che aveva una storia per ogni occasione.
Edoardo Leo comincia così il suo spettacolo Ti racconto una storia, ospitato al Teatro Colosseo il 27-28 marzo, raccontando del suo, di nonno: un uomo umile, con una vita semplice ma piena di avventure da narrare. L’attore ci tiene però a sottolineare il fatto che ciascuna delle vicende che aveva sentito dal nonno era, ovviamente, romanzata perché ogni storia è una sceneggiatura, o meglio, come sosteneva Marquez: “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla“.
L’attore, accompagnato dalla chitarra di Jonis Bascir, si fa cantastorie esponendo le diverse tipologie di racconto: quello orale, l’aneddoto, la barzelletta fino a quello scritto. Edoardo Leo è straordinariamente brillante: riesce a coinvolgere i presenti per quasi due ore di spettacolo, tra momenti di risata e di riflessione, tra parole di divertimento e parole introspettive che ti scavano dentro. Indimenticabile è stata la parentesi fatta sulla Giornata Mondiale del Teatro. Leo ci tiene a portare sul palco un suo timore ovvero che coloro che studiano o lavorano nell’ambito artistico si sentano superflui in un periodo come quello che stiamo vivendo. Porta come esempio i Beatles che, a soli ventidue anni, cambiarono il corso della storia rifiutandosi di esibirsi in un concerto davanti ad un pubblico composto di soli bianchi. Dopo cinque giorni la band inglese riuscì nell’impresa di suonare di fronte a ragazzi e ragazze non segregati. Il concerto, tenutosi in Florida nel settembre del ‘64, fu il primo per Kitty Oliver. La ragazza afroamericana di 15 anni ricorda come si sentì, per la prima volta , riuscendo a sfiorare il braccio di una sua coetanea bianca. L’emozione provata, fortissima, per essersi finalmente sentita parte di un gruppo.
La musica, il teatro, la poesia … l’arte ci aiutano a sentirci meno soli. Nel momento in cui vediamo uno spettacolo, ascoltiamo una canzone e pensiamo “sta parlando di me”, quando un’artista riesce a trovare le parole per descrivere un’emozione che pensavamo fosse indescrivibile, esse diventano l’appiglio a cui aggrapparsi per uscire dalla solitudine che ci circonda. Per queste ragioni Edoardo Leo è convinto che scrivere, narrare, raccontare storie sia la cosa più bella al mondo. Decide così di chiudere il sipario dopo aver pronunciato queste ultime parole:
Io mi chiamo Edoardo Leo e di mestiere racconto storie, ed è la cosa più bella che potesse capitarmi.
Sofia De March
Regia: Edoardo Leo
Protagonista: Edoardo Leo
Musiche: Jonis Bascir
Produzione: Francioni Produzioni